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Un servizio di EWTN News

Papa Francesco, il cristiano non vivacchia nel passato ma sa vedere il domani

“Per noi cristiani, il futuro ha un nome e questo nome è speranza. La speranza è la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere il domani. Per noi cristiani, cosa significa il domani? È la vita redenta, la gioia del dono dell’incontro con l’Amore trinitario. In questo senso, essere Chiesa significa avere lo sguardo e il cuore creativi e orientati escatologicamente senza cedere alla tentazione della nostalgia, che è una vera e propria patologia spirituale”.

Lo ha detto Papa Francesco nel Videomessaggio che ha inviato per l’apertura dei lavori, ai partecipanti alla decima edizione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, in corso a Verona dal 26 al 29 novembre 2020, sul tema “Memoria del futuro”.

Il Papa ha ricordato don Adriano Vincenzi ideatore ed animatore del Festival che è scomparso lo scorso febbraio.

Il Papa cita Vjačeslav Ivanovič Ivanov e la sua affermazione per cui  solo ciò che Dio ricorda esiste veramente. “Ecco perché la dinamica dei cristiani non è quella del trattenere nostalgicamente il passato, quanto piuttosto di accedere alla memoria eterna del Padre; e questo è possibile vivendo una vita di carità. Dunque, non la nostalgia, che blocca la creatività e ci rende persone rigide e ideologiche anche nell’ambito sociale, politico ed ecclesiale; piuttosto, la memoria, così intrinsecamente legata all’amore e all’esperienza, che diventa una delle dimensioni più profonde della persona umana”.

Come cristiani battezzati siamo chiamati “a realizzare la vita nella comunione con Dio, ovvero nell’intimità della preghiera alla presenza del Signore, nell’amore verso le persone che incontriamo, ovvero nella carità, e infine nei confronti della madre terra, ciò che indica un processo di trasfigurazione del mondo. E la Vita ricevuta in dono è la stessa vita di Cristo, e noi non possiamo vivere da credenti nel mondo se non manifestando proprio la sua stessa vita in noi. Innestati nella vita dell’Amore trinitario diventiamo capaci di memoria, della memoria di Dio. E solo ciò che è amore non cade nell’oblio, proprio perché trova la propria ragione d’essere nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo senso, tutta la nostra vita dev’essere in qualche modo una liturgia, una anamnesis, una memoria eterna della Pasqua di Cristo”.

Non dobbiamo cedere alla tentazione della utopia e “ridurre l’annuncio del Vangelo nel semplice orizzonte sociologico o di farci ingaggiare nel “marketing” delle varie teorie economiche o fazioni politiche. Nel mondo con la forza e la creatività della vita di Dio in noi: così sapremo affascinare il cuore e lo sguardo delle persone al Vangelo di Gesù, aiuteremo a far fecondare progetti di nuova economia inclusiva e di politica capace di amore.”

Infine un invito al mondo degli imprenditori, dei professionisti, agli esponenti del mondo istituzionale, della cooperazione, dell’economia e della cultura: “continuate a impegnarvi seguendo la strada che don Adriano Vincenzi ha tracciato con voi per la conoscenza e la formazione alla dottrina sociale della Chiesa. Costruttori di ponti: coloro che qui si incontrano non trovino muri ma volti…”

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