Città del Vaticano , 26 January, 2017 / 6:00 PM
C’era una piccola insegna in ceramica sul campanello della porta, e la scritta: “Tiro avanti come un asino”, in francese. Per il Cardinale Roger Etchegaray, che non aveva da vescovo voluto né motto né simbolo perché li considerava un “retaggio medievale”, era quella la frase che lo rappresentava meglio, tanto che fece da titolo ad un libro che è un po’ la cifra di tutto il suo pensiero.
Quella casa ora è vuota. Il salottino dove il Cardinale riceveva, e dove offriva gli amaretti che gli arrivavano direttamente dalla Francia. La piccola sala di rappresentanza dove, tra i presepi, spiccava uno che gli aveva regalato Fidel Castro, il lider maximo: fu Etchegaray, appunto, che aprì la strada verso Cuba. Sono stati svuotati in maniera riservata, quasi di nascosto, tanto che alcuni arcivescovi, suoi amici, non lo hanno potuto salutare. Torna in Francia, a 94 anni, dopo una vita spesa da costruttore di ponti, per trascorrere gli ultimi tempi della sua vita in una casa di riposo con la sorella Maite, a Bayonne.
Forse nessuno lo avrebbe saputo se Angelo Scelzo, già vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede e amico personale del Cardinale, non avesse raccontato dalle colonne di Avvenire del saluto di Papa Francesco, che lo è andato a trovare a San Calisto, ma che lo ha anche voluto salutare nella Domus Sanctae Marthae, e dell’affetto di Benedetto XVI, cui lo lega un episodio spiacevole: era al fianco del Papa nella messa della notte di Natale del 2009, quando una donna cercò senza successo di aggredire il Papa e nella foga tirò giù lui, il già anziano cardinale, che per questo si ruppe il femore.
Certo è che la partenza del Cardinale Etchegaray segna la fine di una stagione della Chiesa cattolica. Prete dal 1947, perito del Concilio Vaticano II, impegnato in Francia nell’Azione Cattolica e nella Conferenza Episcopale Francese, amico di Paolo VI, arcivescovo di Marsiglia dal 1970 al 1985: così si può sintetizzare la prima parte della sua vita.
Poi, l’arrivo a Roma, come presidente dei Pontifici Consigli della Giustizia e della Pace dal 1984 al 1998 e di Cor Unum dal 1984 al 1995 (in realtà, i pontifici consigli non si chiamavano così prima della riforma della Curia di San Giovanni Paolo II, la Pastor Bonus, che è del 1988.
Buona parte delle sfide della Chiesa di oggi sono state aperte dal Cardinale Etchegaray. Fu tra gli organizzatori del primo incontro tra le religioni ad Assisi, nel 1986, e da allora sempre sostenitore dell’iniziativa. Aprì un dialogo con la Cina, dove tornò 4 volte, nel 1980, 1993, 2000 e 2003. E poi, aprì i contatti con Cuba, dove andò per la prima volta nel 1989.
Gli fu permesso di dire Messa in Cattedrale all’Avana, ma era la piazza davanti la Cattedrale ad essere gremita di gente. Le cronache del tempo raccontano che alla fine della Messa per l’Anno Nuovo, arringò la folla. “Cosa volete che chieda al Papa?” “Che venga”. “Il Papa ha sentito la vostra voce”.
Ed eccolo tornare, dialogare con Fidel Castro, riceverne in dono quel Presepe di cui andava tanto fiero e che era il simbolo dell’apertura di Fidel Castro al possibile, primo, storico viaggio di un Papa en la isla che avvenne nel 1998, con San Giovanni Paolo II.
Quando Giovanni Paolo II cercò di scongiurare la Seconda Guerra del Golfo, fu il Cardinale Etchegaray il suo inviato speciale a Baghdad, per portare conforto alla popolazione e aprire possibili canali di pace.
Molto stimato in Curia per il tratto umano unito a una rara profondità intellettuale, nel 1997 fu anche chiamato a predicare gli esercizi spirituali di Quaresima alla Curia romana, cui presentò una riflessione su “Gesù vero Dio e Vero uomo” sul filo rosso di una frase del filosofo Blaise Pascal: “Senza Gesù Cristo, non sappiamo né chi sia dio, né chi siamo noi”.
Negli ultimi tempi della sua vita, dopo aver riflettuto sull’uomo e aver dato alle stampe il libro “L’uomo a che prezzo”, ha lavorato anche ad un libro sul mistero di Dio. Con la partenza del Cardinale Etchegaray si chiude davvero un’epoca.
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