Roma, 12 June, 2024 / 2:00 PM
Il Consiglio di Sovrintendenza dello IOR cambierà presto composizione, allo scadere dei cinque anni dei suoi membri, ma di certo sarà di nuovo una composizione internazionale, rappresentativa anche dei luoghi dove la Chiesa ha una realtà finanziaria più sviluppata. Perché l’Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta “banca vaticana”, vuole portare avanti la sua missione al servizio della Chiesa, mantenendo il principio della “totale trasparenza finanziaria” che ha caratterizzato gli ultimi anni.
Lo sottolinea Jean-Baptiste de Franssu, presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR dal 2014 (quindi, da due mandati di cinque anni) in un incontro su Trasparenza e corresponsabilità nel servizio alla Chiesa, che ha avuto luogo a Roma il 4 giugno, presso la Pontificia Università della Santa Croce, sotto gli auspici della rivista OMNES e del Gruppo CASE (Corresponsabilità, Amministrazione e Sostegno Economico alla Chiesa), con la partecipazione di diversi professionisti della finanza e dei media.
De Franssu parla ad un pubblico selezionato, e la sua intenzione è quella di non pubblicizzare troppo quello che dice. Parla secondo quelle che si chiamano Chatham House Rules, e sono regole che preservano la confidenzialità dell’incontro. Si può citare ciò che si è detto ma non attribuirle a qualcuno in particolare. Tuttavia, possiamo sapere ciò che si è detto all’incontro della Santa Croce attraverso una nota della rivista OMNES, pubblicata in accordo proprio con il presidente del Consiglio di Sovrintendenza.
De Franssu, che è presidente del Consiglio di Sovrintendenza IOR dal 2014, ha rivendicato i risultati positivi della sua gestione, una rinnovata credibilità internazionale che vede lo IOR avere rapporti con 40 banche, e l’indirizzo degli investimenti verso una “dimensione di etica cristiana”, tanto che oggi “non c’è nessun investimento del Vaticano che non rispetta l’insegnamento della Chiesa”.
Inoltre, in relazione ai criteri di inversione etica più conosciuti, i cosiddetti ESG (ambientali, sociali e governance), de Franssu ha sottolineato che “in realtà si convertiti in un mezzo politico per la trasformazione della società in questioni come il gender o altre relazioni. Da questo punto di vista, non sono coerenti con i principi cristiani, e lo IOR si distanzia da loro”.
Il documento di riferimento è Mensuram Bonam, licenziato dalla Pontificia Accademia per le Scienze Sociali nel 2022 dopo una lunga gestazione – inizialmente doveva essere un documento del Dicastero per il Servzio dello Sviluppo Umano Integrale. Si tratta di una sorta di vademecum per gli investimenti che siano conformi alla dottrina cattolica, una nuova frontiera affrontata da diversi gestori e investitori negli Stati Uniti e in altri importanti ambienti finanziari.
Se ora gli investimenti sono tutti conformi a queste linee guida, c’è da dire che i profitti dello IOR si sono particolarmente ridotti negli ultimi dodici anni, passando dagli 86,6 milioni di profitti del 2012 ai 30 milioni di profitto del 2022 (su cui però non si conosce l’impatto delle compensazioni nate dai processi giudiziari), con picchi negativi nel corso degli anni di appena 16,1 milioni di utili. Dimezzato anche il TIER 1, componente primaria del capitale di una banca, che passa dall’82,40 per cento del 2019 al 46,14 per cento del 2022.
Sono tutti dati che si possono spiegare con i presunti danni provocati dalle passate gestioni? Ci sono vari processi intentati dallo IOR, che è anche stato all’origine di una segnalazione che ha portato al famoso processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Ma sarà da vedere se poi tutte queste mala gestiones dei precedenti amministratori vadano lette come parte di un atteggiamento di corruzione o incompetenza oppure come l’esecuzione di ordini superiori, considerando che poi lo IOR ha una gerarchia ben strutturata, che è non solo burocratica, ma anche ecclesiale. E, chissà, forse ci sarà in futuro anche una riforma generale sulla gestione degli investimenti da parte di tutti gli organisfmi finanziari vaticani, IOR incluso.
Di certo, de Franssu fa bene a notare i risultati positivi delle ispezioni di MONEYVAL, il comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza agli standard internazionali dei Paesi che si sottopongono alla sua mutua valutazione. Questi risultati, tuttavia, riguardano lo IOR soprattutto per le migliorie di tipo tecnico, perché la valutazione è più in generale sull’intero sistema finanziario vaticano, sulle leggi e su come queste leggi vengono sviluppate. Lo IOR, insomma, siede su un sistema ben solido, già nel 2012 veniva lodata da MONEYVAL la sua attività di screening dei conti (e questo ben prima che entrassero i costosi consulenti esterni) e ha bisogno soprattutto di lavorare sull’adeguatezza tecnica di alcune strutture.
Nel suo incontro – si legge nella nota di OMNES - De Franssu ha sottolineato che l’Istituto è di proprietà del Papa, e dunque ogni profitto va al Papa, e in questo modo lo IOR contribuisce alle finanze della Santa Sede.
Per quanto riguarda l’operatività dello IOR, il presidente ha sottolineato che ormai l’istituto può fare prestiti solo in determinate circostanze, e per ragioni istituzionali. Parole importanti, se si considera che il processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato nasce dal rifiuto dello IOR a concedere una anticipazione di denaro alla Segreteria di Stato vaticana, con l’idea che l’operazione avesse una natura opaca e che comunque lo IOR non fosse autorizzato a concedere prestiti.
De Franssu ha anche sottolineato l’importanza di gestire sempre meglio gli asset, notando che “l’istituto è stato abusato in molte occasioni e ha perso molti soldi a causa di un alto grado di incompetenza”.
In questo modo, si pone una netta discontinuità tra la gestione de Franssu e le gestioni precedenti, ma che in realtà non tengono conto nemmeno del grande lavoro della Santa Sede, a partire dagli anni Ottanta, per migliorare il suo sistema finanziario, renderlo aderente ai parametri internazionali e renderlo credibile a livello finanziario. È stato un lungo lavoro, che voleva anche dotare lo Stato di Città del Vaticano di una indipendenza gestionale e una personalità internazionale, lontana dall’ingombrante vicino italiano – e in effetti diversi problemi ci sono stati con la Banca d’Italia, più che con altre istituzioni.
Di certo, è un percorso verso la trasparenza che continua, e quella che stiamo vivendo ora è solo una tappa.
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