Roma, 02 June, 2016 / 1:03 AM
Dopo quella in San Giovanni, Papa Francesco ha tenuto la seconda meditazione degli esercizi spirituali in occasione del Giubileo dei sacerdoti e dei seminaristi nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
“Il ricettacolo della Misericordia - ha esordito il Papa - è il nostro peccato. Ma spesso accade che il nostro peccato è come un colabrodo, come una brocca bucata dalla quale scorre via la grazia in poco tempo. Da qui la necessità che il Signore esplicita a Pietro di perdonare settanta volte sette. Dio non si stanca di perdonare, anche quando vede che la sua grazia sembra non riuscire a mettere forti radici nella terra del nostro cuore, quando vede che la strada è dura, piena di erbacce e sassosa. Egli torna nuovamente a seminare la sua misericordia e il suo perdono”.
Francesco ricorda che la “misericordia di Dio è sempre più grande della nostra coscienza di peccato. Il Signore non solo non si stanca di perdonarci, ma rinnova anche l’otre nel quale riceviamo il suo perdono. Utilizza un otre nuovo per il vino nuovo della sua misericordia, perché non sia come un vestito rattoppato o un otre vecchio. E questo otre è la sua misericordia stessa: la sua misericordia in quanto sperimentata in noi stessi e in quanto la mettiamo in pratica aiutando gli altri”.
In tal senso il cuore che riceve la misericordia si ricrea e diventa “un buon recipiente”. Si tratta di una “seconda creazione è ancora più meravigliosa della prima. È un cuore che sa di essere ricreato grazie alla fusione della sua miseria con il perdono di Dio e per questo è un cuore che ha ricevuto misericordia e dona misericordia”. “Nell’esercizio di questa misericordia che ripara il male altrui - precisa Papa Bergoglio - nessuno è migliore, per aiutare a curarlo, di colui che mantiene viva l’esperienza di essere stato oggetto di misericordia circa il medesimo male”. E il Papa propone esempi concreti come coloro “che lavorano per combattere le dipendenze” che spesso sono “coloro che si sono riscattati” e che sono “di solito quelli che meglio comprendono, aiutano e sanno chiedere agli altri. E il miglior confessore è di solito quello che si confessa meglio. Quasi tutti i grandi santi sono stati grandi peccatori o, come santa Teresina, erano consapevoli che era pura grazia preveniente il fatto di non esserlo stati”.
“Così - ribadisce Francesco - il vero recipiente della misericordia è la stessa misericordia che ciascuno ha ricevuto e gli ha ricreato il cuore, quello è l’otre nuovo di cui parla Gesù, il pozzo risanato”.
Gesù è “la misericordia del Padre fatta carne. L’immagine definitiva del ricettacolo della misericordia la troviamo attraverso le piaghe del Signore risorto, immagine dell’impronta del peccato restaurato da Dio, che non si cancella totalmente né si infetta: è una cicatrice, non una ferita purulenta. In quella sensibilità propria delle cicatrici, che ci ricordano la ferita senza molto dolore e la cura senza che ci dimentichiamo la fragilità, lì ha la sua sede la misericordia divina. Nella sensibilità di Cristo risorto che conserva le sue piaghe, non solo nei piedi e nelle mani, ma nel suo cuore che è un cuore piagato, troviamo il giusto senso del peccato e della grazia. Contemplando il cuore piagato del Signore noi ci specchiamo in Lui. Si assomigliano, il nostro cuore e il suo, per il fatto che entrambi sono piagati e risuscitati. Però sappiamo che il suo era puro amore e venne piagato perché accettò di essere vulnerato; il nostro cuore, invece, era pura piaga, che venne sanata perché accettò di essere amata. In questa accettazione si fa il ricettacolo della misericordia”.
Il Papa propone gli esempi dei santi che hanno ricevuto misericordia. Da Paolo trasformato “in modo tale che, mentre diventa un cercatore dei più lontani, di quelli di mentalità pagana, per altro verso è il più comprensivo e misericordioso verso quelli che erano come lui era stato”, a Pietro che “riceve la misericordia nella sua presunzione di uomo assennato. Pietro è stato sanato nella ferita più profonda che si può avere, quella di rinnegare l’amico… E lo hanno fatto Papa! Essere risanato proprio in quello, trasformò Pietro in un Pastore misericordioso, in una pietra solida sopra la quale si può sempre edificare, perché è pietra debole che è stata sanata, non una pietra che nella sua forza fa inciampare il più debole. Pietro è il discepolo che il Signore nel Vangelo corregge di più… è il più bastonato”. E “il segno di Pietro crocifisso a testa in giù - spiega Papa Francesco - è forse il più eloquente di questo ricettacolo di una testa dura che, per poter ricevere misericordia, si mette in basso anche mentre offre la suprema testimonianza di amore al suo Signore. Pietro non vuole concludere la sua vita dicendo: ho imparato la lezione, ma dicendo: poiché la mia testa non imparerà mai, la metto in basso. Più in alto di tutto, i piedi lavati dal Signore. Quei piedi sono per Pietro il ricettacolo attraverso il quale riceve la misericordia del suo Amico e Signore”.
Anche Giovanni viene guarito dalla sua superbia attraverso la misericordia. Così come Agostino, Francesco, Ignazio “guarito nella sua vanità”.
Francesco propone anche la figura del “Cura Brochero” che “si lasciò lavorare il cuore dalla misericordia di Dio”. Guardando al suo esempio Francesco invita a “uscire da sé stessi” poiché “è sempre una grazia”.
Tra gli esempi non può mancare Maria “recipiente semplice e perfetto, con il quale ricevere e distribuire la misericordia”. Il sì libero della Vergine alla grazie “è l’immagine opposta rispetto al peccato che condusse il figlio prodigo verso il nulla. Ella porta in sé una misericordia che è al tempo stesso molto sua, molto della nostra anima e molto ecclesiale”. Il Magnificat - ricorda il Papa - è una fotografia della misericordia di Dio e Maria sa leggerla e guardarla. “Il suo è il Magnificat di un cuore integro, non bucato, che guarda la storia e ogni persona con la sua materna misericordia”. Francesco ricorda la sua visita in Messico e la tappa presso la Vergine di Guadalupe: lì - rivela ai sacerdoti - “ho chiesto per voi che siate buoni preti, e l’ho detto tante volte”.
Francesco invita i sacerdoti a guardare come Maria ci guarda. “Ella ci insegna che l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia. Quello che la vostra gente cerca negli occhi di Maria è un grembo in cui gli uomini, sempre orfani e diseredati, vanno cercando una protezione, una casa. E questo è legato al suo modo di guardare: lo spazio che i suoi occhi aprono è quello di un grembo, non quello di un tribunale o di un consultorio professionale”. Nel caso in cui il cuore si fosse indurito - sprona il Pontefice - guardate a Maria e lei “vi purificherà lo sguardo da ogni cataratta che non lascia vedere Cristo nelle anime, vi guarirà da ogni miopia che rende fastidiosi i bisogni della gente, che sono quelli del Signore incarnato, e da ogni presbiopia che si perde i dettagli, la nota scritta in piccolo, dove si giocano le realtà importanti della vita della Chiesa e della famiglia. Lo sguardo di Maria guarisce”.
Francesco suggerisce inoltre di guadare a Maria facendo riferimento al tessuto, infatti la Vergine “osserva tessendo, vedendo come può combinare a fin di bene tutte le cose che la vostra gente le porta”. Riferendosi sempre alla Madonna di Guadalupe la cui immagine è impressa nella tilma di Juan Diego “possiamo pregare contemplando come tesse la nostra anima e la vita della Chiesa”. L’immagine non è stampata ma si è ricreata, spiega ancora il Papa. “La misericordia non ci dipinge dall’esterno una faccia da buoni, non ci fa il photoshop, ma con i medesimi fili delle nostre miserie e dei nostri peccati, intessuti con amore di Padre, ci tesse in modo tale che la nostra anima si rinnova recuperando la sua vera immagine, quella di Gesù. Siate sacerdoti capaci di imitare questa libertà di Dio, scegliendo ciò che è umile per manifestare la maestà del suo volto, e capaci di imitare questa pazienza divina nel tessere, col filo sottile dell’umanità che incontrate, quell’uomo nuovo che il vostro Paese attende. Non lasciatevi prendere dalla vana ricerca di cambiare popolo, come se l’amore di Dio non avesse abbastanza forza per cambiarlo”.
