Città del Vaticano , 17 June, 2019 / 2:00 PM
Dall’integrazione “dei simboli e stili celebrativi delle culture indigene” nella liturgia alle comunità organizzate valorizzando le donne; dalla proposta di ordinare viri probati, anziani con famiglia che possano ricevere l’ordinazione per servire le aree più remote, ad una pastorale coordinata per le diocesi di frontiere allo sviluppo di una non meglio definita teologia india: si delineano così le sfide pastorali del Sinodo Speciale per la Panamazzonia.
L’Instrumentum Laboris del Sinodo viene presentato in Sala Stampa della Santa Sede dal Cardinale Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi; dall’arcivescovo Fabio Fabene, sottosegretario; e da padre Humberto Miguel Yanez, gesuita e ordinario di teologia morale alla Pontificia Università Gregoriana di Roma.
Prima di tutto, la composizione del Sinodo: ne saranno membri ex officio, spiega il Cardinale Baldisseri, tutti vescovi residenziali e gli ordinari delle nove circoscrizioni ecclesiastiche panamazzoniche in Bolivia, Brasile, Ecuador, Perù, Colombia, Veneuzela, Guyana Francese, Guyana e Suriname; i presidenti delle sette conferenze Episcopali della Regione Panamazzonica; alcuni capi dicastero della Curia; la presidenza della Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM) e i membri del Consiglio pre-sinodale nominati da Papa Francesco per la preparazione all’assemblea speciale.
Saranno poi eletti dall’Unione dei Superiori Generali 15 religiosi attivi nella Regione. Il Papa nominerà fino al 15 per cento del totale dei membri, e ci saranno anche – come sempre nei sinodi – esperti, uditori, delegati fraterni ed invitati speciali.
Si parla di “nuovi ministeri” per le popolazioni indigene – spiega l’arcivescovo Fabio Fabene – ma “non si parla di diaconato femminile”, perché “il Papa si è già espresso in proposito nell’assemblea delle Superiori Generali, dichiarando che il tema necessita di ulteriori approfondimenti”, dato che la commissione “istituita nel 2016 non ha raggiunto un parere unanime sulla questione”.
Quale è dunque il ministero da attribuire alle donne richiesto nel documento?
Il Cardinale Baldisseri ricorda la presenza delle quattro donne consultore nel Consiglio di Segreteria del Sinodo e “hanno un ruolo abbastanza importante”, e questo “è un primo passo”. Le religiose, e anche le laiche, “saranno presenti in modo significativo durante l’assemblea,” e saranno almeno 20 di numero, senza contare quelle che saranno nel gruppo degli indigeni come uditori.
Si parla, però, di “viri probati” (il termine non viene mai menzionato nell’instrumentum laboris), uomini provata fede, cui dare eventualmente il compito di assolvere al ministero sacerdotale in assenza di sacerdote nelle aree sperdute dell’Amazzonia.
L’arcivescovo Fabene ricorda, sul tema, che “dalla consultazione è emersa in modo profondo la sofferenza dei popoli più remoti per l’assenza dell’Eucarestia”, e l’instrumentum laboris “raccoglie questa sofferenza” e per questo il numero 129 c’è un suggerimento sulla “possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani”, ma ribadendo che “il celibato è un dono”. È un suggerimento, sottolinea, che viene da Papa Francesco, nella conferenza stampa in aereo di ritorno da Panama.
Ma allora cambia anche l’autorità della Chiesa? Il vescovo perderà giurisdizione? Il Cardinale Baldisseri spiega che “c’è da studiare molto, da vedere”, perché si tratta di “un problema di carattere dottrinale e non solo disciplinare”. Il cardinale sottolnea che il vescovo ha tre munus (sanctficandi, docendi e legendi) e che questi “sono inscindibili come tali”. Per questo non si può dare “uno dei tre munus” escludendo gli altri. Per quanto riguarda le donne, si chiede “di individuare una mansione, un servizio ufficiale”, ma sarà da vedere “cosa vuole dire questo”.
Padre Yanez spiega che “è chiaro che l’Amazzonia sia una periferia, ma ciò che può venire da lì soltanto la storia da lì soltanto la storia lo dirà”, e che il Sinodo “si propone l’ascolto dei popoli amazzonici”.
Il cardinale Baldisseri respinge l’idea che il documento sia intrisa da “teologia della liberazione”, sottolinea che ci sono “molte teologie della liberazione” e che c’è una teologia della librazione “cattolica romana”, perché il cardinale Ratzinger, quando era prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, “ha fatto due documenti della teologia della liberazione, privilegiando la caratteristica di una teologia della libertà”.
Per il Cardinale “non si tratta di un documento definitivo, ma uno strumento di lavoro” e non c’è “nessun rischio di sincretismo”, né si parla “di un documento di fede, è semplicemente il risultato di quello che noi abbiamo”.
L’arcivescovo Fabene sottolinea che “il sinodo è speciale per l’Amazzonia”, ma non si vuole dare “un volto amazzonico a tutta la Chiesa”, anche se ci può essere una ripercussione su tutta la Chiesa “soprattutto sul tema dell’ecologia”.
Strutturalmente, ci sarà un incremento della REPAM come istituzione, che si era costituita appena nel 2014 e che ha avuto un ruolo fondamentale nella preparazione del Sinodo – il relatore generale, il Cardinale Hummes, è anche relatore della REPAM. È sicuro che “continuerà il lavoro degli episcopati limitrofi”, una “pastorale di frontiera”, spiega il Cardinale Baldisseri.
Si parla anche di integrare “simboli celebrativi della culture indigene”. L’arcivescovo Fabene specifica che si tratta della “valorizzazione di quelle che sono le tradizioni indigene. Certamente tutti siamo convinti di una necessità di promuovere una catechesi liturgica, ma si parla di qualcosa che può arricchire la liturgia, come canti, danze, che può essere raccolto, valutato”, perché la liturgia è anche l’espressione di una cultura di un popolo, ma “tutto nella comunione ecclesiale, perché la diversità è una componente essenziale”, e quindi “la comunione si ha nella diversità”.
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