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Si conclude il Giubileo della Misericordia. Papa Francesco chiude la Porta Santa

Quasi 22 milioni di fedeli hanno varcato la Porta Santa della Basilica di San Pietro. Un bilancio positivo quello del Giubileo Straordinario della Misericordia che volge al termine oggi.  Francesco all’inizio della Messa di Chiusura del Giubileo chiude la Porta. Quella Porta “straordinaria” che è stata aperta, per volere del Pontefice, in ogni diocesi e in ogni santuario del mondo. Si contano siano state aperte quasi 10mila Porte Sante, disseminate nei cinque continenti.

Era il 29 novembre 2015 quando il Papa aprì la prima Porta Santa. Non in San Pietro, come si è sempre fatto da settecento anni, ma a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, un paese povero, soggiogato da malattie e guerre. E poi qui, a Roma, l’8 dicembre scorso.

La Messa di Chiusura dell’Anno Santo della Misericordia coincide con la solennità di Cristo Re dell’Universo. “La grandezza del suo regno non è la potenza secondo il mondo, ma l’amore di Dio, un amore capace di raggiungere e risanare ogni cosa”, dice il Papa nell’omelia. Un re che “si è spinto fino ai confini dell’universo per abbracciare e salvare ogni vivente”. Come lo spirito e l’intento di Papa Francesco, che ha raggiunto ogni parte del mondo in questo Giubileo. “Solo questo amore – dice il Pontefice - ha vinto e continua a vincere i nostri grandi avversari: il peccato, la morte, la paura”.

Ma Gesù deve essere prima di tutto “Signore della nostra vita”. “Tutto ciò – afferma il Papa - è vano se non lo accogliamo personalmente e se non accogliamo anche il suo modo di regnare. Ci aiutano in questo i personaggi che il Vangelo odierno presenta”. Il Papa elenca quindi tre figure: il popolo che guarda, il gruppo che sta nei pressi della croce e un malfattore crocifisso accanto a Gesù.

Il popolo che sta a vedere. “È lo stesso popolo – rammenta Francesco - che per le proprie necessità si accalcava attorno a Gesù, ed ora tiene le distanze. Di fronte alle circostanze della vita o alle nostre attese non realizzate, anche noi possiamo avere la tentazione di prendere le distanze dalla regalità di Gesù, di non accettare fino in fondo lo scandalo del suo amore umile, che inquieta il nostro io, che scomoda”. Ma il popolo santo è “chiamato a seguire la sua via di amore concreto”.

I capi del popolo, i soldati e uno dei malfattori. Coloro che deridono Gesù. Che rivolgono a Gesù la tentazione di salvare se stesso. “Questa tentazione – spiega il Papa - è un attacco diretto all’amore: “salva te stesso” non gli altri, ma te stesso. Prevalga l’io con la sua forza, con la sua gloria, con il suo successo. È la tentazione più terribile, la prima e l’ultima del Vangelo. Ma di fronte a questo attacco al proprio modo di essere, Gesù non parla, non reagisce. Non si difende, non prova a convincere, non fa un’apologetica della sua regalità. Continua piuttosto ad amare, perdona, vive il momento della prova secondo la volontà del Padre, certo che l’amore porterà frutto”.

“Quest’Anno della misericordia ci ha invitato a riscoprire il centro, a ritornare all’essenziale”, sentenzia Francesco. L’Anno della Misericordia che ci fa “riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa”.

E’ la misericordia la protagonista assoluta di quest’anno straordinario trascorso con Papa Francesco: “La misericordia, portandoci al cuore del Vangelo, ci esorta anche a rinunciare ad abitudini e consuetudini che possono ostacolare il servizio al regno di Dio; a trovare il nostro orientamento solo nella perenne e umile regalità di Gesù, non nell’adeguamento alle precarie regalità e ai mutevoli poteri di ogni epoca”.

Per ultimo il malfattore più vicino a Gesù, quello che gli chiede di portarlo con Lui nel paradiso. “Questa persona – spiega Francesco – semplicemente guardando Gesù, ha creduto nel suo regno. E non si è chiuso in se stesso, ma con i suoi sbagli, i suoi peccati e i suoi guai si è rivolto a Gesù. Ha chiesto di esser ricordato e ha provato la misericordia di Dio".

Conclude il Papa con un augurio e un invito speciale: “Chiediamo anche noi il dono di questa memoria aperta e viva. Chiediamo la grazia di non chiudere mai le porte della riconciliazione e del perdono, ma di saper andare oltre il male e le divergenze, aprendo ogni possibile via di speranza. Come Dio crede in noi stessi, infinitamente al di là dei nostri meriti, così anche noi siamo chiamati a infondere speranza e a dare opportunità agli altri. Perché, anche se si chiude la Porta santa, rimane sempre spalancata per noi la vera porta della misericordia, che è il Cuore di Cristo. Dal costato squarciato del Risorto scaturiscono fino alla fine dei tempi la misericordia, la consolazione e la speranza”.

Al termine della celebrazione eucaristica, Papa Francesco firmerà la sua Lettera Apostolica “Misericordia et misera” indirizzata a tutta la Chiesa per continuare a vivere la misericordia con la stessa intensità sperimentata durante l'intero Giubileo straordinario. Rimasero in due, la misera e la misericordia. Per citare il commento di Sant'Agostino sull'incontro tra Gesù e l'adultera.

In rappresentanza di tutto il Popolo di Dio, riceveranno la Lettera dalle mani del Papa: il Cardinale Luis Antonio Tagle, Arcivescovo di Manila, una tra le più grandi metropoli del mondo; Monsignor Leo William Cushley, Arcivescovo di Saint Andrews ed Edimburgo; due sacerdoti Missionari della Misericordia, provenienti rispettivamente dalla Repubblica Democratica del Congo e dal Brasile; un diacono permanente della Diocesi di Roma, insieme alla sua famiglia; due suore, provenienti rispettivamente dal Messico e dalla Corea del Sud; una famiglia composta da genitori, figli e nonni originari degli Stati Uniti d’America; una coppia di giovani fidanzati; due mamme catechiste di una Parrocchia di Roma; una persona con disabilità e una persona malata.

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