Erevan, 25 June, 2016 / 6:00 PM
“È una grazia per me trovarmi su queste alture, dove, sotto lo sguardo del monte Ararat, anche il silenzio sembra parlarci; dove i “khatchkar” – le croci di pietra – raccontano una storia unica, intrisa di fede rocciosa e di sofferenza immane, una storia ricca di magnifici testimoni del Vangelo, di cui voi siete gli eredi”. Sono le parole del Papa a Yeravan, in occasione della preghiera per la pace, davanti a qualche migliaio di persone. Il viaggio in Armenia di Papa Francesco continua. E giunge all’ultimo appuntamento di questa seconda intensa giornata.
Prima dell’incontro ecumenico, nel pomeriggio Papa Francesco ha visitato la Cattedrale Armeno Apostolica e quella Armeno Cattolica della città di Gyumri. E successivamente si è trasferito a Piazza della Repubblica a Yerevan per la preghiera per la pace con il Catholicos Karekin II.
La prima cattedrale visitata dal Papa e dal Catholicos è stata quella dedicata alla Santa Madre di Dio, nota soprattutto come la Cattedrale delle “Sette piaghe di Maria Vergine Santissima”, in Piazza Vartenants, a Gyumri. Il Papa e il Catholicos hanno pregato davanti all’Icona Mariana delle Sette Piaghe, sono stati accolti da un piccolo gruppo di disabili e di rifugiati siriani, e alla fine una benefattrice argentina ha offerto un dono al Papa. La seconda cattedrale visitata è poi stata quella dedicata ai Santi Martiri, sempre in Piazza Vartenants.
Ma l’appuntamento più atteso del pomeriggio è stata la preghiera per la pace sulla Piazza di Yerevan, la piazza più importante della città, dove si affacciano anche il Palazzo del Governo, importanti ministeri e il Museo Nazionale. Presente anche il Presidente della Repubblica. Nel corso della celebrazione in armeno e in italiano, dopo la recita del “Padre Nostro” ognuno nella propria lingua e le letture, sia Francesco che Karekin II si sono rivolti ai presenti.
Papa Francesco parla al Catholicos e a tutti gli armeni delle visite e degli incontri tra loro passati. Parla di “comunione apostolica”, di un “cammino comune”, di "reale e intima unità" e ancora di uno “scambio di doni” tra le due Chiese: “Condividiamo con grande gioia i tanti passi di un cammino comune già molto avanzato, e guardiamo davvero con fiducia al giorno in cui, con l’aiuto di Dio, saremo uniti presso l’altare del sacrificio di Cristo, nella pienezza della comunione eucaristica”.
Poi il Papa parla di testimoni e martiri passati, e rammenta la figura del santo Catholicos Nerses Shnorhali: “Egli nutriva un amore straordinario nei confronti del suo popolo e delle sue tradizioni, ed era al contempo proteso verso le altre Chiese, instancabile nella ricerca dell’unità, desideroso di attuare la volontà di Cristo. L’unità non è infatti un vantaggio strategico da ricercare per mutuo interesse, ma quello che Gesù ci chiede e che sta a noi adempiere con la buona volontà e con tutte le forze, per realizzare la nostra missione: donare al mondo, con coerenza, il Vangelo”.
Francesco ricorda ai presenti che però per raggiungere l’unità non basta la buona volontà di qualcuno nella Chiesa, è invece indispensabile la preghiera di tutti.
“San Nerses – continua il Pontefice parlando del martire - avvertiva anche il bisogno di accrescere l’amore reciproco, perché solo la carità è in grado di sanare la memoria e guarire le ferite del passato: solo l’amore cancella i pregiudizi e permette di riconoscere che l’apertura al fratello purifica e migliora le proprie convinzioni”. Dunque la memoria che si fonde con l’amore verso i fratelli.
Poi Francesco commenta il Vangelo appena ascoltato per l’incontro ecumenico: “Vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”, diceva Gesù. Il Pontefice dichiara l’importanza, ma anche la difficoltà di ottenere il dono della pace e fa un richiamo alla storia attuale: “Quanto sono grandi oggi gli ostacoli sulla via della pace, e quanto tragiche le conseguenze delle guerre! Penso alle popolazioni costrette ad abbandonare tutto, in particolare in Medio Oriente, dove tanti nostri fratelli e sorelle soffrono violenza e persecuzione, a causa dell’odio e di conflitti sempre fomentati dalla piaga della proliferazione e del commercio di armi, dalla tentazione di ricorrere alla forza e dalla mancanza di rispetto per la persona umana, specialmente per i deboli, per i poveri e per coloro che chiedono solo una vita dignitosa”.
Ed è qui che Francesco ricorda ancora il “Grande Male” abbattuto sul popolo armeno: “Questo tragico mistero di iniquità che il vostro popolo ha provato nella sua carne, rimane impresso nella memoria e brucia nel cuore. Ricordare le vostre sofferenze non è solo opportuno, è doveroso: siano un monito in ogni tempo, perché il mondo non ricada mai più nella spirale di simili orrori!”.
Ma la memoria, dice il Papa, se “attraversata dall’amore, diventa capace di incamminarsi per sentieri nuovi e sorprendenti, dove le trame di odio si volgono in progetti di riconciliazione, dove si può sperare in un avvenire migliore per tutti”.
Francesco poi si rivolge ai giovani armeni ed esclama: “Facendo tesoro della grande saggezza dei vostri anziani, ambite a diventare costruttori di pace: non notai dello status quo, ma promotori attivi di una cultura dell’incontro e della riconciliazione”. Una memoria rivolta al futuro.
L’ultimo riferimento del discorso di Francesco è il Dottore della Chiesa o meglio “il Dottore della pace” san Gregorio di Narek. Il Papa cita un passo del libro del santo: “Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro”. Francesco lo ricorda come l’ ”offripreghiera di tutto il mondo”, come l’esempio di un grande messaggio cristiano di pace.
Il Catholicos nella piazza principale di Yerevan ricorda a tutti le difficoltà terribili del popolo armeno nella storia. "Un milione e mezzo di martiri innocenti, in lotta solo per il diritto all'esistenza", rammenta il Catholicos. E racconta come ancora oggi il Paese armeno viva sotto una "guerra non dichiarata". Karekin II accenna anche del diritto del popolo del Nagorno-Karabakh di "vivere nella propria libertà nella loro culla materna". "La missione delle Chiese Cristiane e dei leader religiosi - dice Karekin II - non può essere solo limitato ad aiutare le vittime, a consolarle. Misure più pratiche devono essere prese per la ricerca della pace, consolidando i nostri sforzi nel prevenire il male, favorendo la spirito di amore, solidarietà e cooperazione nelle società attraverso il dialogo ecumenico e interreligioso".
Un'orchestra esclusivamente di musica armena ha aperto questo incontro di pace tra il Papa e Karekin II. Una bellissima esecusione, un valzer di Eduard Mirzoyan ha reso lieta l'attesa dei due discorsi.
Al termine dell'incontro ecumenico Papa Francesco e il Catholicos Karekin II si sono scambiati un segno di pace.
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