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Un servizio di EWTN News

Diplomazia pontificia, la Santa Sede guarda al Medio Oriente

Il Cardinale Pietro Parolin e il presidente iraniano Pezeshkian

L’elezione lo scorso 6 giugno di Massoud Pezeshkian a presidente dell’Iran al posto di Hassan Rouhani, sembrava aver aperto nuovi scenari sulla situazione iraniana. Pezeshkian, infatti, era il candidato riformista, ed era dalla presidenza Khatami che non c’era un non ultra conservatore alla guida dell’Iran.

Allo stesso modo, però, l’infuocata situazione mediorientale rende le etichette ideologiche e politiche più sfumate.

Prima di tutto, l’Iran ha un presidente, ma ha soprattutto una guida spirituale, un ayatollah, che vigila sulla stretta osservanza del codice islamico. Né i riformisti né i conservatori possono mancare di considerare la leadership dell’ayatollah Khamenei.

Inoltre, la tensione tra Iran e Israele è ai minimi storici, da quando è stato colpito sul suolo iraniano il leader di Hamas Ismail Haniyeh, ucciso lo scorso 31 luglio. Da allora, ci si aspetta una risposta, già annunciata dall’Iran su territorio israeliano, cosa che potrebbe creare una escalation nella zona.

L’Iran aveva già indirizzato verso Israele un attacco lo scorso 13 aprile, che non aveva avuto conseguenze gravi perché non solo Israele, ma anche gli altri Stati arabi della regione avevano messo in azione la contraerea. Ora potrebbe essere diverso, anche se è vero che l’Arabia Saudita sta spingendo ora per l’attuazione degli Accordi di Abramo, che porterebbero al riconoscimento dello Stato di Israele da parte dei Paesi Arabi.

Si inserisce in questo contesto la telefonata che il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha avuto con il nuovo presidente dell’Iran lo scorso 13 agosto, a due mesi dalla vittoria elettorale.

Alla vigilia di un viaggio papale a Bruxelles e Lussemburgo, che comunque non toccherà le istituzioni europee, la rete diplomatica vaticana perde il nunzio presso l’Unione Europea Noël Treanor, colpito da un infarto lo scorso 11 agosto. È il terzo nunzio presso l’UE che muore in 4 anni. Il predecessore di Treanor, l’arcivescovo Aldo Giordano, è morto il 2 dicembre 2021, dopo aver appena cominciato l’incarico che aveva eredito dall’arcivescovo Alain Lebeaupin. Questi, andato in pensione e nominato consultore della Segreteria di Stato vaticana, era morto il 23 giugno 2021 per un attacco cardiaco.  Ora, anche l’arcivescovo Treanor è morto all’improvviso, lasciando una nunziatura delicata vacante e in cerca di un diplomatico in grado di portare avanti il lavoro svolto.

                                               FOCUS IRAN

Il cardinale Parolin telefona al presidente iraniano Pezeshkian

Lo scorso 13 agosto, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha avuto una conversazione telefonica con il presidente iraniano Massoud Pezeshkian. Era il primo contatto diretto tra i due, e – secondo una nota della Sala Stampa della Santa Sede – si trattava di una telefonata di congratulazioni per l’inizio del suo mandato dello scorso 28 luglio.

Sempre la Sala Stampa della Santa Sede ha sottolineato che nel corso della telefonata “sono stati trattati temi di comune interesse”, mentre il Segretario di Stato vaticano “ha espresso la seria preoccupazione della Santa Sede per quanto sta accadendo in Medio Oriente, ribadendo la necessità di evitare in ogni modo che si allarghi il gravissimo conflitto in corso e preferendo invece il dialogo, il negoziato e la pace”.

Non è la prima volta che la Santa Sede si mette in relazione con l’Iran, e sempre chiedendo di non allargare il conflitto. Il 30 ottobre 2023, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, aveva chiamato il suo omologo di Teheran Hossein Amir-Abdollahian proprio per chiedere di evitare di allargare il conflitto e per continuare a difendere la soluzione dei due Stati – tema che, di fatto, isola l’Iran in ogni suo tentativo di non voler riconoscere o accettare l’esistenza di Israele.

