Città del Vaticano , 24 November, 2017 / 12:45 AM
“Con voi rendo grazie al Signore per l’odierna firma della Dichiarazione comune, che sancisce la lieta conclusione della fase riguardante la vita sacramentale. Oggi possiamo guardare con ancor più fiducia al domani e chiedere al Signore che il prosieguo dei vostri lavori contribuisca ad avvicinare quel giorno benedetto e tanto atteso, nel quale avremo la gioia di celebrare allo stesso altare la piena comunione nella Chiesa di Cristo”. Lo ha detto Papa Francesco ricevendo in Vaticano la Commissione Mista per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Assira dell’Oriente.
Il Papa entra nel dettaglio della nuova Dichiarazione comune, firmata tra la Chiesa di Roma e quella Assira d’Oriente. Nel testo - sottolinea - “ci si riferisce al segno della croce come ad un simbolo esplicito di unità tra tutte le celebrazioni sacramentali. Il Crocifisso Risorto è la nostra salvezza e la nostra stessa vita: dalla sua croce gloriosa ci provengono la speranza e la pace, da lì sgorga l’unità tra i sacri misteri che celebriamo, ma anche tra di noi, che siamo stati battezzati nella stessa morte e risurrezione del Signore”.
Attraverso il segno della croce - prosegue Francesco - siamo chiamati a “ricordarci dei sacrifici sofferti in unione con quello di Gesù e a stare vicini a quanti portano oggi una croce pesante sulle spalle. Anche la Chiesa Assira dell’Oriente, insieme ad altre Chiese e a tanti fratelli e sorelle della regione, patisce persecuzioni ed è testimone di violenze brutali, perpetrate in nome di estremismi fondamentalisti. Situazioni di così tragica sofferenza si radicano più facilmente in contesti di grande povertà, ingiustizia ed esclusione sociale, in gran parte dovuti all’instabilità, fomentata anche dagli interessi esterni, e dai conflitti, che recentemente hanno provocato situazioni di grave bisogno, originando veri e propri deserti culturali e spirituali, nei quali diventa facile manipolare e incitare all’odio”. Situazioni del genere portano ad emigrare e succede di incontrare “date da una non sempre facile integrazione e da una marcata secolarizzazione, che possono ostacolare la custodia delle ricchezze spirituali delle proprie tradizioni e la stessa testimonianza di fede”.
Ma attraverso il segno della croce potremo ricordarci - aggiunge ancora il Pontefice - “che il Signore della misericordia non abbandona mai i suoi fratelli, ma anzi accoglie le loro ferite nelle sue. Facendo il segno della croce, richiamiamo le piaghe di Cristo, quelle piaghe che la risurrezione non ha cancellato, ma ha riempito di luce. Così pure le ferite dei cristiani, anche quelle aperte, quando sono attraversate dalla presenza viva di Gesù e dal suo amore, diventano luminose, diventano segni di luce pasquale in un mondo avvolto da tante tenebre”.
Coloro che hanno dato la vita per Cristo - conclude Papa Francesco - “sono gli antesignani e i patroni della nostra comunione visibile in terra. Per la loro intercessione chiedo anche al Signore che i cristiani delle vostre terre possano operare, nel paziente lavoro di ricostruzione dopo tante devastazioni, in pace e nel pieno rispetto con tutti”.
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