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I Pontefici e la rinuncia al governo della Chiesa: la lettera di Paolo VI

“Ho letto con stupore queste lettere di Paolo VI, che mi sembrano una umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa; e una ulteriore prova della santità di questo grande Papa”. Così Papa Francesco chiosa al libro che l’infaticabile Padre Leonardo Sapienza, reggente della Casa Pontificia, ha appena dato alle stampe: La barca di Paolo, Edizioni San Paolo.

Un volume che raccoglie preziosi inediti di Papa Montini come già molti altri pubblicati dal religiosi proprio sul Papa bresciano. Ma stavolta c’è qualcosa in più. Una lettera di Paolo VI al Decano del Collegio Cardinalizio in cui spiega la sua intenzione, se si fosse arrivati a certe condizioni, di rinunciare al Papato.

Così dopo Pio XII che sapevamo pronto alla rinuncia per non permettere ai nazisti di rapire il Papa, di Giovanni Paolo II che poi adattò anche le norme del conclave a questa eventualità, ora arriva la conferma anche per Papa Montini della consapevolezza che il Papa può e deve rinunciare a guidare la barca di Pietro se la storia lo richiede.

Solo Benedetto XVI però in tempi moderni lo ha fatto davvero.

La lettera di Paolo VI è firmata 2 maggio 1965.

Ecco il testo come pubblicato da L’ Osservatore Romano:

Riservata

Al Signor Cardinale Decano del Sacro Collegio

Noi Paolo sesto, per divina Provvidenza Vescovo di Roma e Pontefice della Chiesa universale,

alla presenza della santissima Trinità Padre, Figlio e Spirito Santo, — invocato il nome di Gesù Cristo, nostro Maestro, nostro Signore e nostro Salvatore, a lui dobbiamo tutto l’amore e tutto il servizio a noi possibili e della cui somma potestà pastorale siamo indegnamente, ma autenticamente rivestiti, — fiduciosi nella assistenza benigna di Maria Santissima, di San Giovanni Battista e di San Giuseppe, di San Pietro apostolo, le cui chiavi ci sono state affidate, e di San Paolo apostolo, di cui volemmo assumere ad esempio e a protezione il nome, dei Santi e degli Angeli tutti,

coscienti della nostra responsabilità dinanzi a Dio, e pieno il cuore della riverenza e della carità, che ci uniscono alla santa Chiesa cattolica, né immemori della missione evangelica nostra verso il mondo,

dichiariamo:

— nel caso di infermità, che si presuma inguaribile, o di lunga durata, e che ci impedisca di esercitare sufficientemente le funzioni del nostro ministero apostolico;

— ovvero nel caso che altro grave e prolungato impedimento a ciò sia parimente ostacolo,

di rinunciare al nostro sacro e canonico ufficio, sia come Vescovo di Roma, sia come Capo della medesima santa Chiesa cattolica, nelle mani del Signor Cardinale Decano del sacro Collegio Cardinalizio, lasciando a lui, congiuntamente almeno ai Signori Cardinali preposti ai Dicasteri della Curia Romana, ed al Cardinale nostro Vicario per la città di Roma, (sempre che siano normalmente convocabili; e in caso contrario ai Signori Cardinali Capi degli ordini del Sacro Collegio), la facoltà di accettare e di rendere operanti queste nostre dimissioni, che solo il bene superiore della santa Chiesa ci suggerisce, ed al quale bene noi scongiuriamo con tutto il cuore quanto meglio possibile di provvedere, auspice la nostra apostolica benedizione.

Paulus pp. vi

Dato a Roma, presso San Pietro, nella domenica del buon Pastore, ii dopo Pasqua, il 2 maggio 1965, ii del nostro Pontificato.

Significativa anche la immagine di copertina: un quadro che Aldo Carpi aveva regalato al Papa che, scriveva Paolo VI nel ringraziamento, "ci raffigura stanchi e pensosi nell’atto di ascoltare l’esortazione del Pescatore, l’Apostolo Pietro, il quale dalla sua barca, con la voce e con il gesto, ci invita alla sua coraggiosa e misteriosa navigazione". Il piccolo quadro del 1971, ora è a Concesio, e d è citato in vari modo: Paolo VI pellegrino;Paolo VI sulla riva del lago di Tiberiade, o La barca.

 

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