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Ratzinger e Lutero, due teologie a confronto nel pensiero di James Corkery

Nell’anno che ricorda i 5 secoli della Riforma Luterana non poteva mancare la voce del teologo Joseph Ratzinger. Papa Benedetto XVI aveva magistralmente riassunto il suo pensiero sull’agostinianoribelle quando aveva vistato Erfurt nel 2011.

La sua era una summa di lunghi studi che fin dagli anni 60’ aveva svolto sul tema. E c’è anche chi pensa che Joseph Ratzinger sia molto più luterano di alcuni luterani. Di Ratzinger e Lutero ha parlato mercoledì sera il professor James Corkery SJ, docente presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, in una delle conferenza promosse dalla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger/Benedetto XVI e dell’Istituto e dall’ Istituto Görres sul tema: “Lutero e la teologia di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI”.

I saluti del Direttore, il professore monsignor  Stefan Heid, e l’introduzione di padre Federico Lombardi SJ, presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, hanno aperto la strada alla relazione del professor Corkery che ha basato la sua riflessione su un articolo che l’allora cardinale Ratinger scrisse sulla rivista Communio proprio su Lutero.

Era il 1983, e l'articolo parlava di "Lutero e l’unità delle Chiese".

Corkery è partito dai punti di affinità per arrivare a ciò che inequivocabilmente divide Lutero e Ratzinger, che sono poi le vere sfide ecumeniche del mondo di oggi.

I due sono legati soprattutto dalla necessità della questione di Dio. “L’incontro personale con il Dio vivo è fondamentale per entrambi, nessuno dei due è un teologo da scrivania”, dice Corkery.

C’è poi la idea fondamentale di amore che entra nel dibattito sulla giustificazione. Carità o no per la salvezza? Anche Ratzinger vede la giustificazione “per fede”, ma certo non senza le opere, cioè senza la caritas, l’amore. Al contrario Lutero arriva a maledire la “caritas”: non c’è posto per l’amore.

Ma le differenze più forti sono su ecclesiologia e sacramenti. Per il teologo Ratzinger la successione  apostolica non si discute e i sacramenti sono segni appunto della caritas  di Dio.

Si ritorna allora a quel testo del 1983 che ricorda come la ricerca su Lutero si sia sviluppata e come debba essere precisato il termine di scomunica. 

“Poiché - scriveva Ratzinger- il potere canonico della Chiesa si riferisce naturalmente soltanti ai vivi, la scomunica finisce con la morte di colui che ne è colpito. Così, il problema di una soppressione della scomunica nei confronti della persona di Lutero è ozioso; essa è finita con la sua morte, perché il giudizio dopo la morte appartiene solo a Dio”.

Ma certo rimane forte l’anticattolicità degli scritti di Lutero, come ricorda Ratzinger:  “Bisogna poi osservare che non vi sono soltanto gli anatemi cattolici contro la dottrina di Lutero, ma anche un rifiuto assolutamente esplicito di ciò che è cattolico da parte del riformatore e dei suoi seguaci, che ha il suo vertice nelle parole di Lutero secondo cui noi siamo divisi per l’eternità”.

Per il teologo bavarese, era chiaro che le differenze rimangono forti:  “Scrittura e Tradizione, e quindi Scrittura e potere magisteriale della Chiesa, con la questione strettamente connessa del sacro ministero, della trasmissione apostolica come forma sacramentale della Tradizione e il suo riassumersi nel ministero di Pietro; carattere sacrificale della Eucarestia e il problema della trasformazione delle offerte ,e, quindi, dell’adorazione eucaristica al di fuori della messa (mentre sulla presenza reale di Cristo nell’azione sacra vi è unità di fondo): il sacramento della confessione; vedute differenti nel campo della morale cristiana, a proposito delle quali, naturalmente, torna ad avere importanza il problema del magistero, ecc.”.

Ma nel 2011 Benedetto XVI scelse la strada dei punti comuni ad Erfurt. La chiave del ragionamento del Papa fu la misericordia, vale la pena rileggerlo proprio in questo 2017 e dopo l' Anno Santo della Misericordia. “ 'Come posso avere un Dio misericordioso?'- disse Benedetto XVI ripercorrendo il pensiero di Lutero- Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, si oggi si preoccupa ancora di questo, anche tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. Egli sa, appunto, che tutti siamo soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. La questione non ci preoccupa più.

Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non viene forse devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte, della brama di vita e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle persone dedite ad essa? Non è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità? La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se in noi l’amore di Dio e, a partire da Lui, l’amore per il prossimo, per le creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo? E le domande in questo senso potrebbero continuare.

No, il male non è un’inezia. Esso non potrebbe essere così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita. La domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero”.

 

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