Città del Vaticano , 10 April, 2017 / 2:00 PM
“Le cerimonie funebri oggi in Siria di vivono con una intensità molto particolare, perché spesso si tratta di veri e propri martiri”. Raji Al Bdeiwi del Pontifico Istituto orientale lo dice con sofferenza e realismo. Il rito popolare della Chiesa Melkita diventa così quasi una festa, si pensa alla cerimonia come ad una festa di nozze. Spiga Al Bdeiw: “ si fanno canti e danze, e tutto quello che si fa per un matrimonio. Certo la liturgia è quella abituale”.
Liturgia dal basso, liturgia sociale, a cominciare da come fare le condoglianze alla famiglia, ha una serie di tappe e passi da seguire. Dal momento in cui si porta il corpo del defunto dalla casa alla chiesa e poi al cimitero.
“ Gli uomini sono sempre separati dalla donne. Si mettono in un porticato poi passano secondo le famiglie e i gruppi, seguendo un sistema tribale, arrivano i maschi e fanno le condoglianze. E’ c’è una procedura, una etichetta precisa”.
Sono abitudini molto antiche e hanno similitudini con le tradizioni islamiche?
“Si certo, ci sono delle similitudini, ma quello che è importante è lo spirito cristiano di fronte alla morte. Tradizioni antichissime, che si tramandano oralmente. Non ci sono libri. Ognuno di noi vive queste esperienze. E ci sono delle somiglianze tra le varie nazioni. Anche in Egitto ad esempio molte tradizioni sono le stesse”.
E in alcune regioni sono uguali?
“ Nella regione di Horan nel sud della Siria si coltivano tradizioni simili sia da parte della popolazione islamica che da parte dei cristiani. Si inizia con il trasportare il cadavere in una sala della parrocchia dove si provvede alla predisposizione del cadavere, alla sua vestizione e alla deposizione su di un tavolo frigorifero. Iniziano le visite dei consolatori fino alla chiusura del feretro. La traslazione fino al sagrato precede la cerimonia religiosa all’interno della chiesa. Segue il trasporto a spalla fino al cimitero a cui partecipano i soli uomini anche musulmani. Dopo l’inumazione seguono le condoglianze pubbliche a cui nessuno si può né si vuole sottrarre. Nei tre giorni successivi alla tumulazione le donne ricevono le condoglianze nella sala parrocchiale e gli uomini affranti sostano sotto il porticato senza piangere”.
Dalla Siria all’ Egitto, ancora terra di martirio per i cristiani, come ci riportano tragicamente le cronache. Le tradizioni si intrecciano in tutti i paesi Orientali, ma anche nei paesi mediterranei, e anche nel culto mariano come racconta Padre Antoine Alan Safwat Tawfik. Un mondo pre cristiano e pre islamico.
“In Oriente è nato il culto del mese mariano nel IV- V secolo e poi è stato portato in Occidente. Ci sono delle ragioni particolari per cui in Egitto è nato questo “mese mariano” che chiamiamo Kiahk ed il quarto mese del calendario Copto e cade in Avvento. Il principio teologico è chiaro: arrivare a Gesù attraverso Maria. Onorare la Madre. Lo celebriamo ancora in Avvento con delle preghiere che si dicono in diversi momenti.Ogni sera c’è un rito vespertino, con inni e canti, e per questo c’è un libro particolare con i salmi. Questo libro ha avuto quattro versione e la prima è stata curata da un prete copto cattolico nel 1764”.
Qual è la particolarità di questo mese?
“ E’ caratterizzato dal digiuno, e il digiuno copto è molto severo. Ci si astiene dal cibo e dalle bevande fino a mezzogiorno o alle tre del pomeriggio e comunque quando si interrompe non si mangia né carne, né latte e latticini, né uova e per i gli ortodossi neanche il pesce”.
E ci sono altre particolarità delle devozione popolare?
“Ci sono delle lanterne che oggi sono un simbolo molto importante per i musulmani nel mese di Ramadam, che hanno in effetti origine nel mese mariano copto. Tradizione che è scomparsa tra i cristiani. In qualche senso quindi ogni religione prende dall’altra e dalle tradizioni più antiche”.
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