Non c’è stata nessuna possibilità di ricucire lo strappo tra la Congregazione religiosa dei Fratelli della Carità e l’Organizzazione Fratelli della Carità: i primi, determinati a non ammettere nemmeno la possibilità di eutanasia nei loro ospedali; i secondi, che quegli ospedali li gestiscono, non disposti a recedere dalle loro linee guida che consideravano l’eutanasia un “atto medico” in determinate circostanze. Per queste ragioni, la Congregazione della Dottrina della Fede ha deciso che gli ospedali dei Fratelli della Carità in Belgio non vengano più considerati cattolici. La Conferenza Episcopale Belga ha invece deciso di rimanere in silenzio. Ed è un silenzio carico di significati.
I dodici istituti psichiatrici dei Fratelli della Carità in Belgio non possono considerarsi cattolici: lo ha deciso la Congregazione della Dottrina della Fede, interpellata dalla stessa congregazione dopo che tre anni fa la società che gestiva gli ospedali aveva incluso la possibilità di praticare l’eutanasia nei loro ospedali. E i Fratelli della Carità, preso atto della decisione dell’ex Sant’Uffizio, non possono che “lasciare andare gli ospedali”, dice Fratel René Stockman, superiore generale della Congregazione.
“Non dimenticheremo mai che alla fine di una ampia visita ai nostri centri psichiatrici di Flanders, uno psichiatra cinese scrisse nella sua valutazione che noi avevamo qualcosa che a loro mancava nei loro centri in Cina: Dio”. Fratel René Stockman, superiore dei Fratelli della Carità, lo racconta nel resoconto del suo ultimo viaggio in Cina, avvenuto tra fine febbraio ed inizio marzo. Non manca di notare le difficoltà di fare missione nel Paese. Allo stesso tempo, sottolinea che è necessario costruire ponti, anche se questi sono “piccoli ponti di corda”.
Può l’eutanasia essere permessa, sotto determinate condizioni, all’interno di ospedali cattolici, anche solo per conformarsi alla legge? No, è stata la risposta netta dei Fratelli della Carità, congregazione di laici fondata nel 1807 in Belgio, che alla fine di marzo 2017 si sono trovati ad affrontare una crisi interna proprio perché, invece, l’associazione che gestisce gli ospedali nella loro nazione di origine aveva dato risposta negativa. Un dibattito interno che ha portato alla decisione di non rinnovare il mandato sugli ospedali di due Fratelli della Carità che avevano avallato la decisione.
“Siate radicali nella profezia come uomini consacrati nella missione della carità”. Sono queste le direttive per i prossimi anni stabilite dai Fratelli della Carità al termine del loro 23esimo capitolo generale.
L’Organizzazione Fratelli della Carità, che a nome della Congregazione dei Fratelli della Carità gestisce i 15 ospedali della congregazione in Belgio, è stata invitata in Vaticano a spiegare le ragioni del “sì” all’eutanasia nei loro ospedali (sebbene a certe condizioni). Un sì che non è stato ritirato nemmeno in seguito alle dure prese di posizione della congregazione religiosa cui fanno capo, della Conferenza Episcopale Belga e della stessa Santa Sede.
Non è bastato il “no” delle autorità vaticane, che ha fatto seguito alla vibrante protesta della Congregazione dei Fratelli di Carità: con un comunicato diffuso in fiammingo, francese e inglese, l’Organizzazione Famiglia della Carità ribadisce la sua volontà di permettere l’eutanasia all’interno dell’ospedale da essa gestito, e che è di proprietà della Congregazione. Una spaccatura interna che rischia persino di non far definire più l’ospedale cattolico. La Congregazione affronterà il problema in Vaticano, in un incontro fissato per la settimana che inizia il 25 settembre.
Il no del Papa era atteso, ed è arrivato dopo un iter di quattro mesi: gli ospedali dei Fratelli della Carità in Belgio devono fermare la possibilità di accedere all’eutanasia negli ospedali psichiatrici gestiti dalla Congregazione.