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Un servizio di EWTN News

Iraq, quarantotto martiri sulla via della santità

Il ritratto dei 48 martiri iracheni, di cui è terminata la fase diocesana di beatificazione

Tra i nuovi martiri c’era un bambino ancora non nato. Un bambino di tre mesi. Un bambino di tre anni che, al rumore di mitra e di bombe, non si scompose, ma si limitò a dire “Basta, basta, basta” prima di essere raggiunto da una pallottola sul cuore. Una bambina di 12 anni che aveva profeticamente detto in tempo non sospetto: “Mi piace queste chiesa, vorrei morire qui”, e che, prima di morire, disse alla mamma di non preoccuparsi perché era incinta. E la mamma e il bambino che portava in grembo si salvarono dall’attacco terroristico, in maniera quasi miracolosa. Sono le storie delle vittime dell’attacco terroristico alla chiesa di Nostra Signore del Perpetuo Soccorso, cattedrale siro-cattolica di Baghdad. Era il 31 ottobre 2010.

Esattamente nove anni dopo quel massacro, si è chiusa a Baghdad la fase diocesana della causa di beatificazione e dichiarazione del martirio dei 48 Servi di Dio.

La causa era niniziata lo scorso gennaio, e il gruppo è guidato dai sacerdoti Thaer Abdal e Wassim Kas Boutros e compagni. D’altronde, furono i sacerdoti i primi ad essere uccisi dal commando, dopo che una bomba era stata fatta esplodere nei dintorni distraendo la sicurezza della Chiesa, già ridotta.

Si allunga così la fila dei martiri iracheni sulla strada della santità. Altre cause di beatificazione note sono quelle di padre Ragheed Ganni e di tre diaconi della Chiesa caldea cucciso e trucidati da un gruppo di terroristi e Mosul nel 2007, e di suor Cecilia Moshi Hanna, uccisa a Baghdad nel 2002.

Il martirio dei 48 servi di Dio è avvenuto, come detto, il 31 ottobre 2010. Nella chiesa, c’erano 150 persone, tra sacerdoti, diaconi, coro e fedeli. Vi fece irruzione un commando di cinque miliziani, che prese in ostaggio tutti i presenti. Alcuni fedeli riuscirono a scappare, nascondendosi nella sacrestia. Gli altri, furono fatti sdraiare a terra, e poi massacrati con bombe a mano e proiettili. Si tratta del più sanguinoso attentato contro i cristiani in Iraq dalla caduta di Saddam Hussein.

Benedetto XVI la definì “una assurda e feroce violenza contro persone inermi”, e fece appello alla comunità internazionale perché terminasse la violenza nel Paese.

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