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Un servizio di EWTN News

Eutanasia: il caso dei Fratelli della Carità e il silenzio dei vescovi belgi

L'insegna del quartier generale dei Fratelli della Carità in Belgio

Non c’è stata nessuna possibilità di ricucire lo strappo tra la Congregazione religiosa dei Fratelli della Carità e l’Organizzazione Fratelli della Carità: i primi, determinati a non ammettere nemmeno la possibilità di eutanasia nei loro ospedali; i secondi, che quegli ospedali li gestiscono, non disposti a recedere dalle loro linee guida che consideravano l’eutanasia un “atto medico” in determinate circostanze. Per queste ragioni, la Congregazione della Dottrina della Fede ha deciso che gli ospedali dei Fratelli della Carità in Belgio non vengano più considerati cattolici. La Conferenza Episcopale Belga ha invece deciso di rimanere in silenzio*. Ed è un silenzio carico di significati.

Una dichiarazione ufficiale sul tema da parte della Conferenza Episcopale Belga era attesa per il 6 maggio. Tuttavia, la dichiarazione non è mai stata pubblicata. Fonti interne alla Conferenza Episcopale hanno spiegato ad ACI Stampa che una dichiarazione era stata preparata, ma si è deciso per il momento di non pubblicare.

L’attesa pare sia dovuta al fatto che, nonostante la ferma posizione della Congregazione della Dottrina della Fede e della Congregazione dei Fratelli della Carità, i vescovi belgi abbiano piuttosto deciso di sostenere l’esigenza di un ulteriore dialogo con l’Organizzazione Fratelli della Carità, che tre anni fa ha approvato le controverse linee guida pro-eutanasia negli ospedali.

Se questo fosse vero, i vescovi belgi mostrerebbero perlomeno una dissonanza di vedute con la Congregazione per la Dottrina della Fede. Questa, infatti, ha stabilito che non è stato possibile nessun dialogo, e ha definito inaccettabile l’eutanasia in una istituzione cattolica.

Il silenzio dei vescovi potrebbe, anche indirettamente, supportare l’Organizzazione Fratelli della Carità. L’organizzazione continuerebbe secondo la sua attuale politica, e starebbe pensando di cambiare semplicemente la denominazione degli ospedali: da ospedali di ispirazione cattolica a ospedali di ispirazione cristiana.

Ma come è possibile che un gruppo di ospedali cattolici siano arrivati ad ammettere la possibilità dell’eutanasia nelle loro strutture?

In Belgio non esiste alcun accordo Chiesa – Stato, e nessuna struttura canonica può essere riconosciuta come tale. Per operare con le loro strutture, le congregazioni religiose devono stabilire organizzazioni di legge civile, e la scelta ricade quasi sempre sulla costituzione di associazioni non profit, in Belgio conosciute con la sigla VZW (in fiammingo) o ASBL (in francese).

I Fratelli della Carità, che nascono come congregazione religiosa di fratelli (non sacerdoti) dedicati alla cura professionale delle persone, con una particolare specializzazione per i malati psichiatrici. In Belgio, gestiscono 12 ospedali, nonché diverse scuole e centri per gli anziani, dando lavoro a circa 13 mila persone.

Tra le varie “VZW” dei Fratelli della Carità in Belgio, la VZW Fratelli della Carità è quella che detiene le proprietà degli edifici che appartengono alla Congregazione. Tra questi, gli edifici degli ospedali, ma anche quelli delle scuole e delle case di riposo.

La gestione delle scuole e degli ospedali è invece in mano alla VZW Organizzazione Fratelli della Carità. Sono loro che hanno approvato le controverse linee pro-eutanasia, portando a quest’ultima frattura.

Quindi, c’è la fondazione privata Comunità dei Fratelli della Carità, che possiede ora i beni della comunità religiosa.

La rappresentanza dei religiosi nei board di queste associazioni è minima. Basti pensare che il board che ha votato a favore delle linee guida pro eutanasia aveva solo quattro religiosi su 15 membri

Fratel Stockman ha sempre sostenuto la non ammissibilità dell’eutanasia nelle loro strutture, e ha accolto la decisione della Congregazione della Dottrina della Fede senza riserve. Se gli ospedali non sono più cattolici, allora i religiosi non avranno niente a che fare con la gestione.

La questione, però, non sarà così semplice. Rik Torfs, un canonista che ha cercato una mediazione tra la Organizzazione Fratelli della Carità e i Religiosi, ha sottolineato che “ora la discussione riguarda l’uso del titolo ‘Fratelli della carità’ e la proprietà dei beni”.

Non sarà una discussione semplice. Raf De Rycke, presidente dell’Organizzazione Fratelli della Carità, ha dichiarato lo scorso 5 maggio che è sua intenzione continuare a lavorare con lo stesso nome, la stessa missione e la stessa visione”.

In un comunicato ufficiale comparso sul loro sito internet, l’Organizzazione Fratelli della Carità accusano Fratel Stockman di abusare del tema dell’eutanasia “all’interno di un conflitto più ampio e di più lunga durata tra il governo generale e la regione belga della Congregazione Fratelli della Carità sull’uso dei beni della Congregazione dell’Organizzazione Fratelli della Carità in Belgio”.

