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Padre Horn: "Benedetto XVI ha sempre cercato nuove strade per parlare di Dio"

Padre Stephan Horn, segretario del Ratzinger Schuelerkreis, nella Casa Generalizia dei Salvatoriani, Roma, 25 agosto 2015

Come parlare di Dio oggi? Se lo chiede il Ratzinger Schuelerkreis, il circolo di ex allievi di Benedetto XVI che ormai da quasi quaranta anni si riunisce ogni anno per discutere di un tema. Una vera “famiglia teologica” di Benedetto XVI, i cui membri mantengono rapporti di amicizia, fatto pure di scambi vivi e schietti di opinioni, anche durante gli incontri comuni. Lo racconta padre Stephan Horn, salvatoriano, segretario dello Schuelerkreis, che di Joseph Ratzinger fu assistente universitario. Parlando con ACI Stampa, padre Horn racconta l’impegno dello Schuelerkreis letto con gli occhi del suo antico professore. E spiega chiaramente: “Benedetto XVI ha sempre cercato nuovi modi di parlare di Dio.”

Perché è così fondamentale parlare di Dio oggi?

Forse rispondo andando fuori tema, ma il punto di partenza è il Concilio Vaticano II. Sembra che il Concilio Vaticano II abbia parlato molto della Chiesa e della relazione tra Chiesa e mondo. Ma Joseph Ratzinger ha visto, al centro delle domande del Concilio, la domanda di Dio, la ricerca del Dio vivente. Ha sottolineato che la costituzione sulla liturgia – la prima promulgata dal Concilio Vaticano II – parla proprio del Dio vivente, che è presente nell’Eucarestia. Così, anche il Concilio ha questo lato di chiedersi in che modo Dio è presente nel mondo. Ma è la cultura stessa di oggi che rende necessario il discorso di Dio, perché la tendenza è opposta: parlare solo di tutto quello che l’uomo può fare, dell’ “homo faber.” Benedetto XVI ha un altro punto di vista: pensa che è necessario trovare le grandi sfide del mondo. Si tratta di cercare un nuovo modo di accedere alla verità, alle grandi sfide dell’uomo. Per questo è necessario parlare di Dio oggi.

La teologia di Benedetto XVI è stata profetica, in molte circostanze. Per esempio, se si legge la sua tesi dottorale, su San Bonaventura, si trovano dei problemi che riguardano anche il dibattito sulla Teologia della Liberazione. Ma cosa dice la teologia di Benedetto XVI riguardo il parlare di Dio oggi?

Benedetto XVI aveva individuato già nei tempi di San Bonaventura la tendenza di una fede nel progresso dell’uomo, che lui ritiene essere una vera ideologia. Ma per Benedetto XVI, il centro della storia è il Dio vivente che si è aperto in Gesù Cristo. Il progresso è quella della fede. Non si tratta di un progresso che va oltre le capacità umane: per Benedetto XVI il vero progresso è quello di mettere in pratica una più grande ricerca di Dio in Gesù Cristo. Le grandi ricchezze sono già qui, nella persona di Cristo. Un progresso solamente scientifico e tecnico non dà una risposta vera alle grandi sfide di oggi. Nell’ottica di Benedetto XVI, una grande sfida al mondo di oggi è quello di riscoprire la vera, profonda coscienza. Di trovare un nuovo accesso al pensiero profondo, e non meramente tecnico, che apre alla domanda della verità, e dunque alla domanda su Dio. Perché per Ratzinger la domanda sulla coscienza è anche una domanda su Dio.

Viviamo in un mondo in cui sembra che la cultura venga messa da parte, in favore di una concretezza pragmatica. La sociologia spesso sostituisce la teologia. Quanto il Ratzinger Schuelerkreis può mantenere viva l'azione di una profonda teologia?

Per ognuno di noi, che facciamo parte dello Schuelerkreis, la domanda si pone in maniera differente. Alcuni di noi sono in maggioranza nel mondo ecumenico, in cui c’è la possibilità di trovare per l’uomo di oggi una nuova strada per trovare Dio. Sappiamo che la testimonianza dell’unità e di una unità più grande del futuro sarà un grandissimo stimolo per quanti non  credono a Dio. Dunque, il primo approccio di alcuni di noi è quello di trovare nuove strade per arrivare ad una più profonda unità. Si tratta di cercare una strada di più grande conoscenza gli uni agli altri, di una nuova amicizia, di una spiritualità capace di guardare anche le ricchezze degli altri. Siamo certi che tutto ciò rappresenterà per l’uomo di oggi una possibilità di un nuovo approccio alla fede, perché l’uomo si domanderà da dove viene questa unità, ed è questo anche il pensiero di Benedetto XVI. Perché nel mondo moderno, in cui ci sono così tante scissioni, tante divisioni, trovare un modello pienamente buono, un modello di unità, fa scaturire la domanda: ‘Da dove viene?’ Ed è questa la domanda: se la fede dei cristiani mostra la presenza di Gesù. 

