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Un servizio di EWTN News

Diplomazia pontificia, i fronti della settimana: Lituania, Vietnam, Myanmar

Il "ministro degli Esteri" vaticano Paul Richard Gallagher con il presidente lituano Dalia Grybauskaitė, nell'incontro che hanno avuto lo scorso 12 gennaio a Vilnius, capitale della Lituania

Non si ferma la diplomazia pontificia. Mentre Papa Francesco è in Cile e Perù, con al seguito il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto, la seconda sezione della Segreteria di Stato continua il suo lavoro. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri vaticano”, è stato in Lituania; e monsignor Antoine Camilleri, “vice ministro degli Esteri”, è stato invece in Vietnam per continuare un dialogo che – si spera in breve – dovrebbe portare allo stabilimento delle piene relazioni diplomatiche. Non è da sottovalutare nemmeno l’incontro che i vescovi dello Stato del Kachin, in Myanmar, hanno avuto con il generale Hlaing, con il quale hanno parlato dei problemi della regione.

L’arcivescovo Gallagher in Lituania

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato in Lituania dall’11 al 13 gennaio. Due i principali obiettivi del viaggio: la partecipazione al cosiddetto “Incontro delle Nevi”, un incontro multilaterale regionale che si tiene ogni anno nel Baltico; e le celebrazioni del 27esimo anniversario dell’indipendenza della nazione.

Ma il viaggio si colora anche di aspetti diversi, perché la Lituania sta aspettando la visita del Papa, che dovrebbe avvenire il prossimo settembre, per un viaggio papale che dovrebbe toccare anche Estonia e Lettonia, ma che ancora non è stato confermato.

Il 12 gennaio, l’arcivescovo Gallagher si è incontrato con il presidente Dalia Gybauskaite, e la visita del Papa è stata nell’agenda del colloquio, insieme a questioni di politica internazionale, come la situazione in Medio Oriente e il conflitto in Ucraina, la necessità di rafforzare il Baltico in Europa e la crisi dei migranti.

Il presidente ha fatto sapere che la visita del Papa “sarà un regalo speciale” per il centenario della Repubblica Baltica, e sottolineato che la Santa Sede ha aiutato molto il Paese, non riconoscendo mai l’occupazione della Lituania e incoraggiando la Lituania e non avere paura quando questa ha riconquistato l’indipendenza.

L’incontro delle nevi ha avuto luogo l’11 e il 12 gennaio, nel distretto di Traka, e vi hanno partecipato i ministri degli Eseri di Lettonia, Estonia e Santa Sede, i ministri della Difesa di Svezia ed Estonia e oltre 100 tra diplomatici di alto livello, parlamentari, e esperti di politiche di sicurezza.

Il 13 gennaio, l’arcivescovo Gallagher ha celebrato una Messa nel giorno dell’indipendenza. “Nel gennaio 1991 – ha detto – avete testimoniato al mondo la profonda verità che la pace può essere ottenuta attraverso una resistenza non violenta, anche di fronte alla violenza”.

L’arcivescovo Gallagher ha ripercoroso gli eventi del 13 gennaio 1991, ricordando le immagini provenienti dagli Stati baltici che mostravano “persone disarmate di fronte i carri armati”. “La Chiesa è stata con voi in preghiera”, ha detto l’arcivescovo Gallagher. E ha ricordato la visita di San Giovanni Paolo II, 25 anni fa. “Pregando di fronte al cimitero Antakalnis – ha detto – di fronte alle tombe di quanti sono morti per la libertà dove anche io ho pregato stamattina, San Giovanni Paolo II ha detto: ‘La fede vi ha aiutato a resistere alle oscure e frequenti ondate di oppressione che hanno negato Dio e umiliato l’uomo’.”

Monsignor Camilleri in Vietnam

Quattro giorni in Vietnam, per proseguire sul cammino delle relazioni ad alto livello e sperando di accelerare il processo per lo stabilimento dei pieni rapporti diplomatici: il sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, monsignor Antoine Camilleri, è stato in Vietnam in questi giorni, per una serie di incontri ad alto livello.

Il Vietnam è uno dei pochi Paesi al mondo che non ha relazioni diplomatiche con la Santa Sede, ma da diversi anni è stato stabilito un tavolo bilaterale che ha portato alla prima nomina di un rappresentante vaticano nel Paese, sebbene non residenziale. La visita di monsignore Cammilleri si inserisce, dunque, in questo percorso.

Molti i temi sul tavolo: quello della libertà religiosa (l’ultima legge del Vietnam conteneva delle aperture, ma ancora timide), quello della nomina dei vescovi (c’è una sorta di tacito accordo per cui la Santa Sede nomini vescovi graditi anche al governo di Hanoi), quello della presenza dei cattolici nella società.

