Bari, 08 July, 2018 / 2:00 PM
La presenza dei patriarchi a Bari, la loro comunione, il loro stare insieme in sinodalità ha rappresentato un “ricongiungimento con i primi secoli della Chiesa”. E questo “ha un valore infinitamente più importante della geopolitica”. L’arcivescovo Francesco Cacucci, di Bari-Bitonto, tira le fila dell’incontro di preghiera per la pace con Papa Francesco e i Patriarchi di Oriente. Tenuto nella Basilica di San Nicola, in una città da sempre ponte tra Est e Ovest che ha visto in questi anni incontri con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli e traslato in Russia le reliquie del Santo, l’incontro – ricorda l’arcivescovo Cacucci – è frutto di una lunga tradizione ecumenica, parte della storia della città.
Questo incontro di Bari cosa ha rappresentato?
Io credo che sia in segno, un simbolo, e i simboli valgono più di 10 mila parole. Il simbolo della venerazione di San Nicola da parte del Papa e dei Patriarchi. Il simbolo della Basilica di San Nicola e il simbolo del lungomare, che indica come il Mediterraneo e l’Adriatico siano mari di pace. Questi simboli parlano di per sé. Il fatto che per la prima volta in modo così corale si siano incontrate delle comunità, delle Chiese intorno a un tema specifico che è quello della pace, ci fa capire che forse l’ecumenismo deve andare verso la sinodalità, ma per il mondo.
È questa la novità dell’incontro di Bari?
La novità di Bari per me tocca questi due aspetti. Quello della sinodalità, prima di tutto: tanti capi di Chiese cristiane si incontrano, e si incontrano nel nome di un santo comune, che è Nicola, un santo venerato in Oriente e in Occidente più di qualsiasi altro santo dopo la Madonna. E quello del l’ecumenismo che non considera i problemi ad intra tra le Chiese o i rapporti tra le Chiese o il significato delle divisioni, ma parte da un qualcosa che è concreto, un problema serio nel mondo, che è quello della guerra e il superamento della guerra. Quindi, il tema della pace. Che tante chiese si incontrino per invocare dal Signore la pace, per riflettere insieme sul dono della pace e questo proporlo a tutto il mondo credo sia un passo in avanti verso quell’unità che tutti auspichiamo.
Sinodalità simboleggiata anche da quel tavolo rotondo di fronte l’altare della Basilica di San Nicola dove si è tenuto l’incontro tra il Papa e i Patriarchi. Come è venuta l’idea?
A Bari si è realizzato nel 1098, a pochi dallo scisma di Oriente che è avvenuto nel 1054, il primo incontro voluto dal Papa del tempo, Urbano II, con i latini e i greci. Quello scisma era anche uno scisma culturale tra mondo bizantino e mondo latino. Che si verifichi questo incontro nella Basilica, dove tutti sono intorno a un tavolo senza distinzioni di priorità, è un segno di per sé eloquente del desiderio di riflettere insieme sospinti dalla preghiera del popolo cristiano sul bene della pace. Un bena che è per tutti gli uomini, non solo per i cristiani, perché in Medio Oriente non muoiono solo i cristiani, ma anche sunniti, sciiti, e altri. Ma dobbiamo anche dire che i cristiani lì vivono già una unità di fatto, una comunione di fatto, è quell’ecumenismo del sangue che Papa Francesco richiama continuamente, un ecumenismo martiriale.
C’è l’ecumenismo del sangue, ma anche un ecumenismo del quotidiano, di cui Bari da sempre è capofila.
Non si arriva a questi momenti all’improvviso. La storia di Bari è la storia dell’ecumenismo. Monsignor Enrico Nicodemo, mio predecessore, ha voluto la prima cappella ortodossa in una Chiesa cattolica nella cripta di San Nicola. Dal 1966, c’è nella cripta l’iconostasi a sinistra, accanto all’altare con la tomba di San Nicola. E poi, non dimentichiamo l’Istituto di Teologia Ecumenica. Tanti professori e metropoliti ortodossi hanno insegnato nell’Istituto, come l’attuale patriarca della Romania Daniel. Addirittura, il metropolita Chrisostomos Kostantinidis di Mira viveva con il mio predecessore, Andrea Mariano Magrassi. Papa Francesco ha riposato ieri in episcopio in una camera che noi chiamiamo ancora “la camera del metropolita”.
