Il Consiglio di Sovrintendenza dello IOR cambierà presto composizione, allo scadere dei cinque anni dei suoi membri, ma di certo sarà di nuovo una composizione internazionale, rappresentativa anche dei luoghi dove la Chiesa ha una realtà finanziaria più sviluppata. Perché l’Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta “banca vaticana”, vuole portare avanti la sua missione al servizio della Chiesa, mantenendo il principio della “totale trasparenza finanziaria” che ha caratterizzato gli ultimi anni.
Immaginate che ci sia un organo di Stato cui lo Stato chiede un aiuto per risolvere un problema. E immaginate che questo organo di Stato, invece, decida non solo di dire no alla richiesta dello Stato, ma di denunciare lo Stato stesso, senza nemmeno proporre una soluzione alternativa. È quello che è successo in Vaticano, quando la Segreteria di Stato vaticana ha chiesto all’Istituto delle Opere di Religione un prestito per finalizzare l’acquisto di un immobile di lusso a Londra e così liberarsi dal peso di un mutuo oneroso e dal problema di aver dato il palazzo in gestione a un broker che si era tenuto le uniche quote con diritto di voto.