Ginevra, 16 June, 2015 / 3:25 PM
Migrazioni, la Santa Sede propone una strategia a largo raggio. Alla 29esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani tutto dedicato ai problemi dell’emigrazione, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, nunzio della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, ha chiesto al “sistema multilaterale” – ovvero alle organizzazioni internazionali – di migliorare il coordinamento per affrontare il fenomeno e proposto una strategia in tre tappe che porti ad un pragmatico riconoscimento delle migrazioni.
“Le lancette dell’orologio continuano a scorrere e più tempo aspettiamo, più i costi aumenteranno. Tutte queste persone, in movimento per ragioni differenti, hanno diritti che le comunità nazionali e internazionali devono proteggere e rispettare in pratica,” ha affermato il nunzio nel suo intervento del 15 giugno 2015.
Le parole del nunzio ribadiscono la posizione della Santa Sede sui migranti mentre al confine franco-italiano di Ventimiglia Francia e Italia dibattono sul destino dei migranti e sull’applicazione degli accordi di Schengen. La visione della Santa Sede è ovviamente più ampia, non riguarda solo il ristretto campo delle migrazioni in Europa. Vero che Papa Francesco ha testimoniato una particolare attenzione per le migrazioni del Mediterraneo, scegliendo l’isola di Lampedusa, tradizionale approdo dei migranti, come tappa del suo primo viaggio. Ma è anche vero che non è sfuggita al Santo Padre la situazione nelle acque tra la Malesia e la Thailandia, dove si sono ammassati in 25 mila tra migranti Rohingyas e Bengalesi: il Papa li ha ricordati in un recente Angelus.
“Mentre c’è stata evidentemente molta generosità nel ricevere migranti e cercatori di asilo, manca ancora una strategia ad ampio raggio sull’immigrazione,” afferma l’arcivescovo Tomasi. E mette in luce cifre. Parla dei 25 mila in barche tra la Thailandia e la Malesia, sottolinea che sono stati 1800 i migranti che hanno perso le loro vite mentre hanno provato ad attraversare il Mediterraeno, fa notare che il numero scioccante di 68 mila bambini non accompagnati sono stati trattenuti negli Stati Uniti tra l’ottobre 2013 e il settembre 2014.
Le ragioni di queste migrazioni – sottolinea l’arcivescovo Tomasi – “sono ben note alla comunità internazionale.” Si tratta del “giro di affari organizzato del traffico di esseri umani che sfrutta le persone in condizioni disperate;” e poi, la mancanza di lavoro, la povertà, le situazioni politiche instabili, le crisi di salute, la persecuzione, la carestia, le guerre, le discriminazioni.
“Il sistema multilaterale deve lavorare meglio insieme, perché migrazioni e cambiamento climatico sono le più grosse sfide del 21esimo secolo,” dice il nunzio.
Che poi propone tre “steps”. Il primo, che “le operazioni di ricerca e recupero” degli immigrati “continuino e siano ulteriormente rafforzate, perché il bisogno di proteggere la vita di tutti, senza considerare il loro status, deve rimanere una priorità.” Secondo, si deve fare una migliore distribuzione dei migranti, non solo in Europa, ma anche nel resto del mondo, con “attenzione dovuta alla sicurezza e ai bisogni sociali,” ma senza “cedere a pressioni populiste irrazionali.” E infine, le autorità competenti sono chimate a offrire “canali di emigrazioni più sicuri e legali,” nonché “l’accettazione pratica” delle migrazioni, in modo da “riconciliare i diritti dei migranti con gli interessi legittime delle società che li ricevono.”
Perché i migranti – aggiunte l’osservatore della Santa Sede – non devono essere percepiti come un peso, ci sono prove del loro contributo all’economia nazionale delle nazioni che li ospitano, come testimoniano i numeri delle nuove imprese avviate da immigrati in Italia nell’ultimo anno (circa 193).
“Il problema è che le migraizoni non sono una variabile isolata. (…) Nessuna persona con la possibilità di vivere con dignità nella propria nazione si sentirebbe obbligata ad andarsene,” afferma Tomasi. E per questo “la solidarietà internazionale dovrebbe impegnarsi a creare un ambiente sicuro ‘a casa’, facendo delle migrazione una scelta e non una necessità compulsiva.”
Ma è un lavoro che non riguarda solo le migrazioni, ma anche “la creazione di lavori decenti e di qualità,” e la promozione di un sistema economico più giusto ed equo. Tomasi si appella anche al linguaggio, perché i nuovi venuti siano chiamati con un linguaggio “comune, amichevole e appropriato,” in modo da evitare “demagogia e la crescita del razzismo.”
“Il rispetto per la dignità della persona umana rimane la pietra miliare,” afferma il nunzio. He chiede anche alle società che ricevono migranti di “mettere in pratica meccanismi appropriati per l’accettazione sociale dei migranti,” per esempio scrivendo una carta dei diritti e delle responsabilità dei migranti.
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