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Assisi, la città dell'anima di Carlo Acutis, il " Discepolo prediletto"

Tra i giardini,  gli alberi e le strette vie di Assisi, si apre lo spazio silenzioso del cimitero,  sul quale veglia l'immenso e mutevole cielo sempre percorso da grandi nuvole bianche.
 
Qui riposano le spoglie mortali di Carlo Acutis, il cui corpo, però, potrebbe essere traslato breve in una chiesa, mentre proprio a lui, sempre ad Assisi, è già stato dedicato un oratorio presso l'antica cattedrale e parrocchia di Santa Maria Maggiore, ora Santuario della Spolazione. 
 
Del resto Carlo, milanese di nascita, era assisano di adozione per scelta interiore. Qualche giorno fa Papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto che, sulla base del cammino ormai in fase avanzata verso la beatificazione, ne riconosce le "virtù eroiche". Carlo, morto a quindici anni nel 2006 per una leucemia fulminante,  è appunto sepolto ad Assisi e alla sua tomba si recano molte persone a pregare e a rivolgere il pensiero a questo ragazzo "unico", come diceva lui, ma pensando a tutti, perché,  diceva, tutti hanno la possibilità,  anzi, il dovere, di essere unici. 
 
Per San Francesco e per Sant'Antonio, Carlo ha sempre provato un'attrazione particolare e fin da piccolo, grazie alla sua famiglia che lo aveva educato a questa vicinanza con i santi, ha frequentato i luoghi della devozione francescana e antonia a,  ad Assisi e a Padova, in particolare. Questa intensa "geografia dell'anima" ci porta a cercare concretamente il volto e la presenza di questo futuro e giovanissimo beato, così come è tratteggiata in una biografia che è stata pubblicata proprio in queste settimane, non a caso dalla casa editrice Edizioni Messaggero di Padova, dal titolo "Carlo Acutis. Il discepolo prediletto", scritto da Giancarlo Paris, frate minore conventuale della provincia religiosa di Padova.
 
Il racconto, attraverso una scrittura asciutta ma coinvolgente, dipana le fila di una vita molto breve, bruciata rapidamente dalla malattia, ma già perfettamente compiuta, come amico di Cristo. La figura in cui Carlo si riconosce infatti è quella del "discepolo prediletto" che la tradizione identifica nell'autore del quarto Vangelo e nell'apostolo Giovanni.  Ne emerge il ritratto di un bambino e poi adolescente felice, colmo di una gioia profonda, che ama i santi, gli animali, cerca i poveri e sta con loro, fa mille cose, ma con la leggerezza di un bimbo. E con una totale capacita' di vivere il suo tempo, curioso come tutti ragazzi, soprattutto per quel che riguarda le nuove tecnologie, che sapeva usare ma dalle quali non si faceva dominare.  Al tema l'autore dedica un capitolo, intitolato "Patrono di  Internet".
 
In effetti si è parlato di lui come possibile patrono della Rete, data la sua passione e versatilità. Ne ha parlato anche monsignor Dario Viganò, assessore del dicastero per la Comunicazione della Santa Sede.
 
Tutto sorprendente eppure così naturale. Come appare naturale, in lui, questa disposizione a proteggere i deboli, per cui l'autore della biografia racconta che fin dai banchi della scuola elementare prendeva le difese dei bambini più isolati e fragili. Ma tutta la  vita di Carlo è costellata di segni particolari. 
 
Nel giorno della sua Prima Comunione,  quando andando in macchina per raggiungere il monastero in cui si sarebbe svolto il rito, la famiglia incontra,  sulla strada, un agnello bianco. Un caso? Una coincidenza? La figura dell'agnello è  una presenza costante: a Carlo ne verrà regalato uno, al quale si affeziono' in modo particolare, non separandosene facilmente. La sua predilezione,  annota l'autore, e' costante, il ragazzo la descrive nelle sue meditazione sull'Eucarestia, e del resto, sottolinea l'autore,  essa nasce proprio "perché nella Scrittura Gesù Cristo, per la sua umiltà,  è paragonato spesso a ragione all'agnello".
 
Simbolo e forma concreta della sua vita, dunque, in ogni  momento, in ogni atteggiamento, verso gli altri, verso i vicini e i lontani, i più sfortunati. Carlo diventa esempio di una giovinezza viva e non sprecata,  proprio in questi tempi in cui i ragazzi sembrano fare molta più fatica a trovare un senso per la vita, a provare un  entusiasmo autentico, non fittizio o da "sballo". La figura dell'agnello,  dunque, così eternamente controcorrente,  in una società competitiva e sempre alla ricerca di dimostrare di valore più degli altri, era per Carlo la vera identità da assumere. Sempre, fino in fondo. Fino alla malattia e alla morte, scrive Paris, "soprattutto nel modo umile e mite di sopportare il dolore, Carlo ci ricorda l'agnello immolato che offre se stesso e "nel silenzio intercede".

Giancarlo Paris, "Carlo Acutis.Il discepolo prediletto"Edizioni Messaggero di Padova, pp88, euro 9

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