Dunque, tra Santa Sede e Iran ci sono contatti frequenti, a volte più fruttuosi, altre volte più difficili. Vale la pena dunque leggere anche il comunicato della Repubblica Islamica Iraniana a seguito della telefonata del Cardinale Parolin.

Le fonti governative di Teheran sottolineano che il cardinale Parolin avrebbe chiesto alla Repubblica Islamica iraniana di astenersi dall’allargare il conflitto, dopo l’uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh nella capitale iraniana. Il presidente iraniano – secondo i canali di comunicazione ufficiali dell’Iran – avrebbe risposto che “il diritto di difendere e rispondere all'aggressore è riservato al Paese che è stato violato”.

                                                           FOCUS CINA

Il colloquio tra Zuppi e Li Hui nel comunicato della Cina

Lo scorso 14 agosto, il Cardinale Matteo Zuppi ha avuto un colloquio con il rappresentante speciale del governo cinese per gli Affari Euro-Asiatici Li Hui. La Santa Sede ha comunicato dei contenuti dell’incontro il 15 agosto, mentre il Ministero degli Affari Esteri Cinese aveva diramato un comunicato già il 14 agosto, in lingua inglese.

Le differenze tra i due comunicati possono essere rivelatrici.

Il comunicato spiega che il colloquio tra il Cardinale Zuppi e Li è avvenuto “nell’ambito della missione affidata al porporato da Papa Francesco per la pace in Ucraina e in seguito all’incontro a Pechino del settembre scorso”. Il comunicato sottolinea che “nel corso della telefonata è stata manifestata grande preoccupazione per la situazione e la necessità di favorire dialogo tra le Parti, con garanzie internazionali adeguate per una pace giusta e duratura”.

Fin qui il comunicato vaticano, che si limitava a guardare alla situazione in Ucraina.

Il tono di Pechino è ovviamente differente. Spiega prima di tutto che la telefonata è stata richiesta dal Cardinale Matteo Zuppi e non dalla Cina, e non è questione di poco conto.

Poi, Pechino sottolinea che Li ha “sottolineato che l’attuale situazione mostra l’importanza delle sei linee di comprensione proposte da Cina e Brasile”.

Il riferimento è alla proposta di pace di Cina e Brasile, diffusa lo scorso maggio, suddivisa appunto in sei punti: uno che presenta i presupposti alla pace, ovvero “nessun ampliamento dell’area di guerra, nessuna escalation dei combattimenti e nessuna provocazione da parte di nessuna delle parti”; quindi, l’organizzazione di una conferenza di pace internazionale riconosciuta sia dalla Russia e dall’Ucraina; l’incremento degli aiuti umanitari e di favorire lo scambio di prigionieri di guerra; il no alle armi di distruzione di massa e alle armi biologiche e chimiche; la condanna a strutture nucleari; e quindi la costruzione di un nuovo ordine mondiale “multipolare”.

Sempre secondo i cinesi, “Matteo Zuppi, a nome di Papa Francesco, ha ringraziato il governo cinese per i suoi incessanti sforzi nella promozione della pace ed ha espresso apprezzamento sul ruolo positivo dei sei punti per la risoluzione politica della crisi ucraina”.

(La storia continua sotto)

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Infine, “le due parti hanno avuto uno scambio di vedute sulla attuale situazione della crisi ucraina, del dialogo sui processi di pace, ed altro”.

Pechino ci tiene, dunque, a utilizzare la telefonata come un riconoscimento internazionale da parte della Santa Sede, e questo proprio nel momento in cui la questione della libertà religiosa e di espressione a Pechino sembra diventare un tema cruciale, possibilmente toccato anche nella campagna elettorale per la presidenza USA.

Il campanello di allarme sta nell’ultima parola “ed altre questioni”. Tra queste, ci potrebbe essere un range ampio di temi, dalle relazioni diplomatiche all’accordo dei vescovi. Sono temi che comunque spetterebbero alla Segreteria di Stato vaticana, che ha facilitato la comunicazione di Zuppi con la Cina, ma non la ha sollecitata. Pare si parlerà di Ucraina anche al prossimo incontro per il rinnovo dell’accordo sulla nomina dei vescovi, previsto a settembre, ma in quel caso Zuppi non dovrebbe essere presente.

