Vilnius, 26 September, 2018 / 2:00 PM
È stato imprigionato, deportato in Siberia, e poi liberato nei tempi della Perestrojka.
Ed era lì, accanto a Papa Francesco, a visitare il Museo dell’Occupazione, facendogli vedere quelle celle in cui lui stesso era stato. “È lì che ci sono le radici del nostro male”, sottolinea l’arcivescovo Sigitas Tamkevicius.
Gesuita, 80 anni, fu arrestato nel 1983 dalle autorità sovietiche, e fu prima portato in quell’edificio dove fu imprigionato il Beato Matulionis e dove furono uccise 2000 persone, e poi in Siberia, fino alla liberazione. Da lì, gli incarichi successivi, prima da direttore spirituale prima e rettore poi del seminario di Kaunas, poi ausiliare di Kaunas nel 1991 e arcivescovo della città nel 1996.
Era un membro attivo del Comitato per la Difesa dei Credenti, ma prima di tutto era il redattore delle “Cronache della Chiesa Lituana”, un bollettino messo giù con la macchina da scrivere e distribuito per 11 anni, per raccontare l’oppressione che viveva la Chiesa in Lituania sotto l’oppressione sovietica.
Risponde con voce calma, il sorriso vivo.
Quale era la situazione in Lituania?
I sovietici volevano distruggere la Lituania, deprimendo la libertà religiosa, che era praticamente inesistente. Il sistema sovietico aveva arrestato più di 300 sacerdoti, ai sacerdoti non era nemmeno permesso di insegnare. I sovietici volevano minimizzare la Chiesa. E per questo abbiamo cominciato a pensare cosa potevano fare per resistere ai sovietici.
Da lì il suo impegno…
Pensammo di scrivere un bollettino, di far sapere cosa stava succedendo. Ero uno dei più giovani, e dunque ho pensato che potessi rischiare qualcosa per la Chiesa. Sono entrato nella Chiesa e vi sono entrato completamente.
Cosa erano le Cronache della Chiesa in Lituania?
Era un bollettino in cui raccontavamo storie di ciò che stava accadendo in Lituania. Lo abbiamo cominciato nel 1972, e quando abbiamo cominciato non avevo realizzato ancora di quanti collaboratori del KGB avessimo intorno a noi. Eppure, grazie a Dio, sono riuscito a scrivere le cronache fino per 11 anni.
Fino al suo arresto nel 1983…
Mi hanno arrestato e mi hanno condannato a quattro anni di lavori forzati. In quel posto che oggi è il Museo dell'Occupazione e che Papa Francesco ha visitato, in migliaia sono stati uccisi, e altre migliaia sono stati inviati all’Unione Sovietica.
Cosa le ha detto il Papa durante la visita?
Non ha detto niente di particolare, ha mostrato la sua solidarietà. Ma non era importante cosa dicesse. Io ho sognato per 35 anni che un Papa potesse visitare il posto dove io sono stato imprigionato un giorno. L’ho ringraziato per aver mostrato la sua solidarietà con la nostra gente.
Che effetto le ha fatto entrare in quella che è stata la sua prigione?
Mi fa ricordare cosa buone e cose brutte. Tra le cose buone, le preghiere. Non ho mai pregato così intensamente. Pregavo il Rosario, ripassavo la Bibbia. Tra le brutte cose, le persecuzione continua: per 8 mesi, mi hanno interrogato continuamente, per 60 volte, un giorno sì e un giorno no.
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