Città del Vaticano , 06 September, 2018 / 10:00 AM
Il problema di una Chiesa che si “adatta troppo al mondo”, mentre ci vorrebbe “una minoranza creativa”, è al cuore del pensiero di Benedetto XVI, secondo padre Stephan Horn, coordinatore del Ratzinger Schuelerkreis, il circolo di ex studenti di Benedetto XVI che si riunisce dal 6 al 9 settembre a Castel Gandolfo.
L’incontro avrà come tema “Chiesa e Stato, Chiesa e Società”, e il relatore sarà il professor Udo Di Fabio, eminente giurista tedesco che è stato anche nella Corte Costituzionale di Germania. Ci sarà anche una relazione di monsignor Christoph Ohly sul tema, mentre ancora non si sa se Benedetto XVI incontrerà i suoi ex studenti, cui da alcuni anni si sono aggiunti i giovani del “Nuovo Schuelerkreis”, vale a dire studiosi che non hanno studiato sotto il professor Ratzinger, ma che ne studiano le opere.
Padre Horn, il prossimo Ratzinger Schuelerkreis parlerà di “Chiesa e Stato, Chiesa e Società”. Come siete arrivati alla scelta di questo tema?
Come sempre, i membri dello Schuelerkreis si riuniscono e votano una serie di proposte per il tema dell’anno successivo. Le proposte più votate vengono portate all’attenzione di Benedetto XVI. Tra le proposte, c’era anche quella di un incontro sulla musica cristiana, un tema molto importante per Benedetto XVI, tanto che io pensavo che lo avrebbe scelto. Invece, il Papa ha detto subito sì al tema di “Chiesa e Stato, Chiesa e Società”, che va ad esplorare il rapporto della Chiesa non solo con lo Stato, ma anche con la società in cui viviamo.
Per quale motivo Benedetto XVI ha scelto questo tema?
Credo che sia perché è un tema che gli sta molto cuore. In particolare, il Papa emerito ritiene che la fede sia un grande valore per lo Stato e per la società, e che Dio sia alla base della dignità della persona umana. Manca invece, oggi, il pensiero che la fede sia il fondamento della nostra vita. Benedetto XVI auspica un nuovo movimento filosofico, che guardi alla fede come fondamento. E non si parla di una fede cieca, ma una fede in dialogo con la ragione, che può aiutare non solamente a credere, ma anche a sviluppare una etica della persona umana.
Come mai Benedetto XVI ha scelto il professor Di Fabio come relatore?
La prima domanda che Benedetto XVI ci fa, una volta che presentiamo i possibili temi, è: ‘Chi potrebbe essere il relatore?’. Noi abbiamo subito proposto il professore Di Fabio per questo tema, e Benedetto XVI lo ha subito accettato, perché lo conosce molto bene e ha una grandissima stima di questo giurista che è stato anche nella Corte Costituzionale.
Sembra ci sia una grande continuità nei temi dello Schuelerkreis degli ultimi anni: dall’eclisse di Dio nella storia fino alla persecuzione dei cristiani, per arrivare alla questione di Chiesa e Stato, Chiesa e società, sembra che state seguendo un percorso molto preciso…
Ma questo è dovuto soprattutto a Benedetto XVI, che sceglie i temi con grande precisione, che ci ‘istrada’, diciamo così, verso un percorso coerente.
E sembra anche che i temi dello Schuelerkreis riguardino soprattutto la fede in Europa. Vi sentite un gruppo particolarmente europeo?
Nel gruppo c’è un africano, il vescovo Bartholomey Adokounou, che è stato segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e c’era un americano, padre Joseph Fessio, che però da alcuni anni non viene più in Europa. Ma è vero che il gruppo è soprattutto europeo. Ma abbiamo pensato anche a temi più universali, che ancora non siamo riusciti a mettere in pratica. Per esempio, negli ultimi anni abbiamo pensato all’idea di avere un incontro sul Buddismo, che tra l’altro sta molto prendendo piede in Europa adesso, e si è parlato anche di un incontro sui rapporti con la Chiesa ortodossa. Credo che dobbiamo pensare anche a questi temi.
Guardando al tema di questo Schuelerkreis, cosa direbbe Benedetto XVI? Quali sono le risposte della teologia politica del Papa emerito?
Benedetto XVI non ha una teologia politica, ma una teologia della politica. Il Papa emerito pensa che dal non si possa fare direttamente politica a partire dalla fede, perché la politica deve prendere in considerazione la società, le possibilità del momento e la situazione sociale. La fede può dare orientamenti fondamentali, ma non può essere direttamente parte della politica.
Un problema che si è avuto anche con una parte della teologia della Liberazione…
La teologia della Liberazione voleva fare politica a partire dalla fede, ma il problema c’è anche in precedenza. Nel Primo Millennio, il cesaropapismo ad Oriente ha presentato questa commistione tra fede e politica, e poi questo cesaropapismo è stato assorbito anche in Occidente, dove abbiamo avuto difficoltà negli ultimi secoli. Benedetto XVI ritiene che questo movimento non aiuti la fede, se la Chiesa è troppo legata ai poteri mondiali e si adatta troppo ai movimenti correnti della società.
E infatti parlò, durante il viaggio in Germania del 2011, dei provvidenziali movimenti di secolarizzazione che, sebbene ostili alla Chiesa, le permisero in qualche modo di liberarsi…
Questa è la sua linea! Lui pensa, come pensa anche il professor Di Fabio, che la Chiesa è troppo adattata al mondo, troppo piegata alle onde del momento. Benedetto XVI invece propone un cattolicesimo come minoranza creativa, forte. L’assenza di questa minoranza creativa credo manchi a Benedetto XVI oggi. Ma questo si lega anche ad una considerazione che riguarda la coscienza. C’è una coscienza in Europa che si va affermando, e che sostiene che si possa valutare volta per volta cosa è meglio. Ma questo non è il modo di Benedetto XVI, che pensa che il fondo di coscienza, la etica profonda dell’essere umano, debba rimanere intatto nonostante le conseguenze, perché questi valori hanno in loro il bello e il buono, e hanno il fondamento in Dio che è la verità.
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