L’elezione lo scorso 6 giugno di Massoud Pezeshkian a presidente dell’Iran al posto di Hassan Rouhani, sembrava aver aperto nuovi scenari sulla situazione iraniana. Pezeshkian, infatti, era il candidato riformista, ed era dalla presidenza Khatami che non c’era un non ultra conservatore alla guida dell’Iran.
La Mongolia è il più grande stato del mondo senza sbocco al mare, e si trova tra due giganti come la Russia e la Cina. È un Paese oggi cruciale a livello geopolitico, osservato speciale dalla Cina anche perché quello che vi si pratica maggioritariamente è il buddhismo tibetano, preoccupato dall’ingombrante vicino russo. È da lì che Papa Francesco potrebbe far partire la nuova offensiva di pace cui pensa, cercando di creare un ponte. Addirittura, si è parlato di un possibile scalo del Papa in Russia per un incontro con il Patriarca Kirill sulla via del ritorno dalla Mongolia.
La visita che il presidente ucraino Volodomyr Zelensky fa a Papa Francesco nel pomeriggio del 13 maggio non può essere priva di significato. Zelensky ha preso una finestra libera dal suo viaggio a Berlino per essere a Roma per una serie di incontri istituzionali, e ha colto l’occasione per un incontro con il Santo Padre, il primo da quando c’è la guerra in Ucraina.
Non ci sono segnali che il Papa voglia andare a Kyiv a breve. Ci sono, però, segnali che la diplomazia del Papa guarda all’Ucraina con attenzione, tanto che in due eventi a distanza di un giorno l’uno dall’altro l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha affrontato il tema della pace nel Paese. Una pace che la Santa Sede vuole “concreta”, consapevole che questo possa non essere né quello che vuole il presidente ucraino Volodymir Zelensky, né conforme con gli obiettivi del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.