giovedì, novembre 14, 2024 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Diplomazia pontificia, l’elezione di Trump e un possibile viaggio di Papa Francesco in Corsica

Il cardinale Parolin e il presidente eletto USA Donald Trump in una foto risalente al primo mandato di Trump

Il ritorno alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump non è stato commentato ufficialmente dalla Santa Sede, ed è normale. Le congratulazioni per un nuovo mandato arrivano ufficialmente solo al momento dell’insediamento, anche se, quando fu eletto Joe Biden nel 2020, Papa Francesco non perse tempo a fare una telefonata di congratulazioni all’allora presidente eletto, una circostanza del tutto irrituale.

Papa Francesco, però, non ha mai voluto dare chiare indicazioni politiche, sottolineando solo, di ritorno dal Belgio, che a volte si doveva votare il male minore. Al di là delle simpatie personali, la Santa Sede continuerà il dialogo bilaterale come ha sempre fatto, con tutti, ovvero enfatizzando i punti di incontro e cercando di smussare gli angoli negli ambiti politici più complicati.

Non è stato ancora annunciato, ma viene dato come altamente probabile (allo studio, come si dice in gergo) un viaggio di Papa Francesco in Corsica, ad Ajaccio. Si tratterebbe di un viaggio andata e ritorno, in un giorno, che avrebbe luogo il 15 dicembre. Papa Francesco, così, sceglierebbe di non andare a Parigi per la riapertura di Notre Dame, lasciando giustamente la scena all’arcidiocesi che è la vera protagonista, ma poi andrebbe comunque in Francia una settimana dopo.

Le conseguenze diplomatiche possono essere interessanti. C’è un forte movimento indipendentista in Corsica, e quindi creerebbe problemi la comune accezione del Santo padre che sta viaggiando in un luogo specifico, ma non nel Paese, per giustificare il mancato incontro con le autorità.

Rimanendo in Francia, si è concluso con un discorso alla Conferenza Episcopale Francese il viaggio ufficiale di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk in Francia. Il cardinale Parolin ha guardato con attenzione al Venezuela in un incontro con il candidato presidenziale Urrutia, che è stato esiliato dopo il controverso risultato delle elezioni che ha visto l’affermazione di Maduro.

                                                           FOCUS ELEZIONI USA

La Santa Sede dopo l’elezione Trump

La prima reazione della Santa Sede alla notizia della elezione di Donald Trump a 47mo presidente è stata fornita dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede. Parolin ha parlato a margine del convegno della Gregoriana #TheSpiritofGeneva: The impact of AI in International Humanitarian Law il 6 novembre.

Interpellato dai giornalisti, il cardinale ha detto di augurare al presidente Trump “tanta saggezza, perché questa è la virtù principale dei governanti secondo la Bibbia”.

In una chiosa personale, Parolin ha sottolineato che Trump “deve lavorare soprattutto per essere il presidente di tutto il Paese, quindi superare la polarizzazione che si è verificata, che si è avvertita in maniera molto netta in questo tempo”, e ha auspicato che il presidente “possa essere un elemento di distensione e pacificazione degli attuali conflitti che stanno sanguinando il mondo”.

Il Segretario di Stato vaticano ha anche auspicato che Trump dia seguito alla sua promessa di non iniziare le guerre, ma di fermarle, ma ha chiosato che “neppure lui ha la bacchetta magica”, e che “per terminare le guerre ci vuole tanta umiltà, tanta disponibilità, ci vuole davvero la ricerca degli interessi generali dell’umanità, piuttosto che concentrarsi su interessi particolari. Io me lo auguro”.

Il Cardinale ha anche detto di valutare con prudenza le possibilità di pace, di non voler commentare le paure di ucraini e palestinesi che la pace sarà fatta a loro spese, e invece chiede di vedere prima “cosa Trump proporrà dopo che si sarà insediato”.

Parolin è stato invece più netto nel commentare la promessa elettorale di Trump che quattro settimane fa, ad Aurora (Colorado) aveva evocato il ricorso all’Alien Enemies Act del 1798 promettendo “la più grande deportazione di massa di immigrati illegali latino americani”. La posizione del Papa e della Santa Sede – ha detto il Segretario di Stato – “è molto chiara in questo senso”, e che le indicazioni date dal Papa sono probabilmente “l’unica maniera per affrontare il problema e risolverlo in maniera umana”.

