Città del Vaticano , 07 April, 2018 / 3:00 PM
Non ci sono stati interventi della Santa Sede nel multilaterale, in quest’ultima settimana, sebbene il lavoro continui costantemente nelle missioni presso le Nazioni Unite e altri organismi internazionali. Ci sono stati, però, eventi significativi per la diplomazia pontificia, soprattutto dal punto di vista bilaterale. E c’è un anniversario da celebrare: quello dei 54 anni della Missione della Santa Sede alle Nazioni Unite come Osservatore Permanente.
Più di 50 anni di lavoro alle Nazioni Unite
La Santa Sede è diventata Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite il 6 aprile 1964, stabilendo la sua missione nella città di New York.
In 54 anni, ci sono state cinque visite papali alle Nazioni Unite: Paolo VI vi andò nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995, Benedetto XVI nel 2008 e Papa Francesco nel 2015.
Primo Osservatore Permanente della Missione della Santa Sede fu monsignor Alberto Giovannetti, che poi ha raccontato la sua esperienza in un libro, Il Palazzo è di Vetro, in cui raccontava la vita quotidiana di lavoro alle Nazioni Unite, cui si approcciava con la curiosità del neofita e la competenza dell’uomo chiamato ad una missione più grande
“L’incipit della Carta dell’ONU – annotava monsignor Giovannetti – è solenne. Quasi un monito: ‘Noi popoli delle Nazioni Unite’. Sarebbe stato già un progresso rispetto alla Lega delle Nazioni ed un adeguamento ai tempi mutati se avesse detto: ‘Noi governi delle Nazioni Unite’.”
Parole che sollevavano già allora il problema della governance delle Nazioni Unite. La Santa Sede più volte ha proposto di riformare l’organismo.
La presenza della Santa Sede negli organismi internazionali è stata definita recentemente dall'arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, come una "diplomazia pastorale".
Visitando le Nazioni Unite nel 2008, Benedetto XVI – che avrebbe poi messo nero su bianco l’idea di una riforma delle Nazioni Unite nella Caritas in Veritate – mise in luce che “ciò di cui vi è bisogno e una ricerca più profonda di modi di prevenire e controllare i conflitti, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione”.
Nel 2015, Papa Francesco sottolineò che “la guerra è la negazione di tutti i diritti e un drammatico attacco all’ambiente. Se vogliamo sviluppo umano integrale per tutti, dobbiamo tutti lavorare senza sosta per evitare la guerra tra le nazioni e i popoli”.
I temi diplomatici della visita del presidente di Armenia
Serzh Sargsyan, presidente dell’Armenia, ha fatto visita a Papa Francesco lo scorso 5 aprile, in occasione dell’inaugurazione della statua di San Gregorio di Narek installata in Vaticano. Dopo venti minuti di incontro con il Papa, ha avuto anche un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” della Santa Sede.
La presidenza della Repubblica armena ha diramato un comunicato sottolineando i temi che sono stati discussi. In primis, la questione del Nagorno Karabakh, repubblica a maggioranza armena proclamatasi indipendente dall’Azerbaijan nel 1991, e teatro di una guerra che continua tutt’oggi.
Il presidente Sargsyan ha sottolineato che un accordo con l’Azerbaijan sul Nagorno Karabakh favorirebbe anche un accordo con la Turchia, con cui da sempre i rapporti sono tesi anche per via di quel genocidio che i turchi non vogliono assolutamente definire come tale.
Secondo il comunicato della Presidenza della Repubblica armena, Serzh Sargsyan “ha aggiornato il Segretario di Stato sugli ultimi sviluppi del processo di composizione del conflitto” e si è messa in luce la necessità di risolvere il conflitto in modo “esclusivamente pacifico”.
Era la quinta volta che il presidente armeno incontrava Papa Francesco. Sargsyan è comunque giunto al termine del suo mandato. Il suo successore è Armen Sarkissian, già eletto.
Dopo l’incontro con Papa Francesco, il presidente Sargsyan è stato ricevuto da Fra’ Giacomo della Torre, Luogotenente del Gran Maestro, nella Villa Magistrale del Sovrano Militare Ordine di Malta, che ha un legame speciale con la Santa Sede anche per via della natura monastica dei membri del primo ceto.
Armenia e SMOM hanno firmato un accordo di cooperazione della durata di 10 anni, con l’obiettivo di rafforzare le attività mediche e sociali svolte dall’Ordine di Malta in territorio armeno, tra le quali l’orfanotrofio di Svartnotz, il centro medico di Dilijan, il sostegno all’ospedale di Etchmiadzin.
