Aiuto alla Chiesa che Soffre sarà insignita del Path to Peace Award. L’annuale riconoscimento conferito dalla Missione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York e dalla Path to Peace Foundation è assegnato nel 2019 alla Fondazione pontifica "in riconoscimento del sostegno umanitario e pastorale offerto da ACS ai cristiani perseguitati in tutto il mondo".
Se il lavoro della Santa Sede nel concerto internazionale è universalmente riconosciuto, c’è stata anche una opposizione alla sua presenza come Stato sovrano nelle organizzazioni internazionali, sfociato a metà anni Novanta nella campagna “See change”. Ma oggi è ancora così? L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, sostiene che no, non è più così, anche se una certa resistenza ideologica resta.
Non solo l’impegno nei negoziati. La Santa Sede partecipa ai lavori delle Nazioni Unite con un compito particolare di evangelizzazione, che in realtà permea tutta l’attività della diplomazia pontificia. Per la Santa Sede, la diplomazia è uno dei mezzi con cui diffondere e proteggere la fede. Ne parla l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New York.
Nell’ambito di un dibattito al Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite sulla “Protezione delle Infrastrutture critiche contro gli attacchi terroristici”, la Santa Sede ha chiesto ha gran voce l’intervento della comunità internazionale per proteggere le infrastrutture civili dagli attacchi terroristici.
Cinque interventi alle Nazioni Unite, su temi che vanno dallo stato di diritto al traffico di droga, con un no netto alla legalizzazione delle droghe leggere, passando per l’immigrazione. In una settimana dedicata alla discussione di alcuni dei punti dell’Agenda di Sviluppo Sostenibile 2030, l’Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, l’arcivescovo Bernardito Auza ha messo ancora una volta in luce l’impegno della Santa Sede per uno sviluppo umano integrale.
Non c’è solo l’appello a un rinnovato ruolo delle religioni nella pace, diventato uno dei temi centrali della diplomazia della Santa Sede – un intervento simile era stato fatto a Ginevra, nemmeno sette giorni fa. L’Osservatore Permanente della Santa Sede a New York, l’arcivescovo Bernardito Auza, ha ribadito anche l’appello di Papa Francesco nel fermare la proliferazione delle armi e ha puntato il dito sulle armi sempre più sofisticate che vittimizzano le popolazioni.
Libertà religiosa: come difenderla? Il tema è stato rilanciato con forza dell’Osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite, in uno dei cosiddetti “side events” che rappresentano un po’ il cuore della missione di sensibilizzazione della Santa Sede nel concerto internazionale. Così, lo scorso 28 aprile, al Palazzo di Vetro sono stati messi insieme sopravvissuti, avvocati internazionali, esperti, per parlare di “Difendere la Libertà Religiosa e altri diritti umani: Fermare le atrocità di Massa contro i cristiani e altri credenti”.
È l’immagine del piccolo Aylan Kurdi, rimasto senza vita su una spiaggia in Turchia, che fa da filo conduttore all’intervento dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Una immagine che gli serve per sollecitare la comunità internazionale. Sono stati troppi gli Aylan, prima. Ma ora si deve fare presto, perché anche un solo Aylan in più sarebbe troppo.
Obiettivi per lo sviluppo ONU, l’alt della Santa Sede. Al momento dell’adozione degli obiettivi per lo sviluppo, l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha messo in chiaro che la Santa Sede non ha cambiato di una virgola il suo giudizio sui cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi, così come sul gender e la sessualità. Mettendo in luce che il testo viene giudicato positivo, almeno per quanto riguarda gli obiettivi di sviluppo. Ma con molte riserve.
Migrazioni, la Santa Sede propone una strategia a largo raggio. Alla 29esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani tutto dedicato ai problemi dell’emigrazione, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, nunzio della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, ha chiesto al “sistema multilaterale” – ovvero alle organizzazioni internazionali – di migliorare il coordinamento per affrontare il fenomeno e proposto una strategia in tre tappe che porti ad un pragmatico riconoscimento delle migrazioni.