Città del Vaticano , 20 May, 2018 / 10:41 AM
Nella strada da Gerusalemme a Gaza, l’apostolo Filippo predica al funzionario etiope, e lo battezza, nella prima tappa di una predicazione che va sempre lontano. Ma la predicazione di Filippo, il suo coraggio nell’evangelizzare, nascono nel giorno di Pentecoste. E questa storia viene accennata nella omelia di Pentecoste di Papa Francesco, tutta dedicata all’imprevedibilità dello Spirito, che cambia cuori e vicende. Menzionando Gaza, Papa Francesco sottolinea: “Come suona doloroso oggi, questo nome! Lo spirito cambi i cuori e le vicende e porti pace nella Terra Santa”.
Il tempo pasquale del 2018 si chiude in un assolata domenica di fine maggio, ricordando l’effusione dello Spirito sugli apostoli in una festa liturgica che risale già al I secolo d.C. L’omelia di Papa Francesco è come di consueto breve, centrata su tre punti: il cambiamento del cuore, il cambiamento delle vicende del mondo, la forza dello Spirito che è allo stesso tempo centrifuga e centripeta.
Si comincia dalla prima lettura, dall’immagine dello Spirito come vento impetuoso che “fa pensare ad una forza grande, non fine a se stessa”, una forza che “cambia la realtà”, perché come il vento che porta cambiamento con “correnti calde quando fa freddo, fresche quando fa caldo, pioggia quando è secco”, così lo Spirito Santo lavora con il mondo, perché “entra nelle situazioni e le trasforma, cambia i cuori e cambia le vicende”.
Il cambiamento dei cuori avviene così nei discepoli, che sono “rintanati a porte chiuse anche dopo la Resurrezione del maestro”, e, trasformati dallo Spirito, “da titubanti diventano coraggiosi e, partendo da Gerusalemme, si spingono ai confini del mondo”.
Questo è perché – dice Papa Francesco –“lo Spirito sblocca gli animi sigillati dalla paura. Vince le resistenze. A chi si accontenta di mezze misure prospetta lanci di dono. Dilata i cuori ristretti. Spinge al servizio chi si adagia nella comodità. Fa camminare chi si sente arrivato. Fa sognare chi è affetto da tiepidezza”.
Sta tutto qui il cambiamento del cuore, l’unico che opera lo spirito, perché “tanti promettono stagioni di cambiamento, nuovi inizi, rinnovamenti portentosi, ma l’esperienza insegna che nessun tentativo terreno di cambiare le cose soddisfa pienamente il cuore dell’uomo”.
Invece, lo spirito “non rivoluziona la vita attorno a noi, ma cambia il nostro cuore; non ci libera di colpo dai problemi, ma ci libera dentro per affrontarli; non ci dà tutto subito, ma ci fa camminare fiduciosi, senza farci mai stancare della vita. Lo Spirito mantiene giovane il cuore”.
Insomma, la giovinezza passa, mentre lo “Spirito previene l’unico invecchiamento malsano, quello interiore”, rinnovando il cuore e trasformando “da peccatore a perdonato”, operando così il grande cambiamento, perché “da colpevoli ci rende giusti e così tutto cambia, perché da schiavi del peccato diventiamo liberi, da servi figli, da scartati preziosi, da delusi speranzosi”.
Per questo, Papa Francesco invita, quando siamo a terra, ad affidarci al “ricostituente” che è “la forza di Dio”, e sarebbe bene assumerlo “ogni giorno”. Perché lo Spirito, dopo aver cambiato cuori, “cambia le vicende”, raggiunge le “situazioni più impensate”, e succede così ai discepoli (è tutto raccontato negli Atti degli Apostoli) che “quando non se lo aspettano, vengono inviati ai pagani”, o vengono portati “su una strada deserta, da Gerusalemme a Gaza”. Chiosa il Papa: “Come suona doloroso oggi, questo nome! Lo spirito cambi i cuori e le vicende e porti pace nella Terra Santa”.
È nella strada da Gerusalemme a Gaza che Filippo predica al funzionario etiope e lo battezza, poi va ad Azoto, poi va a Cesarea. Come lui, Paolo “viaggia fino agli estremi confini, portando il Vangelo a popolazioni che non aveva mai visto”.
Insomma, quando c’è lo Spirito, questo “soffia, non c’è mai bonaccia”, e se si preferisce la quiete domestica alla novità di Dio “vuol dire che si cerca riparto dal vento dello Spirito”, ammonisce il Papa, perché “quando si vive per l’autoconservazione e non si va ai lontani, non è un bel segno”.
Sottolinea Papa Francesco che ammainare le vele di fronte allo Spirito “non è un buon segno”, anche perché “tante volte l’abbiamo visto operare meraviglie”, anche nei periodi più bui, e per questo “è l’anima della Chiesa, sempre la rianima di speranza, la colma di gioia, la feconda di novità, le dona germogli di vita”.
Il Papa paragona tutto questo alla nascita di un bambino in famiglia: come il bambino scombina orari e abitudini, così “”lo Spirito porta un “sapore di infanzia” nella Chiesa. Opera continue rinascite. Ravviva l’amore degli inizi. Lo Spirito ricorda alla Chiesa che, nonostante i suoi secoli di storia, è sempre una ventenne, la giovane Sposa di cui il Signore è perdutamente innamorato”.
La forza dello spirito – prosegue Papa Francesco - è “centripeta e centrifuga”, perché allo stesso tempo “spinge verso il centro, perché agisce nell’intimo del cuore” e “porta unità nella frammentarietà, pace nelle afflizioni, fortezza nelle tentazioni”, ma anche “spinge cioè verso l’esterno”, perché “colui che ci rivela Dio ci spinge verso i fratelli, invia, rende testimoni”.
Ed eccola, la preghiera del Papa allo Spirito Santo: “Spirito Santo, vento impetuoso di Dio, soffia su di noi. Soffia nei nostri cuori e facci respirare la tenerezza del Padre. Soffia sulla Chiesa e spingila fino agli estremi confini perché, portata da te, non porti nient’altro che te. Soffia sul mondo il tepore delicato della pace e il fresco ristoro della speranza. Vieni, Spirito Santo, cambiaci dentro e rinnova la faccia della terra. Amen.”
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