A Bari ci sono state anche due tornate della Commissione Mista Cattolica e Ortodossa per il Dialogo Teologico che si sono svolte a Bari nel 1986 e nel 1987, e lì è stato il Documento di Bari, sulla fede, sacramenti e unità nella Chiesa, ed è stato presentato con la presenza di tutti i capi cattolici e ortodossi del mondo, c’era il cardinale Willebrands e c’era il metropolita Stylianos di Melbourne. Nel 1990, a Bari si è tenuto l’incontro “Uomini e religioni” poco dopo l’incontro di Assisi, con il titolo “Mediterraneo mare di pace”. E nel 1988, noi vescovi della metropolia con don Tonino Bello abbiamo pubblicato un testo, un intervento sulla formazione degli F16 a gioia, dal titolo “La Puglia arca di pace e non arco di guerra”. Era un testo molto intenso che ha creato anche dei problemi in quel momento. Se voi vedete, il logo ‘Su di te sia pace’ ha forma di arco, e questo è un richiamo a quella esperienza. Queste sono alcune esperienze, e poi le ultime, la venuta di Bartolomeo a Bari, e il pellegrinaggio che ha portato noi in Cappadocia, e poi la traslazione della reliquia di San Nicola da Bari a Mosca e San Pietroburgo. Un evento di ecumenismo di popolo secondo me senza precedenti.
Cosa succederà dopo? Come procederà il dialogo, anche in Medio Oriente?
Io distinguere l’aspetto interreligioso dall’aspetto ecumenico. Indubbiamente, il cammino interreligioso continua e anche ha degli aspetti estremamente positivi: pensiamo agli incontri che si sono vissuti in Egitto, quando il Papa è andato al Cairo, ed è andato a visitare al Azhar, vale a dire la moschea e l’università dove la teologia sunnita musulmana si sviluppa. È stato un incontro di grandissimo rilievo. Io vorrei sottolineare ancora una volta quello che sento sempre da parte dei patriarchi. A partire dal Patriarca caldeo, che è stato creato cardinale, Rafael Sako: i cristiani e i musulmani hanno vissuto tranquillamente, rispettandosi, per secoli. Le guerre che si sono verificate in Iraq, in Libia, in Siria sono delle guerre che non sono per motivo religioso. Anzi, hanno scomposto quel dialogo, e non solo dialogo: hanno scomposto quella amicizia, quella comunione che già si viveva e quindi in quelle circostanze sono stati uccisi non cristiani soltanto, ma cristiani e musulmani. Quando il Papa ha voluto si pregasse innanzitutto per la pace è perché la mancanza di pace è a detrimento dei cristiani che in queste zone sono minoranza e diventano sempre più minoranza e rischiamo di scomparire, ma riguarda tutti: anche i musulmani, e nel mondo musulmano sia gli sciiti che i sunniti Io credo che dobbiamo eliminare la visione particolare di queste cose, ma guardare a livello universale. Se posso esprimere un mio parere, questo è il significato più vero dell’incontro di Bari. Io ho sottolineato che noi non andiamo ad incontrare il Papa con le Chiese orientali, siamo felicissimi che sia venuto, perché si è visto l’affetto con cui è stato accolto. Ma noi ci incontriamo con il Papa e i Patriarchi per il mondo. Vorrei che questa universalità non si perda, mi auguro che anche da parte del mondo dei mass media venga sottolineata.
In nome di questa universalità, possiamo dire che la venuta del Patriarca di Mosca Kirill è più vicina?
È secondario che Kirill sia più vicino o meno. Voi siete un po’, anche come giornalisti, preoccupati più per gli aspetti politici che accompagnano questi elementi. È chiaro che Kirill ha un riferimento politico maggiore di quello che ha Papa Tawadros in Egitto, il patriarca dei copti d’Egitto che dopo il Patriarca Bartolomeo è un’autorità in tutto il mondo ortodosso. Secondo me ciò che è accaduto è accaduto in modo splendido. È venuto il rappresentante di Kirill, Hilarion, con cui si è instaurata una grande amicizia: è venuto più volte a Bari e spero che venga anche nel mese di settembre per presentare il volume in cui si raccolgono i vari discorsi, soprattutto di Kirill, fatti a Mosca che sono di una apertura ecumenica straordinaria. Questa amicizia continua. Lasciamo alla sua decisione se vnire a Bari o meno, alla sua valutazione degli equilibri interni delle Chiese. Io voglio sottolineare la presenza di alcuni patriarchi che hanno un valore immenso. Ci sono i patriarchi della pentarchia, di cui non fa parte il Patriarcato di Mosca, perché i russi sono diventati cristiani dall’anno Mille. E la loro presenza, da un punto di vista storico, ci ha ricongiunto ai primi secoli della Chiesa. Questo, mi permetto di dire, ha un valore infinitamente più grande della geopolitica.
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