Sono dettagli che fanno pensare che ci sia da una parte il Papa che spinge per andare avanti sull’accordo e una diplomazia pontificia più giustamente cauta nel gestire le relazioni con la Cina.

                                                           FOCUS UCRAINA

Una iniziativa per la pace ?

Nel corso dell’ultimo anno, il Vaticano ha ospitato alcuni colloqui per la pace in ucraina favoriti dalla Clementy Foundation, una fondazione privata che annovera tra i suoi membri Jan Figel’, già inviato speciale dell’Unione Europea per la Libertà Religiosa. 

Secondo la Fondazione, il Vaticano rappresenta un “rifugio” perché esponenti di alto livello e di buona volontà provenienti da varie nazionalità dell’emisfero Nord (USA, Europa, Federazione Russa) possano incontrarsi in libertà e discrezione - senza rischio di essere perseguitati per questo - e dialogare sulla pace, la prosperità e la sicurezza. 

L’iniziativa punta a creare una nuova architettura di pace per l’Europa prima e nel mondo dopo, ispirata dagli insegnamenti del padre dell’Unione Europea, il venerabile Robert Schuman, e dagli ideali di Alcide De Gasperi, anche lui tra i padri fondatori dell’Unione Europea.

Gli incontri hanno lo scopo di far sedere intorno a un tavolo rappresentanti di tutte le parti che possono essere coinvolte nell’applicazione di quello che viene definito come un piano Schuman 2.0. Il primo incontro ha avuto luogo il 13 aprile 2024, mentre un secondo incontro ha avuto luogo lo scorso 22 luglio.

Nel primo caso, si erano poste le basi “ideologiche” del dialogo, a partire dalla necessità di una rinnovata coesione che rendesse future guerre “impossibili”, come Schuman pensava quando fece la sua famosa dichiarazione che diede il via al processo di integrazione europeo.  

Il secondo incontro è servito per implementare l’idea, e le parti hanno organizzato il lavoro per definire lo stabilimento di una architettura di sicurezza comune e un mercato comune. Le parti hanno anche deciso di attivare progetti più piccoli e concreti di azione comune, che possano restaurare la fiducia tra le parti.

La Fondazione Clementy è stata costituita dall’imprenditore belga Pierre Louvrier, da cui è presieduta.
Tra i membri del suo board, oltre a Jan Figel’, si annoverano il banchiere Bertand Demole, co-proprietario e membro del CdA della Pictet Bank; Mick Mulvaney, già capo della Casa Bianca; Maria Grazia Ricciardi, rappresentante di una delle famiglie della Fondazione Clementy, avvocato e componente del board di diversi enti che promuovono il ruolo della donna; Asle Toje, professore di Geopolitica all’Università di Cambridge.

Parlando con ACI Stampa dell’iniziativa – che dovrebbe avere il prossimo incontro ad ottobre – Figel’ ha detto che “ NATO dovrebbe farsi promotrice di una sicurezza congiunta e interdipendente. Come i fondatori dell’Europa fecero intorno a Robert Schuman nel 1950, le radici del conflitto devono essere eliminate. ”.

Secondo Figel, c’è bisogno di “una innovazione geopolitica”, e per questo “cerchiamo di vedere vecchie idee sotto una nuova luce. Il Piano Schuman del 1950 è stata una innovazione politica senza precedenti. Per molti europei, era una utopia, per altri una provocazione. Alcuni in Francia la considerarono un tradimento”.

Tuttavia – aggiunge – “questa innovazione grande e opportuna supportata dal fermo impegno di leader nazionali maturi ha aperto a una strada vera e credibile verso una Europa pacifica, stabile e prospera”.

Figel’ ha sottolineato che l’iniziativa “conta sulla responsabilità e le decisioni dei leader nazionali, ma è orientata verso le persone e il loro interesse per la pace, la stabilità e la prosperità. I leader vanno e vengono, le nazioni restano”.