Tra le linee, l’Organizzazione accusa Fratel Stockman di voler destinare più soldi alle missioni dei Fratelli della Carità in Africa ed Asia, mentre loro vorrebbero tenere i fondi in Belgio.

Da notare che le vocazioni sono praticamente assenti in Belgio, dove la maggior parte dei membri dei Fratelli della Carità sono ultraottantenni, mentre quelli ancora attivi non sono certo giovani. Al contrario, nel Terzo Mondo si assiste ad una crescita di vocazioni: lo scorso febbraio, Fratel Stockman ha accolto 27 novizi a Nairobi, in Nigeria.

L’Organizzazione Fratelli della Carità riduce quindi tutto ad una mera diatriba economica, e sottolinea che “non vediamo la necessità di adeguare le nostre operazioni dopo questa lettera (della Congregazione della Dottrina della Fede) perché siamo convinti che stiamo agendo correttamente”.

La storia era cominciata nel 2017, quando l’Organizzazione Fratelli della Carità aveva pubblicato delle linee guida in cui si leggeva che “in caso in cui si riscontrino alcune necessità di cura, il dottore e il paziente possono scegliere il posto dove si possa somministrare l’eutanasia, prendendo in considerazione il contesto, incluso l’impatto sui pazienti”.

“Laddove – riportavano ancora le linee guida - fino ad ora si è atteso che il medico destinasse il paziente ad un altro luogo dove l’eutanasia fosse possibile, questa richiesta non si può più applicare quando le necessità siano rispettate ed applicate”.

Posizione inaccettabile, per Fratel Stockman, che subito aveva reso nota la situazione alla Santa Sede. Questa ha anche mandato un visitatore apostolico, nella persona del vescovo Jan Hendricks, ausiliare di Amsterdam, ma anche i suoi tentativi di dialogo sono andati a vuoto.

Nel frattempo, la legge sull’eutanasia in Belgio è ulteriormente cambiata. La nuova legge, approvata all’inizio di quest’anno, proibisce clausole contrattuali o altri tipo di accordi per cui le istituzioni possano proibire ai dottori che lavorano con loro di praticare l’eutanasia (nelle condizioni previste dalla legge). Un dottore o una infermiera hanno comunque il diritto individuale di coscienza di rifiutare di praticare l’eutanasia o partecipare ad una eutanasia.

Da notare che l’Organizzazione Fratelli della Carità già si è attivata in tal senso, avviando la struttura “Reakiro”, parola esperanto che significa recupero. La struttura, si legge nella presentazione ufficiale, ha l’obiettivo di fornire informazioni in un ambiente accogliente per accompagnare le persone “nella loro ricerca tra la vita e la morte, tra l’insopportabilità della sofferenza e l’impossibilità di speranza e guarigione”.

(La storia continua sotto)

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Reakiro non pratica l’eutanasia, ma ha l’obiettivo di “aiutare le persone che vogliono l’eutanasia per scoprire che forse qualcosa di più può essere fatto”, con “rispetto per la scelta finale dell’ospite”.

Di fatto, non si sa come sarà definito il futuro. Naturalmente, la situazione crea un pericoloso precedente.

In Belgio, le istituzioni cattoliche sono tutte appoggiate a società non profit. La decisione della Congregazione della Dottrina della Fede, l’impossibilità per i Fratelli della Carità di effettuare sanzioni, il silenzio dei vescovi sul tema lascia una finestra aperta per tutti. Nessuno vieta che in futuro altre strutture sanitarie arrivino a permettere l’eutanasia nei loro ospedali. E, nel caso perdano la possibilità di definirsi cattolici, possono semplicemente definirsi cristiani, senza però dover fermare la pratica. È un tema su cui riflettere.

aggiornamento 

*Nella giornata di oggi è comparso, sul sito della Conferenza Episcopale Belga, un comunicato stampa riguardante la situazione dei Fratelli della Carità. Lo riporto di seguito: 

"Il Nunzio Apostolico ha consegnato al Presidente della Conferenza Episcopale Belga una copia della lettera scritta il 30 marzo 2020 dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede al Superiore Generale dei Fratelli della Carità. Il prefetto conclude che le discussioni sull'eutanasia con le istituzioni assistenziali dei Fratelli della Carità in Belgio non sono riuscite a raggiungere un accordo.

I Vescovi ritengono che l'attuale situazione della Congregazione dei Fratelli della Carità, in cui intervengono diversi tipi di argomenti e in cui si incontrano diverse linee di responsabilità, sia dolorosa ed estremamente complessa. Chiedono la continuazione di un dialogo prolungato tra tutti gli attori interessati. Sulla base della loro responsabilità pastorale, i Vescovi continueranno a investire a favore dell'unità e della comunione all'interno della comunità ecclesiale. Mantengono la loro fiducia e continueranno a collaborare con tutte le istituzioni di cura della comunità cristiana.

I Vescovi esprimono la loro più profonda stima nei confronti dei Fratelli della Carità in Belgio e di tutti i loro collaboratori, per il loro impegno a favore di handicappati mentali, malati o feriti. In questi tempi difficili del coronavirus, apprezzano particolarmente il loro costante impegno nell'aiutare ed essere vicini a queste persone.

La Conferenza dei vescovi del Belgio"

 

 

 

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