L’amministrazione Trump e la Santa Sede sono invece più vicini su temi come la difesa della vita e la condanna all’aborto, “temi importanti” sui quali “mettere in atto una politica comune” che “cerchi di unire i consensi” e che non diventi “una politica ancora una volta di polarizzazione e divisione”, con la speranza che il tema della difesa della vita possa “allargare il consenso”.

I rapporti tra Santa Sede e Stati Uniti – assicura il Cardinale Parolin – non cambieranno, anche perché “come sempre ci sono elementi che ci avvicinano ed elementi che forse ci differenziano, che ci distanziano” e “sarà questa l’occasione per esercitare il dialogo e per cercare di trovare insieme nuovi punti di consenso, sempre in beneficio del bene comune e della pace nel mondo”.

L’amministrazione Trump, nel 2020, aveva fortemente criticato l’accordo della Santa Sede con la Cina. L’ultimo impegno a Roma del segretario di Stato USA Mike Pompeo era stato per un convegno sulla libertà religiosa organizzato a Roma in cui sia Pompeo che il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro” vaticano per i Rapporti con gli Stati, avevano tenuto un discorso.

Nei giorni precedenti l’incontro, Pompeo aveva scritto un articolo su First Things mettendo in luce il problema delle violazioni della libertà religiosa in Cina, e Gallagher, nel suo intervento, aveva sottolineato che “non è una sorpresa che la libertà religiosa sia una delle principali preoccupazioni della Santa Sede”, ma aveva aperto anche sul fatto che le violazioni della libertà religiosa vengono anche in maniera subdola.

Parolin aveva invece parlato di un approccio negativo e positivo alla libertà religiosa, il primo che sottolinea che non ci debba essere alcuna coercizione in materia di religione, il secondo è di cambiare la mentalità dietro l’oppressione dei fedeli.

Parlando con i giornalisti il 6 novembre, il cardinale Parolin ha ricordato che “noi siamo andati comunque avanti con la Cina, abbiamo rinnovato l’Accordo per altri quattro anni. Il dialogo continua, a piccoli passi ma continua”.

Ma Parolin sottolinea anche che “l’interesse” della Santa Sede per la Cina è “essenzialmente ecclesiale”, e si deve “uscire da una concezione politica forse presente in molte valutazioni di governi e Paesi”.

                                                           FOCUS PAPA FRANCESCO

Un viaggio di Papa Francesco in Corsica?

Non ci sono conferme ufficiali, ma la voce, anche in Francia, dà per certo un viaggio di Papa Francesco in Corsica, ad Ajaccio, il prossimo 15 dicembre, in un viaggio che potrebbe protrarsi anche al 14 o al 16 dicembre (ma non sarà più lungo di due giorni).

Su invito del cardinale François Javier Bustillo, arcivescovo di Ajaccio, il Papa andrebbe a concludere un colloquio sulla religiosità popolare nel Mediterraneo organizzato dalla diocesi di Corsica, conferenza della quale non si conoscono per ora né dettagli né partecipanti, sebbene le tradizioni popolari in Corsica siano radicatissime, e negli ultimi venti anni si è assistito anche ad un rinascere delle confraternite.

(La storia continua sotto)

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Si dice che all’incontro, oltre Papa Francesco, ci potrebbero essere relatori come Jean Charles Adami, professore e priora di una confraternita, l’ex vescovo di Lourdes, un vescovo sardo, accademici.

Sarebbe la prima volta di un Papa in Corsica. Papa Francesco andrebbe a trovare una isola dalle tradizioni popolari forti, ma con una Chiesa dalla salute precaria, dove mancano sacerdoti (ce ne sono 70, di età media non bassa, e una ventina di diaconi) e dove la pratica religiosa è in declino.