Ambasciatore Yurash, “chiedo sempre al Papa di venire in Ucraina”

Mentre gli ucraini sono impegnati nella loro offensiva in territorio russo, l’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, Andriy Yurash, ha concesso una intervista al Religion News Service, in cui ha detto che ha chiesto al Papa di visitare l’Ucraina in quasi ogni incontro, e che il Papa ha sempre risposto che l’invito formale ucraino, che ha sul tavolo, attende “per il tempo giusto”. Yurash, da parte sua, avrebbe risposto  che ogni momento che il Papa considererà tale sarà il momento appropriato, perché “porterà speranza, nuova energia, qualcosa di unico e un segno di vicinanza dalla civiltà europea, della società occidentale”.

Yurash ha anche avuto qualche nota critica riguardo la mano tesa del Papa verso il Cremlino, perché “ogni negoziato può essere possibile se hai un’altra parte, ma la Russia è sempre stata negativa, non ha risposto, non è stata cortese, non ha risposto in alcun modo”.

                                                           FOCUS UE

Morto all’improvviso il nunzio nell’Unione Europea Noël Treanor

L’arcivescovo Noël Treanor, nunzio apostolico presso l’Unione Europea, è morto all’improvviso nella mattina dell’11 agosto, stroncato da un infarto. Aveva 73 anni, ed era nunzio in UE dal 2022. È rimasto nell’incarico meno di due anni.

Irlandese, classe 1950, sacerdote dal 1976, conosceva bene i meccanismi dell’Unione Europea avendo servito dal 1993 al 2008 come segretario generale della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (la COMECE), l’organismo della Chiesa che monitora la situazione politica dell’UE e dialoga con le istituzioni europee.

Dal 2008 al 2022 era stato vescovo di Down and Connor, in Irlanda, mentre nel 2022 era stato nominato nunzio presso l’UE. Con una mossa a sorpresa, si era deciso di chiamare a servire a Bruxelles un profondo conoscitore delle istituzioni europee, sebbene non diplomatico di carriera.

La sua morte improvvisa ha lasciato “scioccato” l’arcivescovo Eamon Martin, presidente della Conferenza Episcopale di Irlanda. Questi ha raccontato in una nota di aver incontrato l’ultima volta Treanor “a giugno, quando ha parlato all'assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali europee che si è tenuta a Belgrado, in Serbia. Ha seguito da vicino le orme e lo spirito dei padri fondatori di una più stretta unità europea, tra cui il venerabile Robert Schuman che aveva onorato di recente a Luxeil les Bains in Francia”.

Martin ha poi sottolineato che “l'arcivescovo Noël ha svolto la maggior parte del suo ministero ordinato lavorando per creare relazioni positive con i paesi partner dell'Unione Europea e per aiutare a nutrire il cuore e l'anima cristiani dell'Europa. Al nostro incontro a Belgrado, i vescovi hanno riflettuto sul futuro della fede cristiana in Europa e l'acuto intelletto, l'intuizione e la leadership dell'arcivescovo Noël hanno fornito un contributo inestimabile alla nostra discussione".

Il vescovo Mariano Crociata, presidente della COMECE, ha ricordato che Treanor era “un instancabile servitore di Dio, un vero uomo di dialogo, un analizzatore accurato e un oratore eccezionalmente dotato. In Irlanda del Nord, è stato un fervente promotore della riconciliazione e della pace, agendo come un costruttore di ponti tra le comunità".

Crociata ricorda anche che la COMECE deve a Treanor buona parte del suo sviluppo.

Sarà difficile trovare un altro nunzio presso l’Unione Europea.

                                                           FOCUS AMERICA LATINA

Venezuela, il nunzio Ortega presenta la credenziali a Maduro

Nonostante i risultati elettorali siano stati contestati anche dagli alti rappresentanti della Chiesa, la rielezione di Nicolas Maduro alla guida del Venezuela, in assenza di sanzioni internazionali, è considerata legittima. E dunque la Santa Sede ha proseguito nell’accreditamento diplomatico del nunzio, l’arcivescovo Alberto Ortega Martín, che il Papa ha destinato quest’anno a Caracas dopo che la nunziatura per tre anni era rimasta sprovvista di un rappresentante.

