Città del Vaticano , 21 November, 2015 / 3:00 PM
“Per Benedetto XVI, l’attenzione nei confronti della dignità della vita, già a partire dai suoi inizi fino al suo termine naturale, è la condizione necessaria affinché la vita, che per gli uomini è un bene inviolabile di cui non si può disporre a proprio piacimento, venga percepita ed accettata come un dono del Creatore. La vita, in quanto dono di Dio, ha la propria dignità e la propria inviolabilità - così afferma Benedetto in altri interventi - ed entrambe queste qualità non possono essere messe in discussione sia per chi soffre, che per chi è portatore di handicap e per chi non è ancora nato. La dignità della vita è insita nella natura umana. E da ciò emergono i diritti e i doveri dell’uomo sia nei confronti del prossimo, quando lo si incontra concretamente, sia nei confronti della società, intesa come tessuto sociale in cui si muovono gli individui”. Lo ha ricordato il Cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Gerhard Muller, nel corso di un intervento dedicato alla teologia della vita nell’opera di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI.
Il porporato tedesco ricorda che “il relativismo e il soggettivismo sono per Benedetto la causa di un pensiero secondo cui l’immoralità viene reclamata come bene morale. Nel relativismo, l’uomo viene privato dell’indisponibilità della vita nonché della propria dignità, la quale verrebbe sottomessa ai criteri della competenza umana. Si può constatare quale sia la portata delle conseguenze di una tale riduzione del valore della vita umana considerando l’esempio della famiglia e del matrimonio. Un matrimonio contratto volontariamente tra due persone, avente valore per tutta la vita, verrebbe ridotto ad una convenzione sociale e la sua essenza potrebbe essere modificata a piacimento. Concetti quali la famiglia, la cura dei figli, il rispetto per gli anziani e i malati verrebbero subordinati all’opinione prevalente e con ciò sottomessi all’arbitrio”.
“La vita è – per Papa Benedetto, prosegue il Cardinale Muller – sviluppo, approfondimento della fede e ricerca della verità. La vita vera, per l’uomo, significa vivere in modo tale affinché ci sia Dio, coscienti del fatto che è Dio che ha affidato ad ognuno di noi una missione”. “La vita nel senso vero – aggiunge ancora Muller - non la si ha in sé da soli e neppure solo da sé: essa è una relazione. E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è la sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita. Allora viviamo.”
La vita, dunque, non è isolata ma relazionale. “Vivere significa quindi partecipare della vita in Cristo e nella sua missione salvifica, che non avranno termine e sono sempre presenti. Modelli di vita quali l'individualismo della salvezza o l'auto-redenzione pelagiana si rivelano essere un cammino inaccessibile per la vita vera”. “Vivere – spiegava Papa Benedetto – significa comunità, significa impegnarsi per i poveri e i malati, dedicarsi a chi ha bisogno, rispettare la dignità e l'autonomia. ... Il momento comunitario della vita non si esaurisce in un’istituzione sociologicamente definibile quale lo Stato, bensì si realizza nell'amore e nella dedizione verso il prossimo. Vivere significa vedere Dio, che ci ha donato la libertà, decidersi a suo favore, e comportarsi secondo la natura umana. Vivere significa avere la percezione di sé nell'ambito della responsabilità che abbiamo in quanto creatura divina e accettare il proprio valore nel rapporto con Dio e con il prossimo”.
Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ricorda ancora per che per Benedetto XVI “la conoscenza di Dio e l'incontro con Dio non sono questioni teoriche, bensì prassi di vita. L'incarnazione di Gesù implica che l’obbedienza del Figlio nei confronti della volontà del Padre si sia incarnata nel mondo e in una forma di vita concreta; da allora, l’adempimento più importante della fede non è più l’ascoltare, bensì l’Incarnazione. La teologia della Parola diventa teologia dell’Incarnazione”.
“La Teologia della vita – prosegue Muller – nel pensiero di Ratzinger va compresa sullo sfondo della sua teologia della Creazione. Così come per San Bonaventura, anche per Benedetto XVI la fede viene vissuta nell’ambito della rivendicazione della salvezza universale, non appena l’uomo riconosce che tutto ciò che esiste viene dal Dio Creatore. Se però la vita nella fede viene ridotta al sentimento soggettivo dell’interiorità, così che ognuno possa provare e pensare ciò che vuole e ciò di cui ha piacere, la spiritualità cristiana si distacca dal mondo oggettivo della materia. La vita di fede in tal caso viene assegnata alla sfera meramente personale e pare quindi essere ridotta ad un temporeggiare o un’alienazione della sopravvivenza umana. La fede biblica è tutt’altro. on si può ridurre Dio alla mera interiorità soggettiva, come se non fosse realtà, mentre il mondo della materia obbedisce a leggi proprie e differenti”.
Il maestro di vita è Dio che – conclude Muller – “non si accosta al percorso di vita dell’uomo solo dall’esterno. Vivere significa appunto anche prendere decisioni all’interno di se stessi e lciarsi condurre da Dio”.
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