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Un servizio di EWTN News

Benedetto, rivoluzionario e "grande innamorato"

Chi si aspettava grandi rivelazioni è certamente deluso. Nelle sue “ Ultime conversazioni” Benedetto XVI racconta se stesso con dolcezza e umiltà, ma anche con la chiara consapevolezza di quello che ha portato a termine nella sua vita e nel Pontificato.

Riforma, impegni, scelte giuste e sbagliate, non tralascia nulla degli anni del pontificato e del tempo che sta vivendo in modo così nuovo per la Chiesa. E lo fa con il sereno distacco di chi usa il cuore prima della ragione e nel completo affidamento a Dio.

E di quell’amore è intriso il libro che Peter Seewald ha ripensato dopo la rinuncia. Doveva essere una biografia, e in effetti la parte centrale del volume è un ripercorrere la storia della vita di Joseph Ratzinger, fino alla elezione al Pontificato, Concilio compreso. Una vita che lo stesso Ratzinger aveva raccontato nella sua autobiografia, arricchita ora di piccoli episodi e di riflessioni teologiche che illuminano il presente. Una forza teologica che oggi si è persa, come dice lo stesso Ratzinger. E in effetti la parte centrale è storicamente la più interessante. Come sarebbero interessanti quegli appunti che sta scrivendo da Papa Emerito ma che, dice,  brucerà perché troppo personali.

Ma il libro andrà a ruba per la parte iniziale, forse, e soprattutto per la parte finale. Perché è davvero un fatto unico che un Papa possa giudicare ed analizzare il suo stesso Pontificato.

Ed è in questa parte che emerge il Benedetto XVI pastore, che si rammarica di non aver saputo presentare bene le catechesi del mercoledì, ma convinto che la sua enciclica più bella è la “ Deus caritas est”.

Politica, liturgia, personaggi che scorrono nelle risposte di una assoluta limpida umiltà, raccontano un uomo talmente conscio dei suoi limiti, che non ha nessuna paura a mettere chiaramente in evidenza dove e quando è stato male interpretato soprattutto da teologi e giornalisti.

Non ha paura di dire che certi atteggiamenti delle Chiesa cattolica in Germania sono sbagliati, e ricorda il discorso di Friburgo del 2011 come rivoluzionario, e anticipatore di Francesco.

Con il suo successore ci sono rapporti belli, da confratelli, ma chiarisce “ sono anche molto contento di non essere chiamato in causa”.

Il monastero è il suo luogo preferito, senza troppa gente da dover incontrare, con più tempo per la preghiera, anche se non con l’energia che vorrebbe, e con la commozione nel cuore che si scioglie in sommesse lacrime quando ripensa al volo in elicottero del 28 febbraio 2013: “sentivo il suono delle campane di Roma, sapevo che potevo ringraziare, e che lo stato d’animo di fondo era la gratitudine”.

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