Città del Vaticano , 08 March, 2017 / 2:00 PM
Dal 5 al 7 ottobre prossimo si svolgerà in vaticano L’Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita. Il tema: Accompagnare la vita. Nuove responsabilità nell’era tecnologica. Una occasione per conoscere meglio il nuovo volto della Accademia voluta da Giovanni Paolo II nel 1994 e riformata da Francesco lo scorso anno.
ACI Stampa ne ha parlato con il presidente, l’arcivescovo Vincenzo Paglia.
Eccellenza qual è l’intento della PAV?
Ricomprendere nel contesto contemporaneo un trittico che è messo fortemente alla prova, cioè il rapporto tra il matrimonio uomo-donna, la famiglia e la vita.
Non una riflessione astratta ma un impegno della Chiesa per custodire ed approfondire la ricchezza di questo trittico come motore della storia. Si tratta di iscrivere nella grande tradizione della Chiesa e nella cultura umanistica un nuovo slancio che aiuti la cultura contemporanea ad evitare il rischio di frantumazione di questo trittico che porterebbe allo “sfarinamento” della intera società.
Per la prima volta accade che una cultura dell’individualismo come nuovo titolare dell’esistenza pieghi a se stesso perfino le istituzioni.
La Chiesa sente la responsabilità di offrire il suo contributo di patrimonio di fede perché entri in dialogo con la cultura contemporanea.
Come vede il compito della Accademia il Papa?
L’Accademia, così come la pensa Papa Francesco, deve entrare con coraggio ed intelligenza in dialogo con le culture contemporanee. Per questo serve un rinnovo nei membri, che fino ad ora erano solo cattolici, ora saranno anche di altre confessioni cristiane, di altre religioni e appartenenti alla cultura umanistica.
Ovviamente il quadro è all’interno di una prospettiva che mette al centro la persona umana. Resta saldo il patrimonio cattolico come cardine, e si uniscono i punti in comune, ma con apertura al dialogo. E ovviamente il patrimonio spirituale della fede ha grande capacità di esser accolto, purché non resti chiuso in un cassetto. Noi cattolici abbiamo un tesoro così grande che può aiutare lo sbandamento della società di oggi.
Alcuni temi sono caldi, aborto fine vita, fecondazione artificiale etc. La visione non è facilmente unificabile. Che si fa allora?
Non dobbiamo dimenticare che l’Accademia è Pontificia, e quindi radicata in maniera determinata e robusta nel Magistero cattolico. La stella polare dell’Accademia è il primato assoluto della dignità della persona umana dal concepimento fino alla morte naturale.
Quando parliamo di vita, matrimonio e famiglia è la persona che viene messa al centro.
Ad esempio dimenticare il miracolo che accade in nove mesi nel seno materno, vuol dire iniziare già a distruggere tutto. Perché all’inizio accade qual dialogo tra madre e figlio che già esclude da sé pratiche come utero in affitto e maternità surrogate etc. É una pura follia, con la conseguenza che diventerebbe una schiavitù contemporanea.
Ci sono sempre più forme di moderne schiavitù.....
La PAV dovrà tenere conto anche delle altre schiavitù: gli adolescenti abbandonati a se stessi, sfruttati, usati come soldati, etc. Quanti crimini contro la persona vengono fatti sfruttando il lavoro minorile o dimenticando l’educazione. O i giovani che non parlano con i genitori. Ecco il tema matrimonio e famiglia, un legame fortissimo tra i due, dimenticando il concetto banalizzato di “amore romantico” che rischia di scardinare la coppia uomo- donna e impedisce di dare alla famiglia il fine per cui esiste.
Rispetto ad un pensiero debole su matrimonio e famiglia il compito dell’Accademia è far riscoprire la grande missione della famiglia, che è quella, come scrive il libro della Genesi, di custodire il creato e di essere responsabile delle generazioni e di tutti i legami sociali. Tutte le relazioni tra famiglia e società.
C’è poi il tema della custodia della vita di cui non si parla spesso, non c’è attenzione politica, sociale ed ecclesiale per gli anziani.
