Roma, 21 May, 2015 / 10:56 AM
“Mi iscrivo al club”. Il ministro Giuliano Poletti appoggia la proposta del “Reddito italiano di inclusione sociale”: “è una buona proposta, perché parte dal dato dell’inclusione attiva!”. A proporlo l’Alleanza contro la povertà, un cartello di associazioni del mondo cattolico e non, che questa mattina sta presentando la proposta in Senato.
L’idea è approvare uno strumento che – si legge nei documenti ufficiali - “assicura a chiunque sia caduto in povertà un insieme di risorse adeguate a raggiungere una condizione materiale decente e - dove possibile e/o necessario - a progettare percorsi d’inserimento sociale o lavorativo. La sua introduzione permetterebbe di dare al nostro Paese quella politica contro la povertà sinora mancante, capace, allo stesso tempo, di assicurare a tutti una vita dignitosa e di offrire strumenti per cambiarla (vigilando che ciò accada) a chi è in grado di farlo”.
Ieri le associazioni hanno chiamato il Governo a farsi carico della questione. Un sano pressing per intervenire già nella legge di stabilità. “Può essere pienamente utilizzata”, la risposta del ministro del lavoro durante un incontro a Roma. “La proposta ha elementi di grande valore, tra cui il realismo - ha osservato Poletti -. Sono d’accordo sull’usare la povertà assoluta come elemento di riferimento. Diamoci degli obiettivi compatibili, per vedere se le politiche producono i risultati che ci aspettiamo”.
Le associazioni chiedono che ogni nucleo familiare riceva “mensilmente una somma pari alla differenza tra la soglia di povertà e il proprio reddito. Il principio guida è l’adeguatezza: nessuno è più privo delle risorse necessarie a raggiungere un livello di vita “minimamente accettabile”.
Nelle parole del presidente delle Acli, Gianni Bottalico, la soddisfazione per un primo traguardo: è “un riconoscimento politico della nostra proposta”.
“Oggi è il tempo delle scelte realistiche e coraggiose, graduali e sostenibili, realizzate in forme condivise da forze sociali e governo”, ha affermato Francesco Marsico, responsabile area nazionale di Caritas italiana: “Anche se l’Italia sta uscendo dalla crisi economica - ha detto - la spirale recessiva ha inferto ferite gravissime alle famiglie, che non verranno rimarginate in tempi brevi dalla ripresa”. Il Reis, ha precisato Marsico, “non è solo una misura economica ma è un accompagnamento delle persone e delle famiglie: una infrastruttura nazionale basata sul welfare locale. I criteri di accesso sono universali e validi per tutto il Paese, per impiantare un sistema di monitoraggio e valutazione nei 4 anni”
Tra le richieste delle Associazioni, quella che il governo si impegni a fornire, già dal 2016, il Reddito di inclusione sociale (Reis) a 1,4 milioni di persone in condizioni di più grave povertà (per una spesa pari a 1 miliardo e 800 milioni ogni anno) fino a raggiungere gradualmente, in quattro anni, tramite un Piano nazionale contro la povertà, tutti i 6 milioni di italiani in povertà assoluta: quando il sistema andrà a regime costerà allo Stato 7 miliardi di euro di spesa complessiva annuale.
Secondo il progetto, il reddito è “destinato ai cittadini, di qualsiasi nazionalità, in possesso di un valido titolo di legittimazione alla presenza sul territorio italiano e ivi presenti in forma regolare da almeno 12 mesi. Il principio guida è l’universalismo: una misura per tutte le famiglie in povertà. Ogni nucleo riceve mensilmente una somma pari alla differenza tra la soglia di povertà e il proprio reddito. Il principio guida è l’adeguatezza: nessuno è più privo delle risorse necessarie a raggiungere un livello di vita ‘minimamente accettabile’”.
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