Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima ci pone di fronte a interrogativi che attraversano il cuore dell’uomo da sempre: perché il dolore colpisce senza distinzione? Perché la vita, a volte, sembra ingiusta e crudele? Al tempo di Gesù, molti credevano che la sofferenza fosse una punizione divina, una conseguenza diretta del peccato. Con questa convinzione, alcuni si avvicinano al Maestro per raccontargli due eventi drammatici: il massacro di alcuni Galilei per ordine di Pilato e il crollo della torre di Siloe, che aveva travolto diciotto persone. Forse si aspettano un giudizio su quelle tragedie, una spiegazione rassicurante. Ma Gesù, come sempre, capovolge la prospettiva e apre orizzonti inaspettati.
La seconda domenica di Quaresima è segnata da un evento straordinario: la Trasfigurazione di Gesù sul monte. In questo episodio, la vera identità di Cristo si svela ai discepoli: Egli è il Figlio di Dio.
La Quaresima è come un lungo corso di esercizi spirituali. Un tempo prezioso in cui siamo invitati a rientrare in noi stessi per ascoltare la voce del Signore. E’ l’occasione per riscoprire la Sua amicizia, quella amicizia che spesso tradiamo, lasciandoci sedurre dalle tentazioni che ci allontanano da Lui, proprio come accadde ad Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden. Il Maligno non smette mai di tenderci tranelli, facendoci credere che possiamo costruire la nostra vita e il mondo senza Dio. La buona notizia è che in questa lotta, non siamo soli. Possiamo contare sulla presenza di Gesù, il quale, ci mostra la via della vittoria. Anche Lui, infatti, ha affrontato le insidie del Diavolo nel deserto e ne è uscito vittorioso. Le Sue tentazioni sono le stesse che ogni giorno bussano alla porta del nostro cuore. Cristo le ha vinte, dimostrandoci che la vera forza non sta nell’autosufficienza, ma nell’affidarsi al Padre mediante la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la Penitenza.
"Il forno prova i vasi del vasaio, la prova dell'uomo si ha nel suo discorso. Il frutto dimostra come è coltivato l'albero, così la parola rivela il sentimento del cuore. Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini."
Il brano della seconda lettera della Santa Messa di questa Domenica, tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi ci porta dritti al cuore della nostra fede, la resurrezione di Cristo! San Paolo, con il suo stile incisivo, affronta una questione fondamentale: "Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede" (1Cor 15,17). Questo non è un dettaglio secondario, dunque, ma il fondamento di tutto! Senza la risurrezione, il Vangelo racconterebbe solo una storia più o meno interessante che comunque si è conclusa con un fallimento. Ma la verità è un’altra: Cristo è veramente risorto! La resurrezione di Cristo è la nostra gioia, la nostra speranza, la certezza che sostiene tutta la nostra vita.
Oggi la Chiesa celebra il mistero della Presentazione di Gesù al Tempio. Maria e Giuseppe, fedeli alla Legge di Mosè, portano il loro bambino a Gerusalemme non solo per adempiere ad un precetto, ma per consacrarlo al Signore. Con questo gesto riconoscono che ogni vita appartiene a Dio e a Lui deve ritornare.
Il Vangelo di Giovanni ci presenta oggi il primo segno compiuto da Gesù: il miracolo alle nozze di Cana (Gv 2,1-11). Un episodio apparentemente semplice, ma che in realtà ci aiuta a riflettere profondamente sulla missione di Cristo e sul ruolo unico di Maria Santissima nella nostra vita di fede.
Soffermiamo, oggi, la nostra attenzione sulla seconda lettura della santa Messa, tratta dalla lettera di san Paolo agli Efesini. In essa troviamo un’affermazione solenne: “Dio ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi…”. Dio ci ha benedetti, ci ha scelti, da sempre, esistenti in Dio. Nel progetto del Padre noi siamo legati al suo Figlio ed il nostro destino è di divenire suoi figli, vivendo santamente, perché Dio è santo. Questo dono si attua nel Cristo. Questa rivelazione ci dice che la nostra riuscita, il nostro destino sono irrimediabilmente congiunti con quello di Cristo. Spesso diciamo che bisogna essere se stessi, realizzare pienamente se stessi, essere autentici. Ora, alla luce di quanto insegna san Paolo, la nostra vera realizzazione è accogliere nella nostra vita il progetto di Dio e viverlo. Come siamo scelti gratuitamente, così ci viene donato i nostro vero essere, cioè l’ essere figli di Dio.
