Torino, 21 June, 2015 / 9:16 AM
Un discorso che ribadisce i punti centrali della filosofia del lavoro di Papa Francesco quello con cui il Pontefice ha salutato Torino. In una piazza insolita per la Torino sociale il Papa ha ricordato la necessaria dignità del lavoro “necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e per l’inclusione sociale.”
Riprende il tema della inequità e della migrazione: il “lavoro manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante persone si sono impoverite e hanno problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari. L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’inequità, di questa economia che scarta e delle guerre.”
Ma dice il Papa dopo aver elencato il no alla ideologia dello scarto, alla corruzione, alla idolatria del denaro, dice che “in questa situazione, che è globale e complessa, non si può solo aspettare la “ripresa”. Il lavoro è fondamentale – lo dichiara fin dall’inizio la Costituzione Italiana – ed è necessario che l’intera società, in tutte le sue componenti, collabori perché esso ci sia per tutti e sia un lavoro degno dell’uomo e della donna.”
Quello del Papa è un invito ad avere “coraggio” che significa essere “artigiani del futuro” e per farlo occorre ricordare il patto tra generazione , perchè la crisi non si supera senza giovani e senza anziani.
Inequità, famiglia, coraggio e artigiani, parole che ritornano nell’insegnamento di Papa Francesco e che a Torino, città del lavoro dove il lavoro manca, diventano più forti. Come quelle sui migranti. Un Tempo erano quelli del sud Italia ora vengono da più lontano: “L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’inequità, di questa economia che scarta e delle guerre.”
Il Papa parla delle donne e dei loro diritti e chiama Torino “ad essere ancora una volta protagonista di una nuova stagione di sviluppo economico e sociale, con la sua tradizione manifatturiera e artigianale e nello stesso tempo con la ricerca e l’innovazione.” Formazione ed educazione come nell’esempio dell’“Agorà” per “mettere a disposizione dati e risorse, nella prospettiva del “fare insieme”.
A salutare il Papa erano stati un imprenditore tessile, che ha ricordato di aver scelto di mantenere le proprie manifatture in Italia senza cedere alla tentazione della delocalizzazione, e ha ricordato che proprio la manifattura e non la finanza crea il vero lavoro, una operaia con il marito disoccupato che si occupa dei figli, e un florovivaista che ha ringraziato il Papa per la sua ultima enciclica.
Salutata la piazza il Papa si è spostato verso il Duomo per venerare la Sindone.
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