Città del Vaticano , 22 October, 2015 / 10:30 AM
Mieczysław Mokrzycki è l' Arcivescovo metropolita di Leopoli Presidente della Conferenza Episcopale dell'Ucraina, e per questo è uno dei Padri Sinodali. Ma molti lo ricordano come don Mietek, come figlio affettuoso al fianco di Giovanni Paolo II negli ultimi anni della sua vita.
ACI Stampa lo ha incontrato in esclusiva per ricordare il grande Papa santo nel giorno della festa liturgica, e per parlare del Sinodo sulla famiglia.
Eccellenza una giornata come quella di oggi il 22 ottobre, festa di San Giovanni Paolo II, è una giornata particolare per Lei personalmente e la Chiesa universale. Difficile dire spiegare cosa sente, ma ci possiamo provare?
É stata una grande gioia per noi, e non intendo solo il popolo polacco, ma per tutta la Chiesa intera, pensare a qual giorno della elezione di Giovanni Paolo II che dopo la sua elezione ha conquistato tutto il mondo, ma in modo particolare gli italiani, perché ha detto quelle belle e famose parole: “Non so se posso bene spiegarmi nella vostra... nostra lingua italiana. Se mi sbaglio mi corrigerete.” E da allora i bambini di tutta Italia quando lo incontravano dicevano: Lei ci chiedeva di correggerlo, allora si dice corregerete!
É stato un giorno speciale per tutta la Chiesa e lo abbiamo visto poi per tutto il suo lungo pontificato, è stato un uomo straordinario.
Cosa significa vivere con un santo? È più la gioia o l’impegno?
Tutte e due le cose: gioia e fatica, perché Giovanni Paolo II era un uomo molto duro con se stesso e con gli altri. Lavoravamo molto e faceva lavorare molto gli altri. E così anche per questo abbiamo visto che il suo pontifica è stato molto interessante e molto ricco.
Cosa Le ha insegnato come vescovo, come pastore, che sia utile oggi per la Sua missione?
Il Santo Padre non era soltanto il capo della Chiesa universale, non soltanto capo dello Stato del Vaticano, ma soprattutto il Pastore, il vescovo della diocesi di Roma, e questo lo ha sottolineato molto durante il suo pontificato, ha voluto visitare tutte le parrocchie della diocesi. E alla fine quando abbiamo visto che lo faceva con tanta fatica e non poteva più andare a visitare le parrocchie, erano rimaste una ventina di parrocchie e lui le voleva incontrare lo stesso e allora ha invitato tutte le parrocchie che non aveva ancor visitato in Aula Paolo VI. E abbiamo visto che i romani erano molto grati di questo grande gesto di amore, perché hanno visto che il Papa non li ha trascurati, non li ha dimenticati, e se anche lui non aveva potuto andare, li ha invitati a casa sua. E così anche per me
È stato un grande pastore. Ho potuto imparare da lui una visione della vita pastorale, della preoccupazione a tutti i livelli, di amore verso il prossimo, di carità e per portare la gente alla salvezza. I grandi, i poveri, i piccoli, ho visto come con grande amore lui abbracciava proprio ogni uomo.
Del magistero di Giovanni Paolo II una grande parte è dedicata alla famiglia. Lei è impegnato in questi giorni nel Sinodo sulla famiglia, come entra questo magistero nel dibattito sinodale?
Durante il pontificato di Giovanni Paolo II, soprattutto negli anni in cui io sono stato con lui, il Papa non parlava molto della sua famiglia. Parlava a volte del suo papà, a volte di sua sorella che ha perso da bambina e di suo fratello medico che è morto giovane. Ma lui ha fatto vedere che intorno a se c’era una grande famiglia di amici, una grande famiglia della Chiesa. E poi ho visto che negli anni che sono stato con lui venivano a trovarlo tante famiglie da diverse parti del mondo, dalla Polonia, dall’Italia, dagli Stati Uniti. Lui aveva la capacità di mantenere contatti con tanta gente,c on tante famiglie e non solo cristiane. Anche e sopratutto con tante famiglie ebree. E in questo ho visto l’importanza del contatto con la famiglia, e come il Papa sottolineava il ruolo della famiglia nella vita della Chiesa nella vita della società.
Fin dall’inizio del suo pontificato ha dato molta importanza al grade ruolo della famiglia ha dedicato un ciclo di catechesi dell’udienza del mercoledì proprio al passo della Genesi che dice: maschio e femmina li creò. E poi c’è la lettera apostolica alla famiglia, la Familiaris consortio. Lui era molto impegnato nello sviluppare questo tema e stare vicino alla famiglia, per sottolineare la grande importanza della famiglia nella vita quotidiana, e la necessità di stare vicino alla famiglia per vivere meglio la vocazione di ognuno. Perché ogni uomo ha la sua vocazione, ad essere suora, prete, medico. Ma essere famiglia è una grande bella ma anche impegnativa vocazione che richiede responsabilità, anche difficile da realizzare. E per questo Giovanni Paolo II voleva aiutare a crescere in questa vocazione.
A 10 anni dal momento in cui Giovanni Paolo II ci ha lasciato, come è oggi la sua eredità?
L’insegnamento del magistero della Chiesa e di Giovanni Paolo II è sempre attuale. Certo è cambiata un po’ la società, perché cambia la cultura, cambiano le circostanze. Anche durante questo Sinodo i vescovi hanno portato diversi problemi e diverse difficoltà della famiglia. Alcuni volevano essere un po’ “progressisti” e portare la comunione ai divorziati risposati, ma molti vescovi hanno ricordato il grande insegnamento di Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI che si sono espressi chiaramente, che sarebbe contro la dottrina della Chiesa, contro il sacramento dell’Eucaristia, della penitenza, della grazia. Certo l’insegnamento di Giovanni Paolo II era forse molto esigente, ma reale. Se vogliamo aggiungere valore alla nostra fede dobbiamo sopportare qualche difficoltà, perché solo così siamo fedeli all’insegnamento di Gesù Cristo.
Cosa porta nella sua diocesi dell’esperienza del Sinodo?
Per me è stata una grande esperienza perché ho potuto sentire testimonianze e la visione della vita e della Chiesa in tutto il mondo nei diversi continenti. Ma voglio dire soprattuto che tutti noi vescovi siamo molto vicini alle famiglie, vogliamo aiutare le persone a crescere nella vocazione di essere un matrimonio, una famiglia. E sappiamo che è molto bella questa vocazione, molto importante, ma vogliamo anche aiutare la famiglia a realizzare la sua vocazione e il suo impegno.
(La storia continua sotto)
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