Dopo l'incontro con monsignor Camilleri, il primo ministro Nguyen Xuan Phuc ha sottolineato l’impegno del Vietnam nella politica di libertà religiosa, messo in luce gli sviluppi positivi del tavolo bilaterale della Santa Sede ed espresso il desiderio di promuovere le relazioni tra Vietnam e Santa Sede. 

Da parte sua, il “viceministro degli Esteri” vaticano ha portato i saluti del Papa al Vietnam, ha ribadito la volontà della Santa Sede di stabilire piene relazioni diplomatiche e messo in luce il contributo dei cattolici alla prosperità nazionale.

Molti gli incontri che monsignor Camilleri ha avuto durante il viaggio. Tra questi, quello con Buoi Thanh Son, viceministro degli Esteri, e Vu Chien Tang, viceministro degli Affari Religiosi.

Myanmar, un incontro sulle minoranze cristiane in Kachin

Quando Papa Francesco è stato in Myanmar, i riflettori del mondo erano puntati sul dramma dei Rohingya. In realtà, ci sono molte minoranze discriminate nel Paese, che non prendono i riflettori, ma che vivono gli stessi problemi, e tra queste le minoranze cristiane nello Stato in Kachin.

Per questo, l’incontro dello scorso 16 gennaio tra quattro vescovi del Kachin il capo militare del Myanmar Min Aung Hlaing riveste una particolare importanza. Quando Papa Francesco è stato in Myanmar, il Cardinale Bo si è speso perché ci fosse un incontro con il capo militare, che è avvenuto proprio all’inizio del viaggio, solidificando un ponte di dialogo tra Chiesa e militari che ha trovato un primo riscontro nell’incontro.

I vescovi presenti all'incontro erano: l’arcivescovo Paul Zingthung Grawnq emerito di Mandaly, e i vescovi Phili Lasap Za Hawng di Lashio, Francis Daw Tang di Myitkyina e Raymond Sumlut Gam di Banmaw.

L’incontro è durato una ora e 45 minuti, e si è discussa la situazione negli Stati Kachin e Shan, dove negli ultimi mesi è scoppiato di nuovo il conflitto tra gruppi etnici armati e l’esercito del Myanmar. I vescovi hanno parlato in particolare della situazione degli sfollati, e del desiderio di questi ultimi di tornare a casa, messo in luce il desiderio della Chiesa di “giungere ad una pace durature attraverso il dialogo e non con le armi”, e sottolineato che la Chiesa è “pronta a prendere parte alla costruzione della nazione”. La situazione in Kachin è difficile dal 1948, ma tutto è deteriorato a partire dal 2011. Sono più di 100 mila i Kachin – in prevalenza cristiani – sono stati sfollati in questi anni.

Dal Baltico ai Balcani: l’anniversario del riconoscimento della Croazia

Lo scorso 15 gennaio è ricorso il 26esimo anniversario del riconoscimento internazionale della Repubblica di Croazia. Per l’occasione, l’arcivescovo Nikola Eterovic, nunzio apostolico in Germania, ha tenuto una conferenza al Club Diplomatico Croato su “Chiesa e Stato: un sistema di cooperazione concordatario”.

La conferenza del nunzio – riportata dall’agenzia IKA – aiutano a comprendere l’atteggiamento della Santa Sede. L’arcivescovo Eterovic ha ricordato che la Santa Sede ha riconosciuto la Croazia, insieme alla Repubblica di Slovenia, il 13 gennaio, prima del resto della comunità internazionale. Una scelta che dimostra come la Chiesa Cattolica sia universale e vada oltre i rapporti della Comunità Europea e dell’Europa.

(La storia continua sotto)

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La decisione – ha aggiunto – è stata il risultato di una sistematica attività portata avanti dalla Santa Sede sotto Giovanni Paolo II, che “ha lavorato per espandere il consenso” sul riconoscimento di queste repubbliche “per fermare la guerra in quel tempo”, e allo stesso tempo dissipare le presunte apprensioni di natura etica di alcuni membri della comunità europea, che avevano ancora riserve sul riconoscimento dei due Stati balcanici.

“Come dipendente della Santa e Croato, devo ammettere che, viste in retrospettiva dopo 26 anni, le azioni della Santa Sede al tempo mi riempiono di orgoglio”, ha detto l’arcivescovo. E ha sottolineato che quello è stato l’esempio di un impegno della Santa Sede nella comunità internazionale che ha avuto successo, compiuto affinché si rispettassero i principi della legge internazionale e perché si fermasse la guerra del territorio croato”.

E in questo modo “si rafforzarono legami di amicizia con la Croazia, che erano già iniziati con il battesimo della Croazia” avvenuto ai tempi di Papa Giovanni VIII, il 7 giugno 879, un giorno in cui in Croazia si celebra la Giornata Nazionale della Diplomazia.

