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Papa Francesco, “Solidarietà e responsabilità, le leggi della famiglia cristiana”

Papa Francesco in San Paolo Fuori Le Mura, per le celebrazioni dei Vespri che aprono la Settimana di Preghiera dell'Unità dei Cristiani, 18 gennaio 2019

La famiglia cristiana si regge sulle leggi di responsabilità e solidarietà, ricordando “l’appello alla giustizia rivoltoci da Dio”, che va continuamente ricordato perché i cristiani sono divisi. Papa Francesco apre la Settimana per la Preghiera dell’Unità dei Cristiani con i Vespri in San Paolo Fuori Le Mura, insieme ai rappresentanti di altre comunità cristiane.

E, nella sua omelia, rinnova un appello all’unità che nasce prima di tutto dalla solidarietà, dalle opere da fare insieme, partendo dal presupposto che “le benedizioni ricevute non sono nostre di diritto, ma sono nostre per dono”, e che si riconosca “il valore della grazia concessa ad altre comunità cristiane”.

Alla vigilia del viaggio per Panama, il Papa non conclude, come di consueto, la Settimana di Preghiera, ma la apre. Con lui, ci sono, tra gli altri, i membri della delegazione ecumenica della Finlandia, che per il 32esimo anno è venuta a Roma per festeggiare Sant’Enrico, patrono della Finlandia. In occasione di Sant’Enrico, infatti che si celebra il 20 gennaio, rappresentanti della Chiesa luterana, della Chiesa ortodossa e della Chiesa cattolica in Finlandia vengono a Roma, e hanno sempre un tradizionale incontro con papa Francesco.

Ma ci sono anche gli studenti dell’Istituto Ecumenico di Bossey, che Papa Francesco ha visitato lo scorso 21 giugno durante il suo pellegrinaggio ecumenico in Svizzera, nonché gli ortodossi e gli ortodossi orientali che studiano a Roma con il sostegno del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse, operante presso il Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Papa Francesco parte dal passo del Deuteronomio, che racconta il popolo di Israele accampato sulla pianura di Moab, in attesa di entrare nella terra promessa, mentre Mosé ripete la legge, lo istruisce, indica come celebrare le tre feste principali (Pesach, Shavuot, Sukkot), richiede per ognuna di queste feste la partecipazione di tutti, e stabilisce che per ogni festa si dovrà compiere un pellegrinaggio, portando un dono al Signore, “e il dono di ciascuno sarà in misura della benedizione che il Signore gli avrà dato. Tutti riceveranno dunque la loro parte di ricchezza del paese e beneficeranno della bontà di Dio”.

E da qui, si passa alla nomina dei giudici, un passaggio che “non deve sorprendere”, secondo Papa Francesco, perché “le feste stesse esortano il popolo alla giustizia, ricordano l’uguaglianza fondamentale tra tutti i membri, tutti ugualmente dipendenti dalla misericordia divina”, e invitano a ciascuno a “condividere con gli altri i beni ricevuti”. Così, fare onore al Signore è anche fare onore e giustizia al vicino, soprattutto se “debole e bisognoso”.

È da questo passo che sono partiti i cristiani di Indonesia, cui è stato affidato il compito di prepare il sussidio per la settimana di preghiera. Questi hanno la preoccupazione che la crescita economica del Paese crei divario sociale ed economico, mettendo a repentaglio – ricorda il Papa – “l’armonia di una società in cui persone di diverse etnie, lingue e religioni vivono insieme, condividendo un senso di responsabilità reciproca”.

È una situazione che non vale solo nell’Indonesia, ma ovunque, perché “quando la società non ha più come fondamento il principio della solidarietà e del bene comune, assistiamo allo scandalo di persone che vivono nell’estrema miseria accanto a grattacieli, alberghi imponenti e lussuosi centri commerciali, simboli di strepitosa ricchezza”.

Ammonisce Papa Francesco: “Ci siamo scordati della saggezza della legge mosaica, secondo la quale, se la ricchezza non è condivisa, la società si divide”.

È una logica che San Paolo applica nella lettera ai Romani, chiedendo a coloro che sono forti di occuparsi dei deboli, perché “la solidarietà e la responsabilità comune devono essere le leggi che reggono la famiglia cristiana”.

Papa Francesco sottolinea: “Come popolo santo di Dio, anche noi siamo sempre sul punto di entrare nel Regno che il Signore ci ha promesso. Ma, essendo divisi, abbiamo bisogno di ricordare l’appello alla giustizia rivoltoci da Dio”.

Perché “anche tra i cristiani c’è il rischio che prevalga la logica conosciuta dagli israeliti nei tempi antichi e da tanti popoli sviluppati al giorno d’oggi, ovvero che, nel tentativo di accumulare ricchezze, ci dimentichiamo dei deboli e dei bisognosi”, ed è “facile scordare l’uguaglianza fondamentale” di tutti i cristiani, schiavi del peccato e poi salvati nel Battesimo da Dio. E invece – ricorda il Papa – ci viene da “pensare che la grazia spirituale donataci sia nostra proprietà”, e succede anche che “i doni ricevuti da Dio ci rendano ciechi ai doni dispensati ad altri cristiani”.

Papa Francesco sottolinea che “è un grave peccato sminuire o disprezzare i doni che il Signore ha concesso ad altri fratelli, credendo che costoro siano in qualche modo meno”, mentre invece si deve ricordare che “il culto che la giustizia richiede, è una festa che comprende tutti, una festa in cui i doni ricevuti sono resi accessibili e condivisi”.

E allora, si deve prima di tutto “riconoscere con umiltà che le benedizioni ricevute non sono nostre di diritto ma sono nostre per dono, e che ci sono state date perché le condividiamo con gli altri”. E poi, “dobbiamo riconoscere il valore della grazia concessa ad altre comunità cristiane. Di conseguenza, sarà nostro desiderio partecipare ai doni altrui”. Perché – conclude Papa Francesco “- un popolo cristiano rinnovato e arricchito da questo scambio di doni sarà un popolo capace di camminare con passo saldo e fiducioso sulla via che conduce all’unità”.

Al termine della celebrazione, il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, rivolge un saluto al Papa. Ricorda che “la preghiera per l’unità è il fondamento di ogni sforzo ecumenico”, e per questo all’origine del movimento ecumenico ci fu “l’introduzione della settimana di preghiera”. Insomma, nota il Cardinale Koch, “senza il movimento di preghiera, la nave ecumenica non avrebbe lasciato il porto”.

Il Cardinale Koch rimarca che “con questa preghiera, noi cristiani esprimiamo la nostra convinzione di fede, secondo la quale noi stessi non siamo in grado di fare l’unità con le nostre sole forze, né possiamo definirne la forma e il tempo di realizzazione, ma possiamo solo riceverla come dono dello Spirito Santo”.

Che l’unità è gratis – continua il Cardinale – è stabilito anche dalla Dichiarazione Congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, che venne firmata vent’anni fa ad Augsburg, il 31 ottobre del 1999, dalla Federazione Luterana Mondiale e dalla nostra Chiesa, nella quale “confessiamo insieme che non siamo giusti in base alle nostre forze, ma siamo giustificati per merito di Cristo”. Ed è solo così che “possiamo impegnarci anche a favore della giustizia, come ci esorta a fare il tema della Settimana di Preghiera di quest’anno: “Cercate di essere veramente giusti”.

 (articolo aggiornato alle 18.17 con l'indirizzo di saluto del Cardinale Kurt Koch)

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