La terza domenica di Avvento è anche qualificata “domenica della gioia”, perchè vediamo ormai vicino il giorno del Santo Natale, nel quale Dio assume la carne umana dal grembo della Vergine Maria.
Con la solennità dell’Immacolata Concezione, la Chiesa celebra la grandezza della Vergine Maria e il ruolo da Lei avuto nell’opera della redenzione del mondo. Una parola del vangelo ci aiuta a cogliere il senso di questa festa. L’arcangelo Gabriele saluta la giovane donna di Nazareth, chiamata a divenire la Madre di Dio, con inusuali parole: “piena di grazia”. Questa espressione nel linguaggio biblico ha il significato di perdonata, riscattata, graziata dalla misericordia divina. Maria, dunque, è “piena di grazia” perchè Dio l’ha preservata dalla colpa originale per divenire il Tempio, il Tabernacolo incontaminato che accoglie il Verbo incarnato. Dio, in altre parole, si è riservato, nella palude del peccato dell’umanità, “un giardino fiorito” su cui posarsi e giungere a noi.
Con la prima domenica di Avvento iniziamo un anno nuovo liturgico, durante il quale celebriamo e contempliamo la figura di Cristo nella varietà dei suoi misteri. Il tempo di Avvento, della durata di quattro settimane, ha lo scopo di prepararci a celebrare la venuta del Figlio di Dio nell’umiltà della carne umana e a risvegliare l’attesa della sua ultima venuta, alla fine dei tempi.
Oggi è l’ultima domenica dell’anno liturgico e la Chiesa celebra la solennità di Cristo re dell’universo.
La liturgia della santa Messa, quando ormai mancano pochi giorni alla fine dell’anno liturgico, ci ricorda che oltre alla prima venuta del Figlio di Dio nell’umiltà della carne umana, ce ne sarà un’altra nella gloria alla fine dei tempi. Questa seconda venuta è chiamata dalla Scrittura: “Il Giorno del Signore”.
Domenica scorsa abbiamo lasciato Gesù a Gerico. Ora si trova a Gerusalemme e un maestro della legge si avvicina per sottoporgli una questione: “Qual è il primo di tutti i comandamenti’”. La domanda si comprende se si tiene in considerazione che gli studiosi del tempo avevano individuato nell’Antico Testamento ben 613 precetti, di cui 365 erano divieti e 248 precetti positivi, giungendo a distinguere tra precetti grandi e piccoli, difficili e facili. Era, dunque, necessario conoscere quali tra di questi comandamenti dovesse avere la priorità.
Il Vangelo di oggi ci porta nell’oasi di Gerico, collocata a 250 metri sotto il livello del mare. Mentre il Signore passa un cieco, di nome Bartimeo, con un grido più volte ripetuto chiede di essere guarito dalla sua cecità.
Il brano di Vangelo di questa domenica ci aiuta a scoprire l’identità di Cristo e del discepolo. I due fratelli e apostoli Giacomo e Giovanni rivolgono a Gesù una richiesta: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,35-37).
Nel brano di vangelo di oggi a Gesù viene posta la questione della legittimità del divorzio. Gesù prima di rispondere fa una precisazione: il divorzio è una concessione che contraddice il disegno originario di Dio sul matrimonio. Con il divorzio, dunque, la Parola di Dio non è più accolta e messa in pratica ed emerge la pretesa da parte dell’uomo di costruirsi un progetto di vita indipendente da Dio.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta la risposta di Gesù a Giovanni che si lamenta perchè una persona estranea al gruppo dei dodici caccia un demonio nel Suo nome.
Nel Vangelo di questa domenica, Gesù pone ai suoi amici più intimi questa domanda: Chi dice la gente che io sia? Ed essi con semplicità riferiscono le diverse opinioni che circolano su di Lui. Gesù è considerato come un profeta, in cui appaiono caratteristiche ora di questo o di quell’altro profeta dell’Antico Testamento, fino a giungere ad Elia e alla persona di Giovanni il Battista, ucciso da Erode.
La liturgia della Messa di questa domenica è un invito alla speranza, a confidare pienamente nel Signore.