Roma, 27 April, 2018 / 9:00 AM
Fu proclamato “Santo subito” dalle persone durante il suo funerale e la sua canonizzazione è arrivata dopo solo nove anni. Ma il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, sottolinea che la procedura non fu affrettata. Anzi. “Non fu solo un santo subito, ma un santo certo”.
Il Cardinale Amato parla alla conferenza organizzata il 26 aprile dall’Ambasciata Polacca presso la Santa Sede presso il Pontificio Istituto San Tommaso d’Aquino, l'Angelicum che fu l’alma mater di Karol Wotyla, per esplorare l’eredità di Giovanni Paolo II, a 40 anni dall’elezione del 16 ottobre 1978.
Molti i panels della conferenza - intitolata "San Giovanni II e la sua eredità, nel quarantesimo anniversario dell'elezione al trono di Pietro - e molti i punti di vista per cercare di fornire “in pillole” quella che è una eredità enorme, come solo 27 anni di Pontificato possono lasciare. Tra l’altro, di un Pontificato che ha vissuto alcune delle turbolente transizioni della storia, non ultima il crollo del regime sovietico, cui contribuì anche lo stesso Giovanni Paolo II.
Ma guai a chi lo diceva, anche pubblicamente. Racconta lo storico Masimiliano Signifredi: “Giovanni Paolo II non ha voluto che nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa, che faceva seguito al Sinodo speciale sull’Europa, ci fosse una menzione sul suo ruolo nel far crollare il regime comunista. ‘Non io, ma la Chiesa’, continuava a ripetere”.
È quella che il Cardinale Amato ha caratterizzato come la “straordinaria umiltà” di San Giovanni Paolo II, una virtù che non è considerata tra le più importanti, ma che di certo è fondamentale. E lui – racconta il Cardinale, forte dei quattro tomi di positio che ha studiato – “colpiva proprio in questa umiltà. Al termine di ogni documento, ad esempio, lasciava sempre la sigla S.M.I., salvo meliore iudicio, se non c’è una opinione migliore. Anche in questo mettersi in discussione mostrava la sua umiltà”.
Una umiltà che si accompagnava alla devozione della Madonna e in particolare alla Madonna di Fatima, di cui San Giovanni Paolo II decise di diffondere il terzo segreto. “Che è completo, non ci sono altre parti da rivelare”, mette le mani avanti il Cardinale Amato. Il quale poi spiega: “Nel terzo segreto, c’è una parte in cui si parla di una mano materna, e questa mano materna sta a significare che non c’è un destino immutabile, niente è predestinato, tutto può essere cambiato con la preghiera”.
La santità di Giovanni Paolo II include molti e diversi aspetti. Padre Michal Paluch, rettore dell’Angelicum, ha ricordato le due visite che Giovanni Paolo II ha fatto presso l’Università, senza contare le innumerevoli visite personali quando era ancora sacerdote e poi cardinale arcivescovo di Cracovia.
Dei due discorsi – ha detto padre Paluch – il primo “è un programma per l’istruzione che fu poi sviluppato in dettaglio negli anni successivi del suo pontificato”. Nel secondo discorso, Giovanni Paolo II mostrò una profonda comprensione della tradizione domenicana, chiedendo loro di partecipare alla nuova evangelizzazione, parlando di fedeltà al carisma e di inculturazione.
Tra gli ospiti, anche l’arcivescovo Jan Pawlowski, prefetto della Terza Sezione della Segreteria di Stato vaticana, che ha letto un messaggio del Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.
“L’uomo – ha scritto il Cardinale Parolin – è “via per eccellenza della Chiesa, e Giovanni Paolo lui è andato incontro ad ogni uomo e a tutto l’uomo, inaugurando con i suoi viaggi internazionali uno stile tutto nuovo, che alla parola ha unito il gesto simbolico e commovente della presenza in ogni parte della parola”.
Il Cardinale Parolin ha guardato ovviamente agli aspetti più diplomatici, all’impegno di Giovanni Paolo II nel proclamare “la libertà di pensiero e di religione, che ha gettato al di là della Cortina di Ferro il seme della emancipazione e della libertà”, e poi “l’impegno della Chiesa contro le sperequazioni e le ingiustizie”, nonché i suoi “memorabili interventi sull’Europa” e gli “incancellabili accorati appelli e iniziative della pace e la condanna esplicita della guerra”.
Insomma, per il Segretario di Stato vaticano, Giovanni Paolo II “ha vissuto il Vangelo della vita e ci ha insegnato amore per la vita umana”.
Al convegno, ha preso la parola anche l’arcivescovo Piero Marini, che fu cerimoniere di Giovanni Paolo II e che oggi è presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali.
L’arcivescovo Marini ha parlato a lungo del rapporto personale che lo legava al Cardinale Wojtyla sin da quando lo incontrò per la prima volta nel 1973, del lavoro fatto per attuare la liturgia del Concilio. Ma ha aggiunto anche una storia.
“Ho trovato – ha scritto – nel diario di monsignor Virgilio Noè, che al tempo era cerimoniere pontificio, una nota sull’elezione di Giovanni Paolo II. Nel tragitto verso la loggia centrale della Basilica, il nuovo Papa domandò se, una volta presentatosi ai fedeli, avrebbe potuto recitare insieme al popolo almeno 10 Ave Maria e se poteva rivolgere un discorso ai fedeli raccolti in piazza San Pietro”.
Monsignor Noè “risposte che nessuna delle due proposte era opportuna, perché non rientravano nella consuetudine dei riti papali”. Ma poi si sa come andò a finire: Giovanni Paolo II ruppe il protocollo, non disse le 10 Ave Maria ma fece il suo primo discorso da Pontefice.
L’arcivescovo Mieczyslaw Mokrzycki, di Lviv, fu secondo segretario Giovanni Paolo II, ha ricordato lo sforzo di San Giovanni Paolo II per l’unità. “Sono convinto – ha detto – che le parole pronunziate dal Papa sin dall’inizio del Pontificato erano finalizzate a realizzare il programma, che era anche una eredità del pensiero politico dell’Ottocento. Un pensiero di unità, che viene dalla Repubblica delle due nazioni prima delle spartizioni”.
Eduard Habsburg, ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, ha notato piuttosto che Giovanni Paolo II non era solo un Papa globale, ma anche un Papa profondamente patriota, e lo ha fatto ripercorrendo molti degli interventi di Giovanni Paolo II dedicati proprio alla sua patria. "San Giovanni Paolo II - ha detto - non è stato solo globale, ma anche un politico e pensatore, motiva però anche in questo dal suo essere pastore, che riteneva molto importante il concetto di nazione, l'appartenenza alla nazione e, addirittura, i diritti delle nazioni".
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