E sì che nel XIX la Corsica contava non meno di cinque cardinali, tra cui il cardinale Zigliara, che fu una personalità importante durante il regno di Pio IX che lo considerava il suo successore. Corsica e Santa Sede hanno legami storici. L’isola ha fatto parte del patrimonio di San Pietro per secoli attraverso la donazione di Pipino il Breve, confermata da Carlo Magno, anche se la sua amministrazione fu delegata ai Carolingi a Pisa prima che a Genova. Il viaggio sarebbe trattato un po’ alla stregua di una visita pastorale in Italia, con Messa, incontro con il clero, e un protocollo con le autorità ridotto al minimo.

Il viaggio avrebbe luogo, così, otto giorni dopo la riapertura di Notre Dame. Papa Francesco ha deciso di non andare a Parigi per riaprire la cattedrale, nonostante l’invito del presidente francese Macron, proprio per non “rubare” la scena all’arcivescovo di Parigi e per non permettere ai politici francesi di colorare la visita con qualche dichiarazione politica.

Tuttavia, un viaggio in Corsica potrebbe anche portare altri tipi di problemi diplomatici. Nel visitare piccole realtà di grandi Paesi, Papa Francesco ha sempre usato l’interlocuzione che va nel posto specifico, e non nel Paese. Il Papa, per esempio, ha visitato il Consiglio d’Europa, non la Francia. Se, però, Papa Francesco dicesse di visitare la Corsica, e non la Francia, potrebbe dare adito al movimento indipendentista locale.

Tra i precedenti, c’è il fatto che il Cardinale Bustillo ha parlato qualche tempo fa di una possibile autonomia dell’isola, e l’attuale ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, da senatore, si disse in disaccordo con le parole del Cardinale Bustillo, il quale era intervenuto in un dibattito intorno alla preparazione di un disegno di legge costituzionale sull’autonomia della Corsica. Retailleau aveva ritenuto il possibile disegno costituzionale come una possibile “messa in discussione dell’unità della legislazione” costituzionalizzando il comunitarismo.

Il Cardinale Bustillo aveva poi chiarito che si era solo chiesto quale progetto avrebbe potuto portare l’isola all’unità, alla pacificazione e al bene della popolazione”.

Papa Francesco incontra il presidente della PACE e il presidente di World Bank

L’8 novembre, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa Theodoros Rousopoulos e il presidente del gruppo World Bank Ajay Banga.

Nessuno dei due entourage ha rilasciato comunicato sull’incontro.

Banga, tuttavia, ha concesso una intervista a Vatican News. È alla guida della Banca Mondiale da 17 mesi, e ha affermato che uno dei suoi primi obiettivi è stato “espandere la visione del Banco Mondiale per considerare le sfide interconnesse alla fragilità generalizzata, il conflitto, la violenza, la pandemia e la crisi climatica”.

Banga ha sottolineato che il Banco Mondiale è “una istituzione che ha tutte le credenziali per tornare a sostenere la creatività delle imprese”, e al momento finanzia progetti “di un valore che va dai 60 agli 80 miliardi di dollari ogni anno”, ed è l’unica istituzione che ha concesso denaro a quattro Paesi africani da quando hanno aderito alla struttura del G20.

                                                           FOCUS EUROPA

Sua Beatitudine Shevchuk a Parigi

È terminato con un denso discorso alla plenaria della Conferenza Episcopale Francese il viaggio ufficiale in Francia di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo e padre della Chiesa greco-cattolica ucraina.

Sua Beatitudine Sviatoslav era arrivato a Parigi lo scorso 28 ottobre, su invito della Conferenza Episcopale Francese. Durante la settimana, ha avuto incontri di alto livello con il presidente

Emmanuel Macron, con il ministro dell’Interno Bruno Retaillaeu e con il ministro degli Affari

Europei ed Esteri Jean-Noël Barrot, ma ha anche incontrato la comunità greco-cattolica ucraina

nella capitale in due intense celebrazioni nella cattedrale greco cattolica ucraina di San Volodymir e nella chiesa di St. Sulpice, che ha funzionato da cattedrale di Parigi in questi anni in cui Notre Dame ha rimasta chiuso.

Sua Beatitudine ha ringraziato i vescovi francesi per essere stati tra i primi vescovi europei che sono venuti a Kyiv dall’inizio della guerra e hanno anche aperto i loro cuori, case e chiese, parrocchie e monasteri a decine di migliaia di ucraini che sono stati salvati dalla guerra nel mio Paese”.

