Torino, 07 March, 2018 / 9:00 AM
Ieri a Torino l'Arcivescovo Cesare Nosiglia ha presieduto una veglia di preghiera per il mondo del lavoro, in questo periodo particolarmente provato, e in particolare dei lavoratori di Embraco.
Il Signore - ha esordito Monsignor Nosiglia - "infonda nel cuore di tutte le componenti istituzionali e sociali che si stanno occupando del problema di trovare quell’accordo necessario a garantire la continuità di un lavoro assicurato e permanente".
"È bello pensare - ha aggiunto - che il Regno di Dio assomigli alla realtà del lavoro, che a noi pare invece dura ed impegnativa esperienza quotidiana. Gesù sembra voler dire che il Regno si conquista anche con il nostro lavoro, che non è un’altra cosa rispetto alla preghiera e alla fede, ma rappresenta il terreno quotidiano in cui siamo chiamati a vedere la via per giungere alla salvezza del Regno".
Commentando la parabola, Nosiglia nota: "Il padrone di casa si preoccupa che nessuno resti senza lavoro e non disdegna nemmeno di chiamare a lavorare nella sua vigna coloro che, all’ultima ora, hanno pochissimo tempo per impegnarsi. Tutti debbono poter lavorare. Nessuno, sembra dire il Signore, deve restare privo di lavoro, perché è lì che trova il sostegno alla sua vita ed il benessere di cui ha diritto per sé e per i propri cari. Questo tratto provvidente e buono del padrone di casa sottolinea come Dio sia dalla parte di chi lavora e desideri che abbia sempre la possibilità di svolgere il suo compito remunerato con giustizia".
"La disoccupazione totale o parziale - denuncia l'Arcivescovo di Torino - è una piaga sociale che va combattuta sempre e comunque senza mai arrendersi all’ineluttabile. Il diritto al lavoro resta il punto centrale di ogni società, di ogni sviluppo ed esige dunque il massimo di impegno da parte di tutti. Il diritto al lavoro porta con sé quello di condizioni dignitose ed umane del lavoro stesso, rispettoso di altri importanti diritti quali la famiglia, il tempo libero, il riposo".
Monsignor Nosiglia ricorda poi l'importanza del giusto salario. E aggiunge, concludendo: "il Papa ha più volte ripetuto che chi licenzia i suoi operai è come se vendesse la loro dignità e questo conduce a svendere anche la propria dignità di persona. Non tocca alla Chiesa indicare soluzioni concrete al riguardo, ma richiamare con forza tutte le parti in causa a fare ogni sforzo, con responsabilità, per superare questa situazione e ritrovare la via di una soluzione, che salvaguardi il bene più prezioso, che è l’uomo che lavora e la sua famiglia".
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