Questa cultura dello scarto degli anziani diventa drammatica e crudelissima nel fine vita. Se sono scartati gli anziani, figuriamoci gli anziani malati, o anche i giovani. Perché si scontrano con la cultura mercatista che la fa da padrone. Per questo l’Accademia deve combattere con decisione tutte le culture dello scarto, anche quando è autodeterminato, come nell’eutanasia o nel così detto suicidio assistito. In quel caso si tratta proprio di una sconfitta della società. La cultura dello scarto porta ad autoscartarsi. Pensiamo a Fabo dove stanno quelle migliaia di persone che rendeva felici con il suo lavoro? Chi si è interessato di lui quando non ha potuto farlo più?
La società è talmente succube del mercato che quando uno non conta si sente scartato.
Non siamo stati in grado di cogliere la domanda vera di Fabo. Lui ha detto: non ce la faccio più. E non siamo stati capaci di intercettare questa domanda.
La cultura diventa talmente invasiva che si sente il diritto il morire, ma arrivi a pensarlo come un dovere. Questa è la crudeltà di una cultura fondata solo sull’individualismo, una falsa libertà di pensare che la via sia completamente nelle mia mani, mentre la vita è nelle “nostre” mani.
Il primo congresso della PAV sarà dedicato proprio al tema: accompagnare la vita. Sarà ad ottobre e lo aprirà il Papa. Una riflessione dall’inizio della vita, sulla esistenza e fino alla conclusione.
Ma il dialogo con il mondo su certi temi sembra impossibile, come si fa?
Occorre trovare la stessa “lunghezza d’onda” e il compito che il Papa chiede è di avere, l’intelligenza, la capacità e la furbizia di tradurre nel giusto linguaggio il patrimonio della fede, un linguaggio che permetta senza perdere uno iota del contenuto del Vangelo, di parlare con il mondo.
Una fatica “missionaria” per cui serve saper capire il mondo, amarlo, non per seguirlo ma per salvarlo. E per farsi capire bisogna avere un amore reale.
Di fronte ad un mondo dove ci sono campi profughi, in Uganda, con 550 mila persone che lottano per la vita qualcuno rifiutava la vita. Loro chiedono aiuto e qui cerchiamo di fare una legge che aiuti a morire. Un contrasto terribile, che ci interpella tutti.
Il 30 marzo ci sarà un gruppo di lavoro sul senso della cura palliativa. Perché è un nodo drammatico è la paura della sofferenza. Perché siamo poco attenti a questa dimensione e ci poniamo il problema solo nella emergenza? Ci sono migliaia di malati in Italia abbandonati. Nel gruppo di lavoro penseremo soprattutto ai paesi più poveri.
C’è pochissima conoscenza di questo anche in Italia. Ecco una risposta.
L’idea è che qualsiasi aiuto che venga per arrivare all’orizzonte del Magistero è benvenuto quindi?
Non significa essere d’accordo su tutto, ma in un mondo unificato occorre trovare alleati e non nemici. Con un interesse per tutti, compresi coloro che la pensano diversamente. Perché mi interessa aiutare le persone. Con un linguaggio gratuito irresistibile. Una sensibilità che permette di parlare con tutti.
Il Magistero evangelico è non solo inattaccabile, ma è anche l’unico efficace fino in fondo. Io sono in dialogo con tutti, ma certo l’unica salvezza è nel Vangelo. Il Vangelo è l’unica prospettiva che può aiutare tutti, e senza crolla tutto.
Nessun contrasto tra dottrina sociale ed etica?
No, se le sleghi cadano, l’una e l’altra. La difesa della vita non è in astratto, ma la difesa delle persone, in qualsiasi condizione si trovino. E in questo il pensiero di Papa Francesco che ha approfondito il Magistero ecologico, è una contraddizione con la cultura maggioritaria che è tesa allo sfruttamento di qualsiasi cosa in favore dell’ io. E per questo il rapporto tra bioetico e vita sociale fa parte del nostro patrimonio.
Ecco la bioignegneria, la robotica, la ecologia umana. Vi sembra possibile che proibiamo il fumo e poi cloniamo le persone o distruggiamo gli embrioni?
É una contraddizione che va evidenziata. Bisogna far capire al mondo che il disastro che sta accadendo con le questioni ecologiche sta accadendo anche con le questioni antropologiche.
E questo è il dialogo da fare e in questo il patrimonio di fede della Chiesa non ha rivali.
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