Roma, 27 January, 2023 / 6:00 PM
Un testamento spirituale, l’ultimo capitolo appassionante e coerente del pensiero di Joseph Ratzinger, un vero dono per credenti e per chi cerca la verità, antidoto contro la confusione e la marea montante dell’intolleranza e dell’odio. Ecco quello che ci appare l’ultimo libro di Benedetto XVI che egli ha voluto fosse pubblicato dopo la sua morte. In 190 pagine e sei capitoli vengono raccolti testi editi e soprattutto alcuni inediti, affidati allo studioso Elio Guerriero e pubblicati anche a cura di monsignor Georg Gänswein.
Certamente è anche il libro autenticamente “ultimo” di Joseph Ratzinger. Ora sono usciti, o stanno per uscire, molti libri dedicati a lui, o che ripropongono suoi testi in raccolte antologiche che intendono illustrare la vastità del pensiero e dell’opera del Pontefice. Questo libro presenta gli scritti prodotti nell’ultimo periodo della sua vita, trascorso 'nel nascondimento'. Scrive infatti nella prefazione datata 1° maggio 2022 e firmata Benedetto XVI: "Questo volume, che raccoglie gli scritti da me composti nel monastero Mater Ecclesiae, deve essere pubblicato dopo la mia morte. La curatela l’ho affidata al dottor Elio Guerriero, che ha scritto una mia biografia in lingua italiana ed è da me conosciuto per la sua competenza teologica. Per questo gli affido volentieri questa mia ultima opera. Monastero Mater Ecclesiae 1° maggio 2022, festa di San Giuseppe"
.Chiede dunque al curatore Guerriero, da lui molto stimato, di non pubblicare niente prima della sua morte, perché no "non voglio più pubblicare nulla. La furia dei circoli a me contrari in Germania è talmente forte che l’apparizione di ogni mia parola subito provoca da parte loro un vociare assassino. Voglio risparmiare questo a me stesso e alla cristianità". Dolore e un filo tenue di ironia. Prevale però la 'letizia' nella certezza: Dio non abbandona né lui né la Chiesa né Pietro. Pensa e riflette sulla figura di san Giuseppe, il grande santo del silenzio, il suo protettore e patrono fin dalla nascita: "Quanto più divento vecchio, tanto più mi diviene chiara la figura del mio patrono", il santo di cui non è stata tramandata neanche una parola, ma la "sua capacità di ascoltare e agire", il suo silenzio "ci parla e al di là della conoscenza scientifica, vuole guidarmi alla sapienza". E nel silenzio Benedetto ha trovato forza e coraggio, una trasparenza di sguardo e una prospettiva di serenità che vengono trasmesse parola per parola. Basterebbe rileggere queste frasi: "Vedere e trovare la Chiesa viva è un compito meraviglioso che rafforza noi stessi e che sempre di nuovo ci fa essere lieti della fede. Alla fine delle mie riflessioni vorrei ringraziare Papa Francesco per tutto quello che fa per mostrarci di continuo la luce di Dio che anche oggi non è tramontata. Grazie, Santo Padre!".
Uno degli inediti è il testo scritto in occasione del centenario della nascita di Giovanni Paolo II. Benedetto Ricorda il giorno della sua morte e gli striscioni in piazza San Pietro per farlo diventare “Santo subito”. Ma aggiunge un particolare: "In vari circoli di intellettuali si era discusso della possibilità di concedere a Giovanni Paolo II l’appellativo di Magno". Benedetto XVI spiega che solo due papi sono stati appellati con “Magno”: Leone I (440-461) e Gregorio I (590-604). Leone I convinse il capo degli unni Attila a risparmiare Roma, la città degli apostoli Pietro e Paolo. Gregorio I riuscì a salvare più volte Roma dai Longobardi: "La parola Magno ha una impronta politica presso entrambi", secondo il Papa. Aggiungendo che la storia di Giovanni Paolo II è innegabilmente somigliante alla loro: "Il potere della fede si rivelò una forza che, alla fine del 1989, sconvolse il sistema di potere sovietico e permise un nuovo inizio".
I testi sono elencati con precisione dallo stesso autore. In primo luogo la lezione tenuta in occasione dell’inaugurazione dell’aula magna della pontificia università Urbaniana il 21 ottobre 2014; un testo che parla del dialogo tra la fede cristiana e le varie religioni. Si passa al tema della natura e il divenire del monoteismo. Segue un breve testo sul metodo del dialogo cristiano-islamico e il ringraziamento per il conferimento della laurea honoris causa da parte dell’Università di Cracovia; la prefazione scritta per l’edizione in russo della sua Opera Omnia. Si passa all’importante testo sul rapporto ebrei-cristiani e anche lo scambio epistolare con il rabbino Arie Folger; ecco l’intervista con padre Daniele Libanori. Seguono due testi che si occupano sacerdozio ed Eucarestia. L’articolo sul sacerdozio è stato pubblicato inizialmente nel volume del cardinal Sarah “Dal profondo del nostro cuore”, ma qui è stato rielaborato. Il quinto capitolo si occupa di questioni morali, in particolare dello scandalo degli abusi sessuali in cui è coinvolta la Chiesa. Il sesto capitolo contiene testi legati a ricorrenze storiche e si conclude con un’intervista su San Giuseppe.
La visione che emerge da queste pagine è complessa e nello stesso tempo nitida. Una visione che viene da lontano. Il giorno di Natale del 1969, l’allora professor Ratzinger, al termine di un ciclo di cinque lezioni radiofoniche, parla del futuro di una 'Chiesa della fede' con 'un piccolo gregge di credenti'. Spiega che "avremo presto preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica. Tutto sembrerà perduto, ma al momento opportuno, proprio nella fase più drammatica della crisi, la Chiesa rinascerà. Sarà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. Perché non sarà più la Chiesa di chi cerca di piacere al mondo, ma la Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione. Perché è così che opera Dio. Contro il male, resiste un piccolo gregge".
Parole che riecheggiano nella precise analisi che emergono dagli scritti presentati nel libro edito dalla Mondadori.
Le ultime riflessioni sono dedicate a san Giuseppe, alla sua umiltà e alla sua grandezza, il ricordo delle feste a lui dedicate che sin da piccolo Ratzinger ha vissuto, la sua figura sempre più presente nei giorni vissuti nel monastero, e ricorda come sia giusto pregarlo "affinché accompagni benevolmente anche noi nell’ultima ora".
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