Un ringraziamento del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina è stato rivolto anche a MonsignorPascal Gollnisch, presidente dell’organizzazione L’Œuvre d’Orient e vicario dell’arcivescovo di

Parigi per le Chiese orientali, che ha dedicato un grande impegno e diversi aiuti all’Ucraina.

Ricordando l’incontro con il presidente Macron, Sua Beatitudine ha sottolineato che il presidente

francese ha chiesto il segreto della resistenza, la stabilità, il coraggio e l’indomabilità degli ucraini.

“Ho portato al presidente – racconta Beatitudine - il messaggio dei giovani ucraini, sulle cui spalle è

caduto tutto il peso di questa guerra, i giovani che oggi hanno più probabilità di essere presenti ai funerali dei loro coetanei che ai loro matrimoni. Sono i giovani ucraini che mi hanno affidato questo messaggio da trasmettere a tutti voi”.

Sua Beatitudine si è dunque descritto come “un testimone speranza”, perché “l’Ucraina è ferita, ma

non sconfitta. Stanca, ma costante e resistente”, e ha sottolineato che gli ucraini possono “resistere al male e all’odio” perché crediamo in un Dio “che rende giustizia agli oppressi” e che è “sempre dalla parte della vittima innocente”.

“Resistiamo – ha aggiunto Shevchuk - perché milioni di persone da tutto il mondo pregano

per noi e ci sostengono. Combattiamo perché il bene e la verità hanno un loro potere divino e il

male, la menzogna e la morte non avranno mai l’ultima parola. Viviamo perché non siamo soli!”

Shevchuk ha dunque ricordato le parole del generale Charles de Gaulle ai francesi all’inizio della Seconda Guerra Mondiale: “Sì, siamo catturati dalle forze nemiche: meccaniche, terrestri, aeree... Ma questo significa che le ultime parole sono già state disse? La speranza deve scomparire? Questa sconfitta è definitiva? NO! Credetemi, lo dico con cognizione di causa e vi dico che per la Francia nulla è ancora perduto! I mezzi che ci hanno sconfitto possono aiutare ad avvicinare il giorno della vittoria! Perché la Francia non è sola! Non è sola! Non è sola!”

Allo stesso modo, l’Ucraina “non è sola in questa lotta. Non è sola. Non è sola!” ha concluso SuaBeatitudine.

L’arcivescovo Eric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza Episcopale Francese, ha dato testimonianza di questa vicinanza con l’Ucraina nella sua introduzione all’intervento dell’Arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina.

De Moulins-Beaufort ha descritto l’Arcivescovo maggiore come “una voce della coscienza europea”, e ne ha ricordato i videomessaggi inviati al suo popolo, creando “una vera spiritualità di guerra”, che è “un atto di resistenza spirituale”. In particolare, il presidente guarda alla elaborazione sul tema della guerra giusta, che parte “sempre dalla resistenza non violenta per poi giustificare la sola guerra difensiva”.

Infatti, ha detto il presidente dei vescovi francesi, “siete profondamente consapevoli che la resistenza opposta dal vostro popolo all’invasione ha una dimensione e un valore principalmente spirituali”.

Non è una esperienza nuova, per la Chiesa greco-cattolica ucraina, ma questo ha permesso alla Chiesa di “attraversare gli anni terribili ed emergere pienamente costituito, finito l’inverno, pronto a servire, con vescovi, sacerdoti, monaci e monache, famiglie e fedeli”.

De Moulins-Beaufort si è soffermato anche sulla condanna dell’ideologia del “mondo russo”(“russkiy mir), descritto come “une eresia cristiana, che usa la fede in Cristo al servizio del più meschino nazionalismo.

                                                           FOCUS AMERICA LATINA

Parolin incontra il candidato presidenziale del Venezuela Urrutia

La tornata elettorale dello scorso giugno in Venezuela è ufficialmente terminata con la rielezione del presidente Nicolas Maduro. Ma sin dall’inizio, i vescovi venezuelani hanno denunciato brogli, hanno chiesto un riconteggio delle schede, hanno chiesto di riaffermare la giustizia. Intanto, il candidato presidenziale che reclama la vittoria, Edmundo González Urrutia, ha deciso di lasciare il Paese ed autoesiliarsi in Spagna, da dove ha continuato la sua attività diplomatica.

