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San Gregorio di Narek, un ponte tra due mondi

Miqayel Minasyan, ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede

San Gregorio di Narek è un “ponte tra due mondi”, un simbolo dell’ecumenismo del sangue sperimentato dal popolo armeno, e la testimonianza che “nonostante tutto, gli armeni ci sono”. Mikayel Minassyan, ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede, spiega così il senso della statua di San Gregorio di Narek inaugurata il 5 aprile nei Giardini Vaticani.

Una statua di San Gregorio di Narek nei giardini vaticani. Quanto è importante questo evento per l’Armenia?

È molto importante per l’Armenia, è molto importante per il popolo armeno, ed è molto importante per tutti i cristiani. È importante per l’Armenia perché San Gregorio di Narek è l’autore della Costituzione spirituale dell’Armenia e del popolo armeno. È importante per tutto il popolo armeno perché San Gregorio di Narek, tre anni fa, è stato nominato dottore della Chiesa da Papa Francesco, ed è l’unico vero dottore della Chiesa dal punto di vista ecumenico, perché non è cattolico e non è mai stato mai membro di una Chiesa in linea con la Chiesa romana. Perciò, è simbolo di un ecumenismo totale.

Papa Francesco ha definito gli armeni “fratelli fondati sull’ecumenismo del sangue”. Quanto è reale questa immagine?

Il nostro sangue è stato versato per la fede cristiana, e ancora San Gregorio di Narek è il simbolo di tutto ciò, la sua vita racconta che nonostante tutto gli armeni, il pensiero e la cultura armena ci sono. Ed è il simbolo della distruzione e del genocidio, perché il monastero Narek, dove Gregorio lavorava e viveva, non c’è più, neanche la tomba del santo c’è più: è stata infatti distrutta durante il genocidio degli armeni.

Da dove è nata l’idea di portare la statua di San Gregorio di Narek nei giardini vaticani?

San Gregorio di Narek non è solo un teologo e un mistico illustre. È soprattutto presente nella vita quotidiana degli armeni. Non è solo un modo di dire: il Libro delle Lamentazioni, il suo capolavoro, ancora oggi si usa come un libro per curare i malati. Se lei entra negli ospedali armeni, vedrà vicino ai letti di quasi tutti i malati questo libro. La metà degli armeni non capiscono l’armeno classico nel quale è scritto il libro di San Gregorio di Narek, però lo usano come una medicina, una medicina spirituale, ma anche una medicina fisica.

È per questo che il presidente ha pensato di regalare al Papa una statua di San Gregorio di Narek?

Il presidente Sargsyan ha pensato molto a come ringraziare Papa Francesco donando qualcosa di molto simbolico, e ha chiesto ad un illustre scultore armeno, David Yerevantsi, di creare una piccola statua di San Gregorio di Narek. La statua è riuscita molto bene, ed è molto piaciuta al presidente. Questi, quando ha dato il dono al Santo Padre, ha detto: “Santità, questa è una piccola raffigurazione di San Gregorio di Narek, questo è un dono da parte di tutti noi, tutti gli armeni a lei, e speriamo un giorno di vedere la grande statua a Roma in Vaticano”. Papa Francesco ha guardato la statua e ha detto: “Mi piace molto. Sia la statua che l’idea”. E abbiamo cominciato a lavorare sulla realizzazione del desiderio di Papa Francesco e del presidente.

Armenia e Santa Sede hanno relazioni diplomatiche ormai da 25 anni. Questo rapporto quanto si è stretto negli?

È un rapporto molto importante per tutti noi. È un rapporto che dura da 25 anni, e allo stesso tempo da più di 1700 anni. È un rapporto tra due entità come Santa Sede e la Repubblica di Armenia, ma tra due anche mondi, il mondo armeno e il mondo cattolico. Infatti, alla cerimonia di inaugurazione della statua c’erano il presidente Sargsyan come presidente dello Stato armeno, ma anche il Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II, il Catholicos di grande casa di Cilicia, Aram I, e il patriarca armeno cattolico Giovanni Pietro XX. È stato un ritrovo tra gli armeni e la Santa Sede.

Sul piano concreto, quali sviluppi può avere questo rapporto bilaterale?

È un rapporto che non riguarda solo gli armeni, ma tutti i cristiani del Medio Oriente. Noi non dobbiamo dimenticare che rappresentiamo una nazione che abita ovunque, ma soprattutto abita in una regione così importante per tutti i cristiani come il Medio Oriente. Gli armeni sono i testimoni viventi della decristianizzazione del Medio Oriente, e qua gli sforzi della Santa Sede e della Repubblica di Armenia adesso corrispondono, sono in parallelo: noi lavoriamo contro questa tendenza.

Quanto peso ha il cristianesimo in Armenia? È la prima nazione cristiana ed è rimasta cristiana nonostante l’impero sovietico, nonostante tutto, nonostante il genocidio. Perché?

Il cristianesimo fa parte della nostra identità, della nostra cultura, della nostra mentalità. Gli armeni non si chiedono perché sono cristiani. Gli armeni sono cristiani. Noi portiamo questa bandiera di essere i primi cristiani con una grande responsabilità. Siamo stati massacrati, siamo stati vittima di genocidi, però non possiamo non essere cristiani. Noi sentiamo la responsabilità di essere i primi cristiani, ma soprattutto sappiamo come essere cristiani in una regione ormai non cristiana. Noi sappiamo come convivere, non sopravvivere, ma convivere con i non cristiani. Guardate le nostre comunità in Iran, dove gli armeni sono rispettati, dove hanno il loro posto, sono cristiani, sono armeni, ma sono fieri cittadini iraniani. Guardate le nostre comunità in Libano, guardate le nostre comunità prima della guerra in Siria. Noi siamo l’esempio di come convivere con non cristiani.

Una ultima parola su San Gregorio di Narek. Come lo potremmo descrivere?

San Gregorio di Narek è un ponte. È un ponte tra la Chiesa Armena e la Chiesa cattolica. Un ponte tra due realtà, tra due mondi: quello armeno e quello occidentale. È un ponte tra Est ed Ovest. È un ponte tra terra e cielo. E noi siamo grati a Papa Francesco per aver riconosciuto l’importanza storica e il ruolo della teologia armena proclamando San Gregorio di Narek dottore della Chiesa.

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