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Sant'Alfonso e la monaca santa

Un convento è il luogo più adatto per sentire l'ansia missionaria. Questo ce lo ha insegnato la Chiesa, ornando il capo di Santa Teresa di Lisieux, del titolo di “Patrona delle missioni” (1927).

Questa straordinaria santa, morta ad appena 24 anni, visse una parte della sua giovane vita in un convento carmelitano di clausura. Ma pur non uscendo mai offrì tutta se stessa, con tale ansia missionaria, da essere ricordata anche per questo.

E questo già sul finire del secolo dei lumi lo sentiva dentro di se anche Sant'Alfonso Maria de Liguori se pensò di scrivere un testo di meditazioni per le religiose, intitolato ”La vera sposa di Gesù Cristo”, meglio conosciuto con il sottotitolo de La monaca santa.

L'opera apparsa intorno agli anni 1761-1762 ha uno scopo specifico: orientare la vita religiosa a maggior raccoglimento e preghiera.

Il testo non è piccolo: sono due volumi, ma che formano un'unica parte, densi di consigli, meditazioni e tanto altro per chi vuole orientarsi verso questa singolare forma di vita. Lo stile è fresco, pieno di vitalità e si legge piacevolmente, perchè chi si dona a Dio lo deve fare con gioia. E questo Alfonso lo sapeva molto bene e voleva tramandarlo alle sue figlie.

L'epoca, in cui visse il santo napoletano era molto diversa dalla nostra, anche sotto il profilo della vita religiosa. Molti istituti, nati sotto le intuizioni dei padri o delle madri fondatrici, da un originario rigore si erano rilassati e non si viveva più lo spirito che aveva dato vita all'ordine. Questo generava confusione e poco raccoglimento.

Pertanto, Alfonso vuole con questo testo non solo fare il punto della situazione ma lasciare alle religiose un modello di riferimento per la loro vita religiosa.

Sant'Alfonso compose l'opera nel pieno della sua maturità umana (aveva 64 anni) ed il testo prende spunto dalla sua pratica pastorale e da oltre 20 anni di predicazione ai vari ordini religiosi femminili che lo chiamavano per far loro gli esercizi spirituali.

Il santo conosceva benissimo la situazione religiosa del suo popolo e soprattutto la vita che si faceva nei conventi del Settecento napoletano e per tale ragione, con la sua penna, vuole raggiungere anche loro. Il suo cuore è sempre alla ricerca di far del bene e di entrare ovunque può: dalla bottega dei piccoli commercianti (a Napoli con le Cappelle serotine) fino ai conventi dove vivono e pregano le suore.

Alfonso ama la realtà che si vive dietro alle grate, e di più le anime chi si sono consacrate a Dio. Nella sua linea ascetica conosce l'opera di riforma di Santa Teresa d'Avila ed infatti il testo è ricco di richiami alla dottrina della grande santa spagnola. Per tali motivi ha sempre conservato una grande considerazione e simpatia per questa forma di vita religiosa e con tali voti, a loro, dedica questa poderosa opera.

Questo è il frutto più maturo dell'amore e della grande stima che il santo napoletano aveva verso il mondo femminile e claustrale. Alfonso aveva per la donna un grande rispetto e riteneva un dono la loro esperienza nel mondo e per la preziosità della loro opera.

Da ciò ne esce modello della sua religiosa: una donna di preghiera e pratica, pronta ad agire ma di più a pregare in quanto, come dice il santo, “tutta la nostra ricchezza sta nel pregare .Chi prega ottiene quanto vuole”.

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