Arrivato a Roma per degli incontri, Urrutia ha anche incontrato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che tra l’altro è stato nunzio in Venezuela tra il 2009 e il 2013.  

Urrutia, pur avendo annunciato che non avrebbe lasciato il Paese, ha deciso di intraprendere la strada dell’esilio per la Spagna da cui ha ottenuto ausilio politico. L’ex presidente del governo spagnolo José Zapatero, socialista, osservatore elettorale nominato dal governo di Maduro, avrebbe avuto un ruolo decisivo nella mediazione.

I risultati elettorali in Venezuela sono stati contestati anche dai vescovi del Paese, che hanno accusato il presidente Maduro di portare un totalitarismo nel Paese. Tuttavia, non essendoci state sanzioni internazionali, l’elezione è stata considerata legittima, e la Santa Sede ha proceduto all’accreditamento del nunzio, che è Alberto Ortega Martín.

Dopo l’incontro con il Cardinale Parolin, Urrutia ha parlato di un “bilancio altamente positivo”, e che il cardinale “ci ha dato il suo appoggio e l’appoggio della Chiesa cattolica perché si rispetti la volontà espressa il 28 luglio e la sua aspirazione che tutto termini senza traumi né violenza, con una uscita che prenda un impegno con la verità riguardo quello che è successo.

                                                       FOCUS ASIA

Lo scorso 10 ottobre, nella chiesa di San Nicola di Tolentino a Roma, si è tenuta una preghiera ecumenica per i prigionieri armeni detenuti illegalmente in Azerbaijan.

La preghiera è avvenuta alla vigilia della conferenza internazionale COP 29, che tiene a Baku, in Azerbaijan, dall’11 al 22 novembre. C’è stata anche la cosiddetta COP delle religioni.

Secondo un comunicato degli organizzatori della protesta, “l’attacco militare contro la Repubblica dell’Artsakh (nel settembre-ottobre 2020), seguito dal blocco di dieci mesi del corridoio Lachin e dallo sfollamento forzato di circa 120.000 armeni dalle loro terre ancestrali nel settembre 2023, nonché la demolizione pianificata di edifici e monumenti religiosi e culturali armeni e la cattura illegale della leadership politica dell'Artsakh, continua a destare enorme preoccupazione”.

La preghiera è stata organizzata in varie parti del mondo (in Francia dall’Oeuvre d’Orient).

Corea, la Chiesa cattolica si appella contro le crescenti tensioni nella penisola coreana

In una comunicazione del 5 novembre, il Comitato Speciale per la Riconciliazione Nazionale delle Chiesa Cattolica in Corea ha diramato un appello contro le crescenti tensioni nella penisola coreana.

L’appello parla di un cielo sulla penisola coreana “sotto le nuvole di un peso senza precedenti di odio e animosità”, con molte nubi che portano “una tempesta di conflitto armato”, mentre desta preoccupazione il dislocamento di truppe nord-coreane in Ucraina.

La Chiesa coreana chiede di “rivisitare il significato della pace proclamata da Gesù”, e sottolinea che “per raggiungere una coesistenza pacifica tra Nord e Sud Corea, dovremmo evitare di usare la forza per soggiogare l’altra parte e invece cercare un modo di ristabilire la mutua fiducia”, ricordando che molte crisi sono state già superate in passato.

L’appello è rivolto prima di tutto a leader, politici e legislatori di nord e Sud Corea, ricordando che “il dovere primario di una nazione è di assicurare la fedeltà del suo popolo”, e per questo, guardando alla sofferenza delle persone, governi di Nord e Sud Corea sono chiamati a “cessare immediatamente le minacce ed esercitare ogni sforzo per de-escalare le tensioni militare”, considerando tra l’altro “fondamentale” il ruolo del nuovo presidente USA.

I vescovi si appellano anche a “tutte le persone di tutte le fedi che hanno una missione di pace e a tutti quelli che cercano il bene comune”, ricordando che le guerre causano “ancora più sofferenza ai poveri e ai vulnerabili”, mentre civili innocenti “soffrono grande dolore e difficoltà nei conflitti in Russia, Ucraina, Israele e Medio Oriente”.