L’arcivescovo Eterovic ha sottolineato che le azioni della Chiesa si basano sul Vangelo, spiegato che la separazione di autorità secolare e religiosa è buona per la Chiesa e per lo Stato, ha messo in luce che i cittadini sono “cittadini reali” e messo in guardia dal fatto che “anche in società democratiche, ci può essere la tentazione, da parte delle autorità secolari, di muoversi dalla oro area di attività all’area spirituale”, e questo succede quando, ad esempio, viene imposto “un modello educativo”, come succede con l’ideologia del gender che “secondo Papa Francesco è una forma di guerra globale contro il matrimonio”.

L’arcivescovo Eterovic ha spiegato che “la mutua cooperazione è essenziale” e ha sottolineato che ci sono 214 concordati e accordi tra la Santa Sede e 74 nazioni, e di questi 154 accordi sono stipulati con 24 nazioni europee. Questi accordi regolano le giurisdizioni nazionali, perché si lavori armoniosamente per promuovere il bene generale dei fedeli e di tutti i cittadini.

Le relazioni con la Russia

Continuano a svilupparsi le relazioni tra Russia e Santa Sede, che vanno di pari passo con le rinnovate relazioni ecumeniche con il Patriarcato di Mosca. Lo scorso 14 gennaio, il Metropolita Hilarion, capo del Dipartimento di Relazioni Estere del Patriarcato di Mosca, ha ricevuto l’arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico presso la Federazione Russa. Si è trattato di un breve incontro – riferisce il portale del Patriarcato di Mosca – durante il quale si è parlato di temi di mutuo interesse, in particolare del supporto ai cristiani del Medio Oriente.

Il giorno dopo, 15 gennaio, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha sottolineato che le relazioni tra Russia e Santa Sede sono “ricche” e “continuano a svilupparsi. Il ministro degli Esteri russo ha parlato al termine della tradizionale conferenza stampa di inizio anno con la stampa estera a Mosca.

Lavrov ha notato che la comunanza di interessi si è vista, ad esempio, alla conferenza dello scorso dicembre sui diritti dei cristiani, voluta “sia da Mosca che dalla Santa Sede”. Il ministro degli Esteri ha ricordato anche che il presidente Vladimir Putin si è incontrato con Papa Francesco “non una sola volta”, e che il Cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano, è stato lo scorso anno in visita in Russia. Tra gli sviluppi nelle relazioni, l’accordo per il regime senza visti per i rispettivi diplomatici – ricordato anche dal Papa nel suo discorso di inizio anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede – e il dialogo sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente e per lo sviluppo dell’Africa.

Gerusalemme: quale soluzione?

La questione dello status quo di Gerusalemme continua ad essere oggetto di discussione. Dopo l’udienza concessa dal Papa al re di Giordania, dedicata in larga parte proprio allo status di Gerusalemme, dopo gli appelli dello stesso Papa e in vista di un incontro con il premier turco Tayip Erdogan che verterà sullo stesso tema, Papa Francesco ha fatto pervenire una lettera alla conferenza che l’università di al Azhar ha organizzato sulla questione, intitolato: “L’identità araba della Città santa e il suo messaggio”.

Una conferenza da seguire, perché vi partecipano anche leader cristiani, che già hanno fatto avere la loro posizione in una dichiarazione congiunta lo scorso mese. L’agenzia Fides, della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha riferito, in particolare, della presenza del patriarca copto ortodosso Tawadros II, il patriarca maronita Bechara Boutros Rai e il Catholicos armeno apostolico Aram I.

Il Patriarca Tawadros ha sottolineato che “la vera pace non diventerà realtà finché non si fermeranno la violenza, le minacce e tutte le promesse fatte senza tenere conto dei sentimenti di musulmani e cristiani nel mondo e nella nostra regione.

Il Patriarca Rai ha ricordato che la Santa Sede non è intervenuta in maniera diretta sulla questione della sovranità territoriale di Gerusalemme, ma ha riaffermato il diritto del popolo palestinese ad avere uno Stato e ricordato le risoluzioni Onu.

La conferenza era stata annunciata già lo scorso luglio, dopo le tensioni sulla Spianata delle Moschee che avevano suscitato anche un appello di Papa Francesco, la conferenza era prevista a settembre, era stata rinviata, e poi si è tenuta dopo la decisione dell’amministrazione USA di spostare la sede dell’ambasciata USA in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme.

Alla conferenza ha preso parte anche l’arcivescovo Bruno Musarò, nunzio apostolico in Egitto. La questione di Gerusalemme era stata menzionata con toni forti anche dal Grande Imam di al Azhar Ahmed Al Tayyed all’Incontro Internazionale per la pace dello scorso marzo, ben prima della crisi attuale, cui aveva partecipato anche Papa Francesco.

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