L’arcivescovo Ortega ha consegnato le sue credenziali al presidente Maduro lo scorso 13 agosto.

Sacerdote dal 1990, nel servizio diplomatico della Santa Sede dal luglio del 1997, Ortega ha prestato servizio nelle nunziature apostoliche di Nicaragua, Sudafrica e Libano, ed è poi stato “ambasciatore del Papa”, in Giordania e Iraq (all’epoca, le due nunziature erano collegate) e in Cile.

Lo scorso 4 agosto, Papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione riguardo la situazione in Venezuela, e ha chiamato tutte le parti in causa e cercare la verità e comportarsi con moderazione per evitare la violenza.

Dopo le elezioni del 28 luglio, c’è stato un dibattito che ha portato ad una denuncia al Tribunale Superiore di Giustizia Venezuelano. Secondo i due cardinali venezuelani, il ricorso al Tribunale Superiore di Giustizia, inoltrato dallo stesso Maduro, serve a guadagnare tempo, mentre il governo continua le sue azioni.

                                                           FOCUS AFRICA

Kenya, il nunzio visita la Camera

Il 14 agosto, l’arcivescovo Hubertus Maria Van Megen ha celebrato la Messa per i legislatori cattolici nel Parlamento del Kenya, nel giorno di memoria di San Massimiliano Kolbe, e ha poi incontrato il presidente del Parlamento Moses Metan’gula. La notizia è stata condivisa su X dallo stesso presidente del Parlamento.

L’arcivescovo era accompagnato da padre Lucian Labanca, segretario della nunziatura, e da padre Patrick Ekpada, direttore dell’Istituto di Studi Religiosi e Spirituali all’Università Tanganza.

La messa settimanale per i cattolici del Parlamento è una tradizione osservata ogni mercoledì, e organizzata dall’Iniziativa di Supporto Spirituale per i Parlamentari Cattolici, programma lanciato dal Tangaza University Institute of Social Transformation.

                                                           FOCUS TERRASANTA                                        

Terrasanta, il cardinale Pizzaballa chiede preghiere

Il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha chiesto a tutti i fedeli di raccogliersi in preghiera il giorno dell’Assunta per invocare la pace.

In un appello pubblicato sul sito del Patriarcato, il cardinale Pizzaballa ricorda che, dopo molti mesi dall’inizio del conflitto, non solo la sofferenza causata da questo conflitto e lo sgomento per quanto sta avvenendo sono ancora integri, ma sembrano anzi essere continuamente alimentati da odio, rancore e disprezzo che non fanno che aumentare la violenza e allontanare la possibilità di individuare soluzioni”.

Insomma, “è sempre più difficile, infatti, immaginare una conclusione di questo conflitto, il cui impatto sulla vita delle nostre popolazioni è il più alto e doloroso di sempre”, e – ancora peggio – “è sempre più difficile trovare persone e istituzioni con le quali sia possibile dialogare di futuro e di relazioni serene. Sembriamo tutti schiacciati da questo presente impastato da così tanta violenza e, certo, anche da rabbia”.

Il cardinale ha comunque notato che in questi giorni si potrebbe dare una svolta, e che un giorno chiave potrebbe essere “il 15 agosto, che per noi è il giorno della solennità dell’Assunzione di Maria Vergine in cielo”.

Per questo, Pizzaballa ha chiesto che “prima o dopo la celebrazione dell’Eucarestia, o in un momento che si terrà opportuno, invito tutti, ad un momento di preghiera di intercessione per la pace alla Vergine Santissima Assunta in cielo. Desidero che parrocchie, comunità religiose contemplative ed apostoliche, e anche i pochi pellegrini presenti tra noi, si uniscano nel comune desiderio di pace che affidiamo alla Vergine santissima”.

Il Patriarca di Gerusalemme conclude: “Dopo avere speso tante parole, infatti, e dopo avere fatto il possibile per aiutare ed essere vicini a tutti, in particolare a quanti sono colpiti più duramente, non ci resta che pregare. Di fronte alle tante parole di odio, che vengono pronunciate troppo spesso, noi vogliamo portare la nostra preghiera, fatta di parole di riconciliazione e di pace”.

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