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Papa Francesco: “Migranti e sfollati non sono numeri, sono persone”

La conferenza stampa di presentazione del Messaggio per la Giornata Mondiale dei Rifugiati

Persone, non numeri. Papa Francesco lo dice spesso, parlando di migranti e rifugiati, tema così centrale nel suo pontificato che ha voluto creare una specifica sezione dedicata nella Curia, guidarla personalmente e creare cardinale uno dei sottosegretari. E sono persone, non numeri, anche gli sfollati interni, costretti a lasciare le loro case, ma non la loro nazione, e per questo invisibili, senza nemmeno la possibilità di ottenere lo status di rifugiati. A loro, Papa Francesco dedica il messaggio per la 106esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si tiene il prossimo 27 settembre.

Il tema del messaggio di quest'anno è "Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni". Il Cardinale Michael Czerny sottolinea che “questi messaggi, che sono radicati in più di un secolo di tradizione, arricchiscono il magistero di Papa Francesco per i più vulnerabili nella società”.

Già la sezione Migranti e Rifugiati aveva dedicato al tema degli Orientamenti Pastorali che fanno da linea guida per l’azione della Santa Sede e delle chiese locali. Ora, il messaggio del Papa, che pone ancora più luce sul fenomeno, senza dimenticare quanti sono stati marginalizzati a causa del COVID 19, che entra così nel tema del messaggio come un esempio e un monito.

“Nel suo Messaggio – sostiene padre Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifufiati - il Santo Padre ha voluto offrirci diversi spunti di riflessione per aiutarci a contestualizzare le sue raccomandazioni nello scenario di crisi in cui ci troviamo a vivere a causa della pandemia COVID-19”.

Papa Francesco sottolinea che “le persone sfollate ci offrono l’opportunità di incontro con il Signore” e per questo delinea per loro sei coppie di verbi.

Prima di tutto, “conoscere per comprendere”, perché migranti e sfollati “non sono numeri, sono persone”, e “se le incontriamo arriveremo a conoscerle” fino a comprendere che “quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante nella vita degli sfollati”.

Quindi, farsi prossimo per servire. Papa Francesco chiede di lasciare da parte i pregiudizi, e di avvicinarsi al prossimo, disposti a correre dei rischi.

Papa Francesco poi chiede di “ascoltare per riconciliarci”. La pandemia ha riempito le nostre strada – dice il Papa - di “un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia”.

Quindi, condividere per crescere, perché “la pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo”

Papa Francesco poi invita a coinvolgere per promuovere. “A volte – scrive

- lo slancio di servire gli altri ci impedisce di vedere le loro ricchezze. Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza, dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto”. In fondo, “la pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti – anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi”.

Infine, Papa Francesco invita a “collaborare per costruire”, dato che “costruire il Regno di Dio è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni”.

I numeri del fenomeno sono forniti in conferenza stampa da Amaya Varcacel, del Jesuit Refugee Service. Nel suo intervento, fa una disamina che va dalla Siria, dove 10 anni di conflitto hanno creato 6,5 milioni di sfollati, al Myanmar, dove se ne contano 450 mila, e in particolare nelle zone di Rakhine e Chin; dal Venezuela, dove la situazione ha portato "al più grande esodo della storia dell'America Latina" con quasi 5 milioni di sfollati, alla Colombia, che conta 5,5 milioni di sfollati a causa della "guerra" contro i cartelli; fino alla Repubblica Democratica del Congo, che conta 5,5 milioni di sfollati. 

 

Papa Francesco conclude il messaggio con una preghiera a San Giuseppe, che ha dovuto portare la sua famiglia in Egitto.

“Padre – si legge nella preghiera - Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi. Concedi anche a noi di sperimentare la sua protezione e il suo aiuto. Lui, che ha provato la sofferenza di chi fugge a causa dell’odio dei potenti, fa’ che possa confortare e proteggere tutti quei fratelli e quelle sorelle che, spinti dalle guerre, dalla povertà e dalle necessità, lasciano la loro casa e la loro terra per mettersi in cammino come profughi verso luoghi più sicuri. Aiutali, per la sua intercessione, ad avere la forza di andare avanti, il conforto nella tristezza, il coraggio nella prova. Dona a chi li accoglie un po’ della tenerezza di questo padre giusto e saggio, che ha amato Gesù come un vero figlio e ha sorretto Maria lungo il cammino. Egli, che guadagnava il pane col lavoro delle sue mani, possa provvedere a coloro a cui la vita ha tolto tutto, e dare loro la dignità di un lavoro e la serenità di una casa. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, tuo Figlio, che San Giuseppe salvò fuggendo in Egitto, e per intercessione della Vergine Maria, che egli amò da sposo fedele secondo la tua volontà. Amen".

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