Ordine di Malta e Armenia hanno relazioni diplomatiche da 20 anni, ma il legame storico è di più antica data: risale al 1183, quando le autorità armene concessero a Fra’ Roger des Moulins, allora Gran Maestro, delle attività terriere per sviluppare attività ospedaliere.
Più recentemente, lo SMOM si è mobilitato per soccorrere i rifugiati armeni durante la Prima Guerra Mondiale e per prestare soccorso alla popolazione colpita dal terremoto del 1988, che causò 25 mila vittime. Due impegni che andarono in parallelo a quelli della Santa Sede, a testimonianza della comunanza di intenti diplomatici tra Santa Sede e SMOM.
La Santa Sede fu attivissima nel denunciare il genocidio armeno dopo la Prima Guerra Mondiale, mentre a Gyumri, una terra ancora ferita, sorge l’ospedale di Giovanni Paolo II, costruito dopo il terremoto e che ancora è punto di riferimento per la popolazione.
Vietnam
Dal Vietnam giunge la notizia che Truong Thi Mai, membro del Politburo, Segretario del Comitato Centrale del Partito e capo della Commissione per la Mobilitazione di Massa, ha portato gli auguri di Pasqua ai cattolici e per l’occasione ha fatto visitata il 2 aprile al Cardinale Pierre Nguyen Van Nhon, arcivescovo di Hanoi.
Può sembrare una notizia banale, ma non lo è. Sebbene la comunità cattolica in Vietnam sia molto forte, il Vietnam non ha relazioni diplomatiche con la Santa Sede, anche se da anni c’è un tavolo bilaterale che punta presto ad avere un nunzio ad Hanoi.
(La storia continua sotto)
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Nel 2011, Benedetto XVI nominò l’allora nunzio a Singapore, l’arcivescovo Leopoldo Girelli, come primo rappresentante “non residente” della Santa Sede in Vietnam, facendo così un primo passo verso i pieni rapporti diplomatici, che sarebbero conclusi con lo stabilimento di una nunziatura ad Hanoi.
Al momento, l’arcivescovo Girelli è stato nominato nunzio in Israele, e dunque il posto di nunzio a Singapore è vacante: si attende presto la nomina di un nuovo nunzio per proseguire sulla strada già tracciata. Si era parlato della possibilità che l'incarico andasse a monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, che ha seguito a lungo il dossier Vietnam e vi è stato recentemente in viaggio, ma il rumor non si è concretizzato.
In questo scenario, gli auguri di Pasqua da parte di un funzionario del partito hanno un peso specifico molto forte.
Truong Thi Mai ha enfatizzato la stretta relazione tra la Commissione Centrale del Partito per la Mobilitazione di Massa e l’arcidiocesi di Hanoi, mettendo in luce come l’arcidiocesi, il Cardinale Nguyen Van Nhon e i cattolici del luogo hanno contribuito grandemente ai grandi risultati socio-economici della Regione.
In più, il ministro ha riconosciuto l’importanza delle attività delle associazioni ecclesiastiche in campo caritativo.
Da parte sua, il Cardinale ha ringraziato sia per l’attenzione del partito che per l’apprezzamento della Commissione della Mobilitazione di Massa, e ha detto che l’arcidiocesi continuerà ad accompagnare la nazione e supportare il suo progresso.
Congo
La situazione nella Repubblica Democratica del Congo è aggetto di costante attenzione da parte della Santa Sede. Papa Francesco ha proclamato una giornata di digiuno e preghiera per la pace in Congo e Sud Sudan lo scorso 23 febbraio, mentre la Chiesa locale non ha mancato di far sentire la sua voce.
In occasione della Pasqua, il vescovo Sikuli Paluku Melchisedek, della diocesi di Butembo Beni, ha dato l’allarme per la situazione di sicurezza nella città di Beni, situata nel Nord Kivu, dopo i massacri e i rapimenti di civili. Secondo il vescovo, almeno 11 persone sono state uccise durante la Settimana Santa, mentre cinque persone sono scomparse dopo l’attacco di presunti ribelli il 27 marzo.
Il vescovo Sikuli ha lamentato che gli attacchi avvengono vicino alle posizioni dell’esercito congolese e delle forze di MONUSCO – la missione ONU per la Repubblica Democratica del Congo. Il vescovo ha chiesto ad autorità congolesi e missione delle Nazioni Unite di impegnarsi nella ricerca di soluzioni “su larga scala” che avvengono pochi mesi prima delle elezioni.
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