Città del Vaticano , 18 July, 2019 / 10:00 AM
Nel suo discorso di inizio anno al corpo diplomatico, Papa Francesco ha enfatizzato l’importanza della diplomazia multilaterale. E, nella bozza della riforma della Curia Praedicate Evangelium, la Segreteria di Stato è arricchita con un sottosegretario ad hoc proprio per le relazioni multilaterali, che si affianca all’attuale sottosegretario per le relazioni con gli Stati. Ma quella verso l’approccio multilaterale è davvero un qualcosa di nuovo?
È il 1967 quando Paolo VI rende la Segreteria di Stato come organismo centrale della Curia romana con la costituzione apostolica Regimini Ecclesiiae Universae. Ancora, la Segreteria di Stato non si è del tutto ridefinita dal 1870, quando era terminato il potere temporale dei Papi, e così nella Costituzione di Paolo VI la Segreteria di Stato viene descritta anche come Segreteria del Sommo Pontefice, mentre il Codice del 1983 parla anche di Segreteria Papale. E la discussione sul nome continua fino al 1988, quando arriva definitivamente il nome di “Segreteria di Stato” nella Pastor Bonus.
Il dibattito sul nome non è staccato da quello sulla funzione: cessato lo Stato, si crea un villaggio vaticano, dove la Segreteria di Stato prende sempre più il ruolo di coordinamento, fino a quando la sovranità territoriale della Santa Sede viene riconosciuta con i Patti Lateranensi del 1929. Con la Riforma Piana di Pio X, la Curia viene semplificata, e la Segreteria di Stato è all’ultimo posto dell’organigramma di Curia, ma ha il suo peso, il suo titolare (in successione, i cardinali Merry del Val, Gasparri, Pacelli) è il primo collaboratore del Papa.
Motivo di questo peso è che la Santa Sede non rinuncia ad essere soggetto internazionale, perché il potere del Papa non può essere suddito di nessuno Stato. E questa sovranità resta importante anche dopo il Concilio Vaticano II, quando cresce l’impatto degli episcopati locali, e per la prima volta la Chiesa provvede liberamente a tutte le sedi episcopali del mondo.
Paolo VI sottolinea che il dialogo deve divenire il “programma della Chiesa” nella Ecclesiam Suam. Ma è soprattutto con Paolo VI, che era stato sostituto della Segreteria di Stato, che il dicastero assume il peso internazionale che ha tutt’oggi, ma anche la necessità di una forte Segreteria di Stato nella Curia, memore dell’esempio di Pio XII, che aveva lasciato la Segreteria di Stato vacante. “La lezione di Pio XII – disse Paolo VI in una intervista con il giornalista del Corriere della Sera Cavallari – è chiara. Noon basta un Papa per assicurare alla Chiesa una azione di guida morale. Occorrono metodi e uomini interamente convinti e convergenti con il Papa”.
Il modello di Paolo VI è quello delle organizzazioni internazionali. Da sostituto, lavorò perché la Santa Sede non fosse esclusa dalla “famiglia dell’ONU”.
Diventato Papa, Paolo VI sceglie le organizzazioni internazionali come modello di sviluppo del governo romano, rende sempre più internazionale il “villaggio vaticano”, nomina un segretario di Stato francese (il Cardinale Villot), cambia così anche gli approcci, perché la Curia internazionale ha in comune il vincolo del servizio al Papa, ma non gli stessi modelli culturali, e la formazione romana diventa sempre meno importante mentre la carriera diplomatica tiene i rappresentanti della Santa Sede a lungo lontani dal centro vaticano.
La Curia internazionalizzata necessita una guida forte, e Paolo VI la individua proprio nella Segreteria di Stato vaticana. Che ha una responsabilità a servizio diretto del Papa
Ora, con la riforma della Curia, si parla di definire la Segreteria di Stato come a servizio del Papa e dei vescovi. Porterà a un cambio di paradigma? Porterà a un nuovo protagonismo delle Conferenze Episcopali come auspicato dopo il Concilio Vaticano II?
La Segreteria di Stato ha ora tre sezioni, e una riguarda proprio la cura spirituale delle rappresentanze pontificie. Con l’aggiunta di un sottosegretario per il multilaterale, la Segreteria di Stato andrebbe a completare quella metamorfosi sul modello internazionale. Ma, allo stesso tempo, diventerà sempre più centrale in Curia.
È un tema con il quale la diplomazia della Santa Sede deve fare i conti?
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