Roma, 05 August, 2018 / 3:00 PM
Giorni fa, passeggiando in una via del centro di Padova, ci si poteva imbattere in una vetrina particolare di una piccola, elegante libreria. La vetrina era a tema, dedicata alla Provenza, presentando una serie di libri fotografici, con le immagini che hanno immortalato quella regione felice: campi di lavanda, bianche città, valli e boschi.
Una visione vivificante, incarnazione di una bellezza piena di luce ....un luogo in cui vivere oziosamente l'intera estate. ... A fianco era allineata una serie di copertine allettanti, in buona parte romanzi di un autore oggi probabilmente caduto nell'oblio, ma a suo tempo molto noto e amato, Marcel Pagnol.
Romanzi autobiografici, incentrati sulla sua famiglia e sulla vita in terra provenzale. E subito ondate di ricordi hanno cominciato a sollevarsi, calde e benefiche, a rinfrescare la mente oppressa da una calura insopportabile.
Ricordi legati alla lettura di quel primo romanzo, , anni fa, che a sua volta rievocava immagini, suoni, colori, emozioni di lontane, lunghissime estati infantili e adolescenziali. Pagnol è stato drammaturgo, regista cinematografico, poi Accademico di Francia. Ad un certo punto della sua vita, abbastanza in la' con gli anni e con le molteplici esperienza artistiche, ha deciso di scrivere romanzi che raccontassero la sua infanzia e giovinezza, contrassegnate da un felice susseguirsi di stagioni passate nella campagna nei dintorni di Marsiglia.
In primo piano la sua famiglia, i genitori, il fratello e la sorellina più piccola, gli zii, i cugini. E tutta una miriade di personaggi teneri, buffi, eccentrici, messi in scena con humor e tenerezza, come un segaligno antiquario, che rifila all'entusiasta padre dell'autore ogni sorta di cianfrusaglia spacciandola per meraviglia esotica, contadini che conoscono ogni erba dalle proprietà miracolose e mille leggende e fatti strani...
Nel primo capitolo di questa saga familiare, "La gloria di mio padre", appunto, si raccontano le prime avventure del piccolo Marcel cui è concessa l'immensa fortuna di passare l'estate in campagna, in una villetta immersa tra mandorli, ulivi, pini, sterpaglie di ogni genere, quella "foresta vergine in miniatura" che Marcel aveva vista "in tutti i miei sogni".
Quando la famiglia Pagnol al completo arriva alla villa, arrancando su stradine polverose, con i mobili per la casa di villeggiatura tutti accatastati su uno sbilenco carretto trainato da un asino sfinito dalla fatica, per il bambino cominciano " i più bei giorni della mia vita". Giorni lunghi, ricchi di scoperte e nuove sorprese, di ora di libertà e di sogni ad occhi aperti, quando un'ape diventa un drago e un fruscio nella boscaglia fa immaginare un leone pronto all'assalto. Molti possono ricordare queste sensazioni, quando appunto le vacanze erano quasi rigorosamente familiari, nelle case affittate per la stagione, oppure appartenenti a nonni, zii, parenti vari, e di anno in anno offrivano le gioie di una fantasia sempre in azione, abitudini consolidate e nuove amicizie, a volte destinate a durare una vita intera.
Nel romanzo di Pagnol, poi, c'è la Provenza più autentica, quella rurale e ancora ben poco turistica degli inizi del Novecento, con il suo fascino potente che avvolge subito il protagonista e non lo lascerà mai più. Ecco le prime immagini nitide, quasi dipinte: " Quel sentiero di Provenza era proprio bello. Si snodava tra due muri di pietra cotti dal sole, ai margini dei quali si pretendevano verso di noi foglie di fico, cespugli di climatiche olivi centenari. Ai piedi dei muri, una striscia di erbacce e di rovi ..." E " sentivo cantare le cicale e sul muro color miele delle lucertole immobili, a bocca spalancata, bevevano il sole". In questa terra incantata anche i rapporti familiari possono assumere una dimensione quasi mitica.
Il padre e la madre diventano eroi di storie fantastiche, trasformarsi per un giorno o per un'ora, principi e regine, per poi ritornare ad essere mamma e papà, il porto sicuro a cui approdare, l'abbraccio che consola e scaccia ogni paura.
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