Carpi, 25 February, 2018 / 10:00 AM
Il Vangelo di questa seconda domenica di Quaresima ci presenta l’episodio della Trasfigurazione di Gesù. Poco prima, a Cesarea, Gesù aveva annunciato ai suoi discepoli la sua passione e morte a Gerusalemme. Gli apostoli erano quindi rattristati e scandalizzati perché l’idea che essi avevano del Messia andava in tutt’altra direzione. Attendevano un Messia glorioso, potente, vincitore non sconfitto, disprezzato e ucciso dai suoi nemici.
La trasfigurazione ha lo scopo di presentarci la vera identità di Cristo. Egli ai suoi discepoli e alla gente che lo segue e lo ascolta appare come un uomo simile a tutti gli altri. Con la trasfigurazione anticipa la sua resurrezione e testimonia ai suoi discepoli che Egli, seppur incamminato verso la Croce, è in realtà il Figlio di Dio. Così la trasfigurazione diventa la rivelazione non solo di ciò che Gesù sarà, dopo la Croce, ma di ciò che Egli è, lungo il viaggio verso Gerusalemme.
La trasfigurazione avviene sopra ad un monte, il quale nella sacra Scrittura è il luogo della manifestazione di Dio e della preghiera, alla presenza di tre testimoni: Pietro, Giacomo e Giovani. Gesù cambia di aspetto e le sue vesti divengono di un biancore abbagliante.
San Leone Magno dice che “una tale trasformazione tendeva principalmente a rimuovere dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce”. E in effetti gli apostoli non dimenticheranno mai quanto avevano vissuto quel giorno. L’apostolo Pietro ne parlerà nella sua seconda lettera (cfr. 2 Pt 1, 17-18). Gesù agisce sempre così con i suoi. In mezzo alle più grandi sofferenze dà le consolazioni necessarie per non soccombere e perdere la fede. Infatti, il discepolo, come Cristo, pur vivendo la realtà della croce è in cammino verso la resurrezione, verso la gloria.
Ma a svelare in maniera ancora più chiara il mistero di Cristo è la voce che esce dalla nube: Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo! L’ascolto è ciò che definisce il discepolo. E se l’ascolto di Gesù è vero ed autentico conduce a un cammino di conversione, di obbedienza e di speranza. E’ un ascolto, dunque, che coinvolge la vita e strappa da se stessi per vivere in comunione con Gesù.
I discepoli di Gesù fronte a questo evento rimangono confusi ed impauriti, ma nello stesso tempo attratti. Infatti sperimentano un vertice di felicità così intensa, che porta Pietro ad esclamare: “E’ bello per noi stare qui…”. I tre apostoli vorrebbero che la bellezza di quell’esperienza di cielo, la familiarità con il divino che stavano sperimentando costituisse la condizione permanente della loro vita. Ma “non sapeva quello che diceva” perché ciò che conta è stare con Gesù in qualsiasi modo egli si mostri. Ciò che importa è solo questo: vederlo e vivere sempre con Lui. E’ l’unico fatto veramente buono e importante in questa vita e nell’altra.
Alzando gli occhi i discepoli si accorgono che Elia e Mosè non ci sono più. Vedono il Gesù di sempre, senza particolari manifestazioni gloriose. Averlo visto trasfigurato è stato un evento eccezionale. Ora sono chiamati a riconoscerlo e a seguirlo nella sua vita di uomo simile a tutti gli altri.
Anche nella nostra vita il Signore Gesù non si fa presente, normalmente, con particolari manifestazioni. Ci chiede di saperlo riconoscere nella vita ordinaria, nel lavoro, per strada, in coloro che ci stanno attorno, nella preghiera; quando perdona nel Sacramento della Riconciliazione, e soprattutto nell’Eucarestia, dove si trova realmente, veramente e sostanzialmente presente.
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