Dubai, 05 February, 2019 / 10:00 AM
Che le attività della sinagoga di Dubai siano divenute pubbliche non è per niente scontato. Perché, per quanto gli Emirati Arabi Uniti siano un Paese della tolleranza e la piccola comunità ebraica non abbia mai avuto problemi, c’era sempre stata una certa discrezione, dovuta al fatto che in molti, negli Emirati Arabi, fossero filo palestinesi, e poi anche ai rapporti tra Emirati Arabi Uniti e Israele.
E infatti, per quanto la sinagoga sia uscita allo scoperto nel 2018, l’edificio non riporta insegne, non ha un sito internet, non è segnato nelle guide turistiche e l’indirizzo è fornito solo dopo aver accertato chi lo sta richiedendo. Ma le attività sono in piedi dal 2008, e hanno avuto una spinta ulteriore con l’arrivo di Ross Kriel nel 2012, un ebreo ortodosso proveniente dal Sudafrica con tutta la famiglia.
La sinagoga si trovava in una abitazione nel quartiere residenziale di Dubai, ed era chiamata villa. C’era una zona per la preghiera, la mechiza, la cucina kasher, una zona per attività socio ricreative, qualche camera per ospitare chi osserva lo shabbat.
Le attività sono diventate più “pubbliche” grazie a due circostanze.
La prima è l’amicizia tra Mohammed Alabbar, che guida la più importante agenzia immobiliare del Paese, e Eli Epstein, che dirige una azienda americana fornitrice di acciaio e alluminio. I due hanno anche fondato una associazione, “The Children of Abraham”, impegnata da anni nel dialogo tra Ebrei e Musulmani.
La seconda, il “disgelo” tra Emirati Arabi Uniti e Israele, che ha portato le visite del primo ministro Benjamin Netanyahu e Miri Regev in Dubai e di Yisrael Kaz ed Eli Cohen in Oman. La presenza dei politici ha fornito l’occasione per inaugurare ufficialmente la sinagoga, che è stata fornit anche di un “sefer torah” donato da Epstein che rega la dedica in arabo all’amico Alabbar. Nella funzione del sabato, c’è sempre una preghiera speciale per il benessere del governo degli Emirati Arabi Uniti.
Gli ebrei sono parte del variegato mondo degli Emirati, dove vivono 200 nazionalità diverse, anche se solo l’11 per cento ha la cittadinanza. Ma c’è ancora un sostrato di fondamentalismo islamico, molto percepito, e anche l’avvicinamento tra Gerusalemme ed Abu Dhabi non è visto di buon occhio.
La comunità ebraica sta comunque crescendo, ed è un dato da non sottovalutare nel Paese arabo. Sono circa 150 i membri della comunità che si riuniscono nella “villa”. Non c’è un rabbino, ma ci sono rabbini che visitano occasionalmente.
Dopo l’uscita allo scoperto, c’è speranza che l’Anno della Tolleranza proclamato dagli Emirati Arabi Uniti renderà più tranquille tutte le comunità religiose, anche la piccola comunità ebraica.
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