Perché secondo lei Benedetto XVI ha scelto il tema di parlare di Dio nel mondo contemporaneo?

Benedetto XVI non ha detto molto delle sue ragioni nello scegliere questo tema, ma è evidente che per lui nel mondo di oggi la parola di Dio è il vero necessario. E anche per la Chiesa di oggi è molto necessario trovare nuovi modi di parlare di Dio.

Quanto del professor Ratzinger ha ritrovato nelle sue scelte di vita, prima da vescovo, poi da Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, poi da Papa? Quali sono le idee che ha visto più sviluppate da Benedetto XVI nel corso di questi anni?

Negli anni in cui è stato arcivescovo di Monaco, posso notare che la sua attenzione si è concentrata anche sui temi della liturgia. Un tema che aveva sviluppato negli anni precedenti, quando era professore a Ratisbona, e pensava molto al tema della vera liturgia. Mi sembra che in quegli anni ha pensato di nuovo al modo in cui poter tradurre la fede per l’uomo di oggi. Ed è arrivato alla conclusione che la teologia deve trovare una nuova strada, cominciando proprio dall’inizio, stando vicino ai catecumeni, rispondendo alle domande delle persone che vivono la fede come un qualcosa di estraneo. Questo gli veniva anche dalle riflessioni che aveva fatto come professore a Tubinga, anni in cui ha pensato ad una sorta – si potrebbe dire così – di “teologia catecumenale,” e ne è una dimostrazione il celebre libro “Introduzione al cristianesimo,” una vera introduzione al credo della Chiesa. L’idea del Professor Ratzinger è stata specialmente questa: che trovare la verità non è solamente una azione dell’intelletto, ma è anche una strada della vita.  Per questo, sviluppare una teologia non è solamente una cosa intellettuale: apre una via dove andare. Per questo il teologo deve affiancare i catecumeni, parlare con lui, sviluppando la fede e la teologia in una strada comune. Questi sono i temi molto vivi in Ratzinger vescovo.

Da Cardinal Ratzinger, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, ha avuto la possibilità di essere di nuovo, e completamente, teologo. Il suo lavoro da Prefetto è appunto il lavoro di un teologo. Il lavoro di un teologo che cerca di conservare l’unità della fede. Per lui si è trattata anche della sfida di trovare un accesso a tendenze che nella Chiesa stessa portano ad una scissione. Potrei dire che il tema ecumenico è stato prevalente in lui (anche negli anni da Papa), sia nel dialogo con l’ortodossia, sia nei dialoghi con le chiese della Riforma.

L'ultima opera teologica di Benedetto XVI è stata la trilogia di libri su Gesù. Quanto è importante questa riscoperta storico-evangelica di Gesù nel parlare di Dio al mondo contemporaneo? E quanto forse è mancata in questi anni? 

Forse in questi anni l’interpretazione storico-critica (della vita di Gesù) ha preso tutta l’attenzione in alcuni movimenti dell’esegesi, anche se questo non è avvenuto allo stesso modo in tutte le parti del mondo. In ogni caso, si può registrare una certa prevalenza del metodo storico critico. Benedetto XVI ha pensato che questo metodo, se usato in modo radicale, può creare grandi difficoltà al credente, perché il credente vede un uomo nella storia, ma non riesce a capire come si trovi in questa storia il Cristo della fede. Per questo, la grande sfida di Benedetto XVI è stata trovare una nuova strada dell’uomo verso Gesù Cristo. Si può forse dire che dopo aver scritto l’ “Introduzione al Cristianesimo” – un grande lavoro – gli è venuto subito il desiderio di scrivere un libro in cui si racconta anche la sua strada personale verso Gesù.  Si tratta di un itinerario intimo, che può essere di aiuto anche per altri credenti. Si può dire che è un approccio personale. E per lui questo itinerario spirituale è nello stesso momento un itinerario che non si divide completamente dal Gesù scoperto negli studi scientifici. Ma, pensa Benedetto XVI, anche nei Vangeli si trova la verità di Gesù, alla quale il credente normale può trovare accesso. Perché per Benedetto XVI è cosa ‘strana’ lasciare tutta la Bibbia agli esegeti. Lui ritiene che i primi esegeti non sono gli esegeti stessi, ma i santi. Sono loro che aprono il cuore totalmente a Dio, a questa figura che nella Bibbia viene alla nostra vista. Per questo, anche gli esegeti devono fondare la loro teologia sulla teologia dei santi. Dunque, trovare Cristo nei santi è un primo approccio, ma è un approccio vero per Benedetto XVI. E si parte da lì per giungere poi all’altro approccio (storico critico). Così Benedetto XVI ha cercato di aprire una nuova strada per trovare Gesù.

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