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La Beatificazione di Rosario Livatino. Il primo magistrato beato nella storia della Chiesa

E' beato Rosario Livatino, il giudice ragazzino ucciso dalla mafia. E' il primo magistrato beato nella storia della chiesa. Oggi, domenica 9 maggio, alle 10, grande commozione nella Cattedrale di Agrigento, dove ha avuto luogo la Santa Messa con la cerimonia di beatificazione presieduta dal Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi. La festa del Beato sarà il 29 ottobre. 

Il 22 dicembre scorso Papa Francesco aveva autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce il martirio "in odio alla fede" di Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990.  

Il Cardinale Marcello Semeraro, alla presenza di vescovi e sacerdoti provenienti dalle varie diocesi, ha dato subito lettura della disposizione di Papa Francesco: “Accogliendo il desiderio del cardinale Francesco Montenegro, e di molti altri fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, concediamo che il venerabile Rosario Livatino, laico e martire che nel servizi della giustizia fu testimone credibile del Vangelo, d’ora in poi possa chiamarsi beato”.

La data di oggi non è stata scelta a caso. Era il 9 maggio del 1993 quando San Giovanni Paolo II ad Agrigento pronunciò la sua famosa “invettiva” contro la mafia: "Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio".

Livatino era un “ragazzino” che a soli ventisette anni ricoprì l’incarico di sostituto procuratore della Repubblica al Palazzo di Giustizia di Agrigento. La sua esistenza non si snodò, solo sul crinale della storia, ma sopratutto coinvolse quello della fede. Guardando la vita del giudice Livatino ci si trova di fronte ad un coerente testimone del Vangelo.

Sul sito dell’Arcidiocesi di Agrigento, è disponibile il libretto con il testo della celebrazione della beatificazione dove viene anche tracciato il profilo del giudice ragazzino che oggi diverrà beato.

Concelebranti il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano arcivescovo coadiutore, monsignor Salvatore Gristina presidente della Conferenza Episcopale Siciliana e monsignor Vincenzo Bertolone, Postulatore, arcivescovo di Catanzaro- Squillace.

Il Cardinale Semeraro nell'omelia della Messa di Beatificazione commenta: "La consapevolezza cristiana di un amore che ci raggiunge da primadella creazione del mondo, mediante il suo Figlio entra nella storia. Questa consapevolezza vince la cattiveria e la morte. Io ho amato voi, rimanete nel mio amore. Ecco l'origine di tutte le nostre opere buone, questo è il segreto della Santità, rimanere nell'amore di Cristo".

"Rosario Livatino si è collocato come un bambino svezzato in braccio a sua madre. Mi piace pensare cosi al senso di quelle lettere, Sub Tutela Dei. Il beato scriveva queste parole scriveva in pagine particolari e qualche volta l'ha scritto soovrastato dal segno della croce. I giusti si pongono sotto la croce - dice ancora il Cardinale Prefetto nell'omelia - Cioè sotto la tutela della protezione di Dio. Ed è questo che è accaduto a Livatino, è morto perdonando come Gesù i suoi uccisori. Nelle sue parole risentiamo il lamento di Dio. Il pianto del giusto che la liturgia del Venerdi santo pone sulle labbra di Gesù Crocifisso. Ma questo lamento non è un rimprovero, è un invito sofferto a riflettere sulle proprie azione e a convertirsi".

Poi il Cardinale Semeraro invita tutti a riflettere su una parola in particolare, la credibilità. "C'è una parola di Rosario su cui vorrei riflettere e possa aiutarci a comprendere non soltanto la sua vita ama anche la sua santità e il suo martirio - sottolinea il Cardinale - una parola sul ruolo del giudice in una società che cambia. L'indipendenza del giudice è nella sua credibilità che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni e in ogni momento dele sue attività. La parola è credibilità. E' Gesù l'uomo credibile ed è credibile non soltanto perchè predicava ma perchè agiva coerentemente. Quella del Signore era una vita trasparente limpida, una vita affidabile. E' proprio la credibilità la condizione posta da Gesù per essere suoi amici. La giustizia sostenuta dalla credibilità, perchè per la giustizia ci si spende. La credibilità è lo specchio della giustizia. Perchè la credibilità e la giustizia o stanno insieme o cadono insieme. L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri. Il nostro beato lo fu nel martirio, la sua morte non è solo un sacrificio ed è anche più dell'uccisione di un magistrato cattolico. Livatino è il testimone della giustizia del Regno di Dio. Seppure dunque Livatino è un eroe dello Stato e della legalità è anche martire di Cristo. La chiesa noi qui ad Agrigento lo onora come martire".

Alla cerimonia, come reliquia, è presente la camicia di Rosario Livatino, una piccola camicia ingrigita dal sangue rappreso, che compare dentro una teca trasparente.

Nei saluti finali l'arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, commenta: "È il primo giudice proclamato martire a motivo della fede professata e testimoniata fino all’effusione del sangue. La Sicilia ancora soffre per la mentalità mafiosa, faccia tesoro della lezione di Livatino".

Ieri sera, nella chiesa di san Domenico a Canicattì, la parrocchia della famiglia Livatino, frequentata anche da Rosario, l’arcivescovo coadiutore di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano, aveva presieduto la veglia in attesa della beatificazione.

 pezzo aggiornato alle ore 11.30 con il saluto dell'Arcivescovo di Agrigento

 

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