La richiesta è dunque di “muoversi verso il percorso di pace per poter raggiungere vera unità e pace nella Penisola Coreana e in tutto il mondo”.

                                                           FOCUS TERRASANTA

Crisi diplomatica tra Francia e Israele per l’irruzione in un monastero

La Francia ha accusato Israele di indebolire le relazioni bilaterali dopo che due gendarmi con status diplomatico sono stati brevemente detenuti dalle forze di sicurezza israeliane nel dominio nazionale francese di Eléona, situato sul Mont des Olivets a Gerusalemme.

L'incidente è avvenuto mentre il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot era in visita al complesso amministrato dai francesi, lo scorso 7 novembre.

Secondo una fonte diplomatica, alle forze di sicurezza israeliane è stato chiesto di non entrare nel sito prima della visita del ministro francese. Di fronte al fatto compiuto, Barrot è rimasto fuori e ha sottolineato che non sarebbe entrato “nel quartiere di Eléona perché le forze di sicurezza israeliane vi sono entrate armate senza aver prima ottenuto l'autorizzazione della Francia e senza accettare di uscire".

Due gendarmi francesi responsabili della messa in sicurezza del sito della chiesa Pater Noster sono stati brevemente arrestati, hanno detto due fonti diplomatiche, aggiungendo che gli israeliani sapevano che sarebbero stati arrestati.

Il ministero degli Esteri israeliano ha affermato in un comunicato che è scoppiata una discussione tra le forze di sicurezza israeliane e i due gendarmi francesi e che questi ultimi sono stati rilasciati non appena si sono identificati.

“Questo attacco all’integrità di una zona sotto la responsabilità della Francia rischia di indebolire i legami che ho coltivato con Israele, in un momento in cui tutti abbiamo bisogno di far avanzare la regione sulla via della pace”, ha dichiarato Jean-Noël Barrot.

La diplomazia israeliana ha chiarito che ogni visita di un funzionario straniero è stata accompagnata da agenti di sicurezza israeliani e che questo punto è stato “chiarito in anticipo con l'ambasciata francese in Israele”.

La situazione a Gaza

 

La Santa Sede guarda con attenzione alla situazione di Gaza. L'ultima all'allerta dell'Integrated Food Security Phase Classification (IPC) aveva messo in guardia dal rischio di carestia a Gaza già alla fine di maggio 2024, senza una immediata cessazione delle ostilità e un accesso prolungato ai servizi essenziali della popolazione.

Ora, l'IPC sottolinea che ci sono prove ragionevoli che circa il 70 per cento della popolazione sia nella Fase 5 dell'IPC, ovvero alla catastrofe, dovuta proprio al conflitto continuo e alla difficoltà di accedere agli aiuti delle organizzazioni umanitarie.

"La soglia di carestia per l'insicurezza alimentare acuta delle famiglie è già stata ampiamente superata - si legge in un rapporto IPC - e, dati gli ultimi dati che mostrano una tendenza in forte aumento nei casi di malnutrizione acuta, è altamente probabile che anche la soglia di carestia per la malnutrizione acuta sia stata superata. Si prevede inoltre che la tendenza al rialzo della mortalità non traumatica accelererà, con il risultato che tutte le soglie di carestia saranno probabilmente superate a breve".

L'ultimo rapporto mette in luce come ormai siamo al massimo livello di allerta, e che c'è bisogno di una "risposta in giorni, non in settimane", perché il peggiore scenario "si sta verificando" e si assume che malnutrizione e fame siano già diffuse tra l'intera popolazione della Striscia di Gaza. 

Papa Francesco è sempre in contatto con il parroco di Gaza, mentre la Chiesa locale fa di tutto per aiutare la popolazione. Già a maggio, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, aveva lanciato l'allarme che a Gaza la popolazione "muore di fame". 

