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Dalla Torre: "In nome della misericordia non si può contravvenire alla giustizia"

Si è svolto ieri il Dies academicus 2015/16 della Facoltà di Diritto canonico S. Pio X di Venezia. Ad aprire i lavori nell’auditorium del Seminario Patriarcale la prolusione del Professor Giuseppe Dalla Torre, emerito della Libera Università Maria SS. Assunta in Roma e presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, sul tema “giustizia e misericordia”.

Nel diritto canonico positivo – ha spiegato il Prof. Dalla Torre – “la misericordia sussiste, c’è già: è sufficiente osservare come quella peculiarità del diritto canonico che in dottrina viene indicata con la sua elasticità, non sia altro che la coniugazione di giustizia e misericordia. Si tratta della pretesa infinitamente più alta che, rispetto ai diritti secolari, presenta il diritto della Chiesa, nel guardare alla giustizia non come principio astratto e disincarnato, ma come risposta modellata sulla concretezza della situazione individuale. Tipici istituti canonistici quali la grazia, la dispensa, la tolleranza, il grave incomodo e, sopra a tutto, l’equità canonica, tendenti in specie ad attenuare il rigore della legge per salvare il preminente interesse spirituale del fedele, costituiscono un esempio eccellente della misericordia come iustitiae plenitudo. Il diritto canonico rifugge da una concezione della giustizia come quel legalismo che, nella bolla Misericordiae vultus, Papa Francesco giustamente condanna”.

Una seconda considerazione – ha osservato Dalla Torre – “è che la misericordia deve esserci nell’applicazione della legge canonica, sia in sede amministrativa che in sede giudiziale. Quella della salus animarum che costituisce una direttiva ineludibile, chiamata a guidare la vita giuridica nella Chiesa. Gli operatori del diritto sono chiamati ad avere sempre dinnanzi ai propri occhi questo modello. Ciò non significa che in nome della misericordia si possa contravvenire alla giustizia; esistono dei limiti invalicabili: il diritto divino, il diritto dell’altro, il bene comune della comunità ecclesiale, l’utilitas Ecclesiae. Del resto è stato convincentemente osservato che non ci possono essere atti di una virtù contrari ad altre virtù: la giustizia contraria alla misericordia, la giustizia crudele, non è in realtà giusta, come neanche la misericordia ingiusta è davvero misericordia. E tuttavia in questi casi la misericordia è chiamata ad essere presente nella benignitas, nella vicinanza, nell’accompagnamento, cioè in quella attitudine pastorale su cui tanto insiste Papa Francesco; una attitudine pastorale che inducendo il fedele a comprendere come giusto ed accettare il provvedimento che lo riguarda, rende possibile il perseguimento del suo vero bene spirituale”.

Concludendo – ha aggiunto il Presidente del Tribunale Vaticano – “la misericordia è valore soggiacente all’intero ordinamento canonico, perché è l’architrave che sorregge la vita della Chiesa. Si può azzardare di più: costituisce in definitiva la sua ragione giustificatrice. Giustizia e misericordia sono due dimensioni di un’unica realtà. Non si tratta di un dualismo ma, in realtà, di due dimensioni sussistenti in Ecclesia. Ed in quella immagine della Chiesa del diritto che deve farsi carico di tutti, ognuno con le proprie debolezze, è plasticamente raffigurata la ragione di un diritto ecclesiale chiamato ad essere stampella misericordiosa di sostegno dell’ homo viator nei sentieri accidentati della storia”.

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