Genova, 10 August, 2018 / 4:00 PM
“Non se ne parla”, ma "c'è un regime persecutorio anti-cristiano”, persino “nella nostra Europa, grembo del Vangelo e culla della civiltà”. Il Cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, non usa mezze parole. Nell’omelia della festa di San Lorenzo, cui è dedicata la cattedrale della città, guarda all’esempio del diacono Lorenzo per denunciare che la persecuzione anti-cristiana ancora esiste, e ha luogo anche in maniera raffinata.
Fu in una omelia di San Lorenzo che il Cardinale Bagnasco denunciò per la prima volta la volontà di costituire “un ordine mondiale senza Dio”. E, sempre guardando all’esempio del martire Lorenzo, il Cardinale – che da presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee sta portando avanti un lavoro forte di nuova evangelizzazione e presa di coscienza – mette in luce ancora una volta quanto sta accadendo in Europa in maniera sottile e nascosta.
Cosa ci insegna la storia del martire Lorenzo? È prima di tutto un esempio, perché “nessuno è solo se stesso”, ha bisogno “dell’amore e della saggezza altrui”, ma soprattutto di “incontrare qualcuno che, piuttosto che rinnegare le ragioni del vivere, accetta di morire”.
Ricorda il Cardinale Bagnasco che Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma del III secolo, “avrebbe potuto salvare la vita rinnegando Cristo, ragione della sua vita”, e invece “davanti all’imperatore Valeriano, che pretendeva la confisca dei beni ecclesiastici”, dona tutti i beni ai poveri e presente questi stessi poveri a Valeriano “come la vera ricchezza della Chiesa”.
Un esempio – sottolinea l’arcivescovo di Genova – che “ci ricorda che la persecuzione fa parte della fede cristiana”, e per questo “né ci si deve meravigliare” né si deve “cedere all’ottimismo ingenuo secondo il quale intorno a noi esiste solo rispetto e benevolenza”.
Non solo non è così, ma “anche se non se ne parla – denuncia il Cardinale – esiste un regime discriminatorio anti cristiano”, che ha luogo persino in Europa dove “attraverso norme raffinate, si limita la libertà di professare la fede pubblicamente, e sempre più la si spinge nella sfera privata”.
Non solo. “Con il pretesto di non urtare le diverse sensibilità religiose o culturali – afferma il Cardinale Bagnasco – si vuole creare un modo di vivere uniforme al ribasso, eliminando tradizioni legittime e rispettose di tutti, oppure cambiandone nomi, luoghi, simboli”.
Sono molti i riferimenti sottintesi del Cardinale, dall’abolizione del Natale dal calendario delle festività dell’Unione Europea agli impedimenti ad esporre simboli natalizi in pubblico, ma anche i vari attentati all’obiezione di coscienza che avvengono quando si punta a costringere i cristiani, ad esempio, ad accettare che nei loro ospedali si pratichino aborto ed eutanasia.
Il Cardinale Bagnasco non fa esempi concreti, ma ha ben chiaro lo scenario. “È chiaro che, in questo modo – dice – si intende diluire la fisionomia della fede con lo scopo di spegnerla nella coscienza collettiva e in quella personale, riducendola da trazione a vago ricordo”.
Ma la religione – nota il Cardinale – “non è rito e osservanza che garantisce identità allo Stato”, come era la religione “politica” dell’Impero Romano che aveva il compito di “preservare le consuetudini utili al benessere dello Stato stesso”.
La fede è piuttosto “riconoscimento della verità che è Dio stesso”, perché “solo in Lui diventa possibile riconoscere la verità di ogni altro essere”, e questo “genera un modo diverso di pensare che rendere liberi di fronte a qualunque autorità umana e, nello stesso tempo, diventa un contributo formidabile per la costruzione della società civile”.
Sostiene il Cardinale che la fede, in fondo, fa un servizio alla politica, perché libera “l’uomo dall’irrazionalità dei miti politici, rischio di ogni tempo”, dato che “la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale che reclama, con il cuore in fiamme, cose grandi e impossibili”.
La fede “ricorda che la morale politica sta anche nel resistere alla seduzione delle grandi parole con cui ci si prende gioco dell’umanità dell’uomo”, ed è questa la “assoluta novità” manifestata dal diacono Lorenzo quando rifiuta di obbedire all’imperio sovrano, rendendo così “un servizio alla società del tempo, dovendo, lo Stato, perseguire la giustizia”.
È il motivo – rimarca il Cardinale Bagnasco – per cui “tradire il Vangelo è tradire Dio e anche l’uomo”. E oggi spesso “il Vangelo non è negato, ma, forse in buona fede, tradito”, mentre l’umanità vede che “quanto più si allontana da Dio e si crede autosufficiente, tanto più, dalle profondità del suo essere, salgono i demoni che pensava di aver sconfitti con le sue mani”.
Sono fantasmi, questi, che “ricordano all’uomo di temere il suo potere di distruggere”, ma anche “la sua impotenza di ritrovare se stesso e di dominare la sua disumanità sempre pronta a fagocitare tutto”.
“Fuori dalla verità – sottolinea il Cardinale – il diritto può dichiarare legittimi i comportamenti, ma non li può rendere giusti, aprendo così la strada al sopruso”. Mentre “è dalla verità della persona umana come Dio l’ha creata che sgorga la libertà, l’amore, la fedeltà, la giustizia, e si può costruire una società coesa e aperta, che ha un volto proprio e che si pone in dialogo onesto con tutti, senza strumentalizzare nessuno, soprattutto i deboli”.
Questa è la testimonianza del diacono Lorenzo. Non “esibizione di forza”, ma amore “alla verità” rivelata in Gesù, alla “libertà sua della Chiesa” e servizio “a quel mondo che egli contesta con la propria morte”.
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