Città del Vaticano , 26 March, 2017 / 2:00 PM
Era il 26 marzo del 1967 e Paolo VI pubblicava un documento dalla portata storica e sociale determinate: l'enciclica Populorum progressio.
In un contesto storico travagliato e scosso dai grandi mutamenti socio-economici e dalla perdurante crisi che attraversava la storia dell'Occidente questo atto di magistero conferma le posizioni della Chiesa in tema di diritti a contenuto economico e giuridico.
Il magistero spalanca, con una ventata di novità, le porte dei propri confini all'azione sociale della Chiesa ricollegando la nozione di progresso con la prospettiva della persona umana intesa dinamicamente al centro dell'orbita sociale.
I temi ed il contenuto sostanziale dell'enciclica non solamente vasti ma molto di più, toccano tutte le singole sfere di competenza del vivere civile.
Proprietà privata, cooperazione fra popoli, rapporti di lavoro, economia ed evoluzione sociale nella attenta riflessione della Chiesa alla luce degli importanti stravolgimenti culturali della seconda metà del secolo scorso.
“La proprietà privata -recita l'enciclica- non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario”.
Il punto di forza di questa affermazione però non è, solamente, scardinare un'ideologia materialista che fondava su questo istituto giuridico le basi del vivere sociale ed il diritto al voto (com'era nei primi anni del 900) bensì quello di subordinare tale oggetto in un mezzo per lo sviluppo integrale dell'uomo.
Quindi si stravolge l'ordine dei concetti con il trasformare la nozione civilistica da fine, inteso giuridicamente, per l'affermazione di un diritto soggettivo, esclusivo ed inalienabile, in uno strumento di solidarismo fra popoli. Ma questo è solo un aspetto dell'enciclica ma in realtà vi è molto di più.
Negli altri paragrafi che richiamano le citate attività, queste sono rilette alla luce del concetto evoluzionistico di utilità spirituale e materiale, per il progresso effettivo e sostanziale della società civile che versa in svariate e spesso contingenti situazioni di disagio.
Tali passaggi ermeneutici vengono analizzati, singolarmente, passando da un centralismo dettato dalle contingenze economiche del singolo Stato all'ampio respiro del contesto planetario. Qui davvero è doveroso osservare come la Chiesa, per definizione cattolica ed universale, nell'affermare questi valori abbraccia tutto il mondo con i suoi vari problemi legati spesso a situazioni di sottosviluppo e tristi condizioni di disagio sociale, allo scopo di poter dare una risposta definitiva alla risoluzione di tali situazioni.
Questo documento senza dubbio ha contraddistinto l'ottica cristiana in tema di diritti inalienabili e di posizioni soggettive confermando le prospettive anche espresse e ribadite da economisti cattolici come il beato Giuseppe Toniolo o dalla stessa dottrina sociale della Chiesa o dei santi sociali quali San Giovanni Bosco o San Leonardo Murialdo che hanno lavorato in tal direzione.
Per tornare al testo dell'enciclica, anche il concetto dominante di progresso spicca il volo in un discorso ascendente rappresentando la dinamica struttura della competenza dell'uomo che è artefice insieme a Dio del benessere sociale inteso in accezione cristiana. In questa connotazione il progresso viene letto nel suo reale valore simbolico intendendolo come autonomo ed integrale sviluppo per la promozione dell'uomo nel suo agire.
Dunque non più “progresso per progresso” ma azione combinata dell'uomo subordinato a qualcosa di più grande che altro non è che costruzione in fieri del Regno dei cieli.
Certamente in questo giorno che 50 anni fa era festeggiato dalla Chiesa per un'affermazione di principi gloriosamente cattolici oggi è confermato, con l'orgoglio dei tanti milioni di fedeli, che in questo documento non solo si ritrovano ma leggendolo lottano e lavorano per un mondo più giusto ed egualitario all'insegna di quel progresso che è tensione finalistica di ogni più grande realtà presente nel cuore e nelle mani di Dio.
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