Israele, dal canto suo, ha sempre sottolineato di aver permesso l'accesso ai canali umanitari, e di aver sempre avvisato la popolazione. Ci si trova di fronte, tuttavia, di fronte ad uno Stato impegnato in una vera e propria guerra contro il terrorismo di Hamas, con tutto quello che ne consegue, e una popolazione che non riesce a reggere la situazione di guerra, anche perché si inserisce in un contesto di povertà laddove invece Hamas manteneva delle strutture ben organizzate.

                                                           FOCUS AMBASCIATORI

Presenta la credenziali l’ambasciatore di Panama presso la Santa Sede

Delia Cárdens Christie, ambasciatore di Panama presso la Santa Sede, ha presentato le sue lettere credenziali a Papa Francesco l’8 novembre. È un ritorno, dato che Cárdens Christie aveva ricoperto l’incarico di ambasciatore di Panama presso la Santa Sede già tra il 2009 e il 2014.

donna d’affari e imprenditrice, classe 1939, ha tre lauree ed ha avuto incarichi di ambito economico prima di essere coinvolta in incarichi di governo: serve come viceministro delle Finanze e del Tesoro dal 1989 al 1992, come ministro per la pianificazione e la politica economica dal 1992 al 1994, come sovrintendente delle Banche del Panamà dal 1999 al 2006.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

Il Cardinale Parolin, i rischi dell’intelligenza artificiale

Parlando alla Gregoriana al Convegno #TheSpiritofGeneva: The impact of AI in International Humanitarian Law lo scorso 6 novembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha ribadito una attitudine positiva nei confronti dell’intelligenza artificiale. Parolin ha affermato che “la scienza e la tecnica, lo sviluppo, di per sé sono neutri ma poi dipende dall’uomo, dalla sua intelligenza, sensibilità e coscienza di farne un uso a favore del bene, che siano strumenti di bene e non strumenti di morte e soprattutto il timore è che questi strumenti possano agire indipendentemente dall’uomo”.

La Santa Sede chiede comunque una “regolamentazione dell’intelligenza artificiale” – la proposta, lanciata lo scorso anno dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher alle Nazioni Unite nel 2023 e ripresa anche da Papa Francesco nel suo discorso al G7 in Puglia, è quella di una autorità mondiale con competenze universali sul tema dell’intelligenza artificiale.

C’è bisogno – ha notato il Segretario di Stato vaticano – di “una fiducia che però oggi manca”. Il Cardinale ha sottolineato che siamo di fronte ad un “problema morale: gli uomini si sentono o non si sentono fratelli? Viviamo in una realtà percepita come fraternità oppure ci sentiamo gli uni gli altri nemici?”

Parolin ha messo in luce lo sgretolamento della tenuta del diritto, dovuta al fatto che “c’è sempre meno fiducia tra i vari attori della comunità internazionale, e, se non c’è fiducia, anche i regolamenti, le varie normative valgono poco”, come dimostrano le continue cronache di guerra.

“La violazione del diritto internazionale umanitario – ha affermato il cardinale - è una cosa veramente, veramente drammatica… Non c’è più limite alla cattiveria e alla malvagità. Ne va del futuro dell’umanità".

La Santa Sede a New York, la lotta contro razzismo, discriminazione, xenofobia

Il 7 novembre, la Terza Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha tenuto un dibattito sulla eliminazione di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlate.

L’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite e le Organizzazioni Internazionali a New York, ha sottolineato nel suo intervento che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, in cui si riafferma che “tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti”, è costantemente messa alla prova. In particolare, ha aggiunto, “la discriminazione razziale colpisce un sesto della popolazione globale ed è un affronto alla dignità di ogni essere umano”.

La Santa Sede, ha detto l’Osservatore, guarda in particolare a tre aspetti preoccupanti.

Il primo è il razzismo affrontato da migranti e rifugiati, spesso sfruttato per scopi politici. Il secondo è la crescita dell’intolleranza e della persecuzione religiosa, laddove i governi sono chiamati a proteggere la libertà religiosa. Il terzo è la crescente presenza di razzismo e xenofobia sulle piattaforme digitali, particolarmente sui social media per i quali manca regolamentazione.

La Santa Sede sottolinea che è importante rispondere con l’educazione a queste sfide, una educazione che parte dalla famiglia e che porta così ad un cambiamento di attitudine e una volontà di dialogare in spirito di solidarietà e fraternità.

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