Maria - prosegue ancora il Papa - “osserva con attenzione, si dedica tutta e si coinvolge interamente con chi ha di fronte, come una madre quando è tutta occhi per il suo figlioletto che le racconta qualcosa. E anche le mamme imitano la voce del bambino per farlo parlare, si fanno piccole…Un prete che si rende impermeabile agli sguardi del popolo è chiuso in se stesso. Se non sei capace di custodire il volto dell’uomo che ti bussa alla porta non sarai capace di parlargli di Dio”.
I Vescovi devono quindi prestare attenzione ai sacerdoti. “Il mondo - avvisa Francesco - ci osserva con attenzione ma per divorarci, per trasformarci in consumatori… Tutti abbiamo bisogno di essere guardati con attenzione, con interesse gratuito”. Non manchi mai - esorta - la paternità del vescovo.
Lo sguardo di Maria, infine, è “integro, unendo tutto, il nostro passato, il presente e il futuro. Non ha uno sguardo frammentato: la misericordia sa vedere la totalità e intuisce ciò che è più necessario. Come Maria a Cana, che è capace di provare compassione anticipatamente per quello che arrecherà la mancanza di vino nella festa di nozze e chiede a Gesù che vi ponga rimedio, senza che nessuno se ne renda conto, così, l’intera nostra vita sacerdotale la possiamo vedere come anticipata dalla misericordia di Maria, che, prevedendo le nostre carenze, ha provveduto tutto quello che abbiamo. Se nella nostra vita c’è un po’ di vino buono - rileva Francesco - non è per merito nostro, ma per la sua anticipata misericordia”.
“Quando voi sacerdoti vivete momenti oscuri nel più intimo del cuore, guardate solo Maria, andate là e lasciatevi guardare da Lei, in silenzio, anche addormentandovi. In quei momenti brutti, quella sporcizia diventerà ricettacolo di misericordia. Lasciatevi guardare dalla Madonna!”
Ai sacerdoti il Papa ricorda - concludendo la sua articolata meditazione - di guardare a Maria perché in Lei “troviamo la terra promessa – il Regno della misericordia instaurato dal nostro Signore – che viene, già in questa vita, dopo ogni esilio in cui ci caccia il peccato. Presi per mano da lei, aggrappandoci al suo manto - anche Gesù si è aggrappato al manto della Madonna, nelle turbolenze spirituali bisogna aver rifugio sotto il suo manto, ricordate Sub tuum praesidium e piangere! - e sotto il suo sguardo possiamo cantare con gioia le grandezze del Signore. Possiamo dirgli: La mia anima ti canta, Signore, perché hai guardato con bontà l’umiltà e la piccolezza del tuo servo. Beato me, che sono stato perdonato! La tua misericordia, quella che hai avuto verso tutti i tuoi santi e con tutto il tuo popolo fedele, ha raggiunto anche me. Mi sono perso, inseguendo me stesso, per la superbia del mio cuore, però non ho occupato nessun trono e la mia unica gloria è che tua Madre mi prenda in braccio, mi copra con il suo manto e mi tenga vicino al suo cuore. Desidero essere amato da te come uno tra i più umili del tuo popolo, saziare con il tuo pane quelli che hanno fame di te. Ricordati Signore della tua alleanza di misericordia con i tuoi figli, i sacerdoti del tuo popolo. Che con Maria possiamo essere segno